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Depositata al processo l'informativa che testimonia le pressioni ricevute

Alla scorsa udienza il collaboratore di giustizia Annunziato Romeo, cugino e “uomo di fiducia di Saverio Morabito”, nonché “factotum di Rosario Barbaro”, arrestato nel 1990 per traffico di droga in Lombardia, era stato chiamato a deporre nel processo d'appello 'Ndrangheta stragista.
Un'udienza resa complicata da una lunga sequela di "non so" e "non ricordo" rispetto a quanto disse in un verbale risalente al 1996, quando venne sentito dal magistrato della Dda di Reggio Calabria Roberto Pennisi.
Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, applicato al processo d'appello, fu diretto a fine udienza affermando che la testimonianza era stata reticente e falsa e che avrebbe potuto dimostrare come lo stesso pentito, nei mesi scorsi, fosse stato "invitato a tacere" a seguito di un'intervista rilasciata ad un programma tv.
Così oggi ha depositato alcuni documenti per permettere alle Corte di valutare se sia applicabile l'art. 500 comma 4 che prevede il recupero probatorio delle dichiarazioni rese precedentemente a possibili minacce subite.

L’intervista Tv
Lombardo ha dunque ripercorso i punti salienti dell’informativa. "Un collaboratore di giustizia, o meglio un soggetto dichiarante, viene intervistato nel corso di una produzione televisiva, 'Mappe Criminali - Episodio 6: la 'Ndrangheta invisibile' che è stato mandato in onda il 25 maggio 2021. Come accade in queste circostanze l'identità dell'intervistato non viene resa nota proprio per tutelarne la sicurezza - ha spiegato il magistrato - In quell'intervista, che è integralmente trascritta nella nota depositata, emergono temi sovrapponibili a quelli del verbale del 16 maggio 1996. C'è una particolarità ulteriore da precisare: sono temi originali e in alcun modo esplorati in ambito processuale. Chi dichiara l'esistenza di un livello riservato relativo a determinate famiglie e l'esistenza di un organismo sovraordinato alla cosiddetta 'Ndrangheta visibile che serve, appunto, a coordinare le operazioni di alto livello della 'Ndrangheta stessa, definendolo la Camera, è soggetto facilmente individuabile nel momento in cui non sono dichiarazioni rese pubblicamente da altri appartenenti alla struttura criminale o ricavabili da pronunce passate in giudicato o da fonti ormai rese pubbliche. Sono i temi del processo Gotha, Romeo Annunziato non è stato valorizzato nel processo Gotha perché il verbale del 1996 è stato scoperto dopo la conclusione del primo grado".
In quelle dichiarazioni, l'organismo della "Camera" veniva indicato come "collocato al di sopra del vertice operativo della struttura criminale, cui appartengono esponenti della 'Ndrangheta del mondo politico, istituzionale e massonico nel quale si decidono le strategie economiche e politiche".

Nella nota depositata la scorsa udienza, gli investigatori hanno rappresentato di essere riusciti a risalire all'identità dell'intervistato "per tutta una serie di caratteristiche fisiche, rappresentate anche con documentazione fotografica, che fanno giungere alla certezza di dire che il soggetto intervistato è proprio quell'Annunziato Romeo che rende le dichiarazioni, assolutamente sovrapponibili nei contenuti, il 16 maggio 1996. E in tempi assolutamente non sospetti su tematiche sviluppate trent'anni dopo in sede processuale".
In particolare Romeo sarebbe stato riconosciuto grazie al "tratto finale dell’orecchio sinistro".


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Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo © Imagoeconomica


Ma è altrettanto evidente che Annunziato Romeo sia il dichiarante dell'intervista in quanto "in quel documentario è l'unico che proviene dalle articolazioni territoriali della 'Ndrangheta nel territorio di Platì ed è l'unico che evidenza l'esistenza di un livello superiore, di rilievo processuale in questa sede per comprendere perché i Papalia avevano un determinato ruolo, perché i Papalia per primi utilizzano la sigla Falange Armata e perché i Papalia, da vertice della 'Ndrangheta, hanno la possibilità di estendere l'utilizzo di quella sigla a quello che è il soggetto di parigrado se lo riferiamo al contesto criminale siciliano e quindi Salvatore Riina".

Le minacce subite
L'elemento delle minacce nei confronti del collaboratore di giustizia, ha spiegato Lombardo, si ricava da "una mail che entra in possesso della Dda di Reggio Calabria il 27 settembre 2021".
"Nella mail non si fa riferimento esplicito ad Annunziato Romeo, ma questi è l'unico che rende quelle dichiarazioni, inoltre vi sono una serie di riferimenti all'intervento della 'Ndrangheta di Platì, in quanto sollecitata a tal fine dalle grandi famiglie di Gioia Tauro, che non gradiscono il fatto che siano stati rivelati determinati segreti interni all'organizzazione, che consentono ovviamente un salto di qualità anche al contrasto alla 'Ndrangheta". Non solo. Vi è il riferimento al "coinvolgimento di una serie di figure professionali che avrebbero avuto un ruolo nell'agganciare il Romeo, convocato per ben due volte in Calabria a questo fine (in aula la scorsa udienza Romeo aveva categoricamente detto di non essere mai stato in Calabria nell'ultimo periodo, ndr)". "Un circuito professionale - ha proseguito Lombardo - formato da una serie di professionisti di cui non viene svelata l'identità. Uno dei professionisti viene indicato come l'avvocato Romeo di Reggio Calabria. Non possiamo non considerare, per quello che è lo standard probatorio dell'arti 500 comma 4 (per cui si è chiesta l'acquisizione della nota e del verbale ndr), che l'avvocato di Palmi avrebbe riferito di aver interloquito sul punto con Paolo Romeo di Reggio Calabria". Un nome, quello di Paolo Romeo, che fa sobbalzare nel momento in cui si tratta di uno degli imputati principali al processo Gotha, ovvero il processo in cui si svela l'esistenza di una componente riservata di 'Ndrangheta che funge da "direzione strategica della complessiva organizzazione criminale".

Le difese dei due imputati, il boss palermitano Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, condannati entrambi all’ergastolo in primo grado per il duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo avvenuto nel 1994, hanno espresso "l’impossibilità di poter replicare alla richiesta della procura generale" a causa della "mancanza di dati" allegati all’informativa. Messaggi whatsapp ed altre mail importanti, secondo gli avvocati, per ricostruire le fasi successive all’intervista e che avrebbero portato alla segnalazione da parte di una delle giornaliste coinvolte nel lavoro svolto dalla trasmissione andata in onda lo scorso anno, alla Procura di Reggio Calabria.
La difesa ha, inoltre, lamentato la mancanza del file audio dell’interrogatorio di Romeo del ’96. "In questo momento - ha affermato l’avvocato di Graviano, Giuseppe Aloisio - chiediamo che la richiesta non venga accolta".

Il processo è stato rinviato al prossimo 12 luglio quando la Corte d’Assise d’Appello presieduta da Bruno Muscolo, scioglierà la riserva.

Foto d'archivio © ACFB

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