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La difesa Graviano presenta eccezione di nullità per il mancato ascolto di alcuni audio
Il pm Lombardo nelle controrepliche: "Ricostruita una concatenazione di eventi di un unico disegno criminoso"
di Aaron Pettinari

"La Corte si ritira per decidere". Sono quasi le 21.30 quando la Corte d'assise di Reggio Calabria, presieduta da Ornella Pastore, entra in camera di consiglio per valutare le prove ed emettere la sentenza nel processo 'Ndrangheta stragista. Sugli imputati, il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro, pende la richiesta di condanna all'ergastolo presentata dal pm Giuseppe Lombardo.
Alla scorsa udienza era stata la difesa Filippone a tentare di confutare le argomentazioni della pubblica accusa, ieri è stato il turno dei legali difensori di Giuseppe Graviano. Accanto a Giuseppe Aloisio, difensore d'ufficio del capomafia di Brancaccio, per la prima volta in aula si è seduto l'avvocato Federico Vianelli (difensore di Graviano nel processo sulla morte del padre), nominato sostituto processuale per questa "speciale" occasione.
E se il primo si è concentrato in particolare sul tentativo di screditare il dichiarato di Gaspare Spatuzza ("È bugiardo perché rispetto allo stesso tema trattato, ha fornito sempre versioni diverse"), mostrando quelle sentenze, come quella Dell'Utri o Tutino, in cui la credibilità dell'ex killer di Brancaccio viene messa in dubbio, ma solo in parte. Senza tenere conto di altre sentenze, anche successive, che invece rappresentano come sul collaboratore non vi possano essere dubbi di sorta.
Ma per il legale non solo Spatuzza, ma anche gli altri pentiti (da Tranchina a Lo Giudice, passando per Pennino) non hanno valore: "Tutte le dichiarazioni dei collaboratori sono state polverizzate dalla mancanza di riscontri oggettivi. Collaboratori che provano ad accreditarsi e che sentiti in un processo dicono una cosa e sentiti a Reggio Calabria ne dicono un’altra”.
Altro argomento ha riguardato la questione del telefono che fu sequestrato al boss nel giorno dell'arresto. La Procura di Reggio Calabria, grazie ad una serie di accertamenti, aveva dimostrato come quel telefonino si fosse agganciato alle celle calabresi proprio nel periodo in cui vi sarebbero state importanti riunioni per decidere sulla strategia stragista. Un dato che è stato sempre negato dal capomafia siciliano.

Il Paese nelle mani? La Bolivia
Così come aveva fatto durante la fase istruttoria Aloisio è tornato sul tema delle intercettazioni in carcere tra Giuseppe Graviano ed Umberto Adinolfi, sostenendo che siano sbagliate le trascrizioni e che quando si parla del "Paese nelle mani" il riferimento fatto fosse alla Bolivia. "Il problema è molto serio. Vi invito ad ascoltare le conversazioni. Nelle intercettazioni a un certo punto si parla di Bolivia. Il Graviano parla con l’Adinolfi il quale aveva degli interessi di natura illecita in sud America. C’è una battuta in cui il Graviano dice: possiamo prendere il paese nelle mani. Ovviamente parla della Bolivia. Ma la trascrizione riferisce questo passaggio a Berlusconi e non alla Bolivia”.

aloisio giuseppe ndrangheta stragista 21072020

L'avvocato Giuseppe Aloisio


I mancati ascolti
Per mesi, durante l'ultimo anno. Il boss di Brancaccio ha dichiarato di non riuscire ad ascoltare gli audio di quelle registrazioni avvenute nel carcere di Ascoli Piceno. Una "conditio sine qua non" non avrebbe reso testimonianza nel processo. Alla fine decise di rispondere alle domande del pm e disse che l'unica cosa vera dell'ordinanza di custodia cautelare subita erano proprio le intercettazioni con Umberto Adinolfi. Senza mai ammettere di aver avuto un ruolo nelle stragi "Madre natura” raccontò in dettaglio dei rapporti che storicamente hanno legato la sua famiglia all'ex Premier, che avrebbe conosciuto e frequentato ancora prima della sua discesa in campo con Forza Italia e mentre era latitante. Non solo. Riferì di aver appreso dentro al carcere "che a imprenditori di Milano interessava che non si fermassero le stragi”. Chi? Al tempo rispose in maniera diretta "io parlo di un imprenditore, come si evince dalle intercettazioni, però a me non fate dire nessun nome perché io non riferirò nessun nome”.
Le pesanti dichiarazioni di Graviano sono al vaglio degli organi inquirenti e saranno valutate anche da questa Corte. Il procuratore aggiunto Lombardo, lo ha ribadito anche ieri in sede di repliche, individua proprio nelle intercettazioni e nella testimonianza resa il valore aggiunto del processo: "Graviano due volte ha confessato che Spatuzza dice il vero in relazione alla centralità del gennaio 1994 in relazione di una componente politica e di un determinato sistema. E' per questo che il bar Doney, di cui parla Spatuzza, non è un'invenzione".

Alta tensione
Sull'impossibilità di poter sentire tutti gli audio la difesa Graviano ha dapprima chiesto il sequestro di tutte le strumentazioni date dal carcere di Terni al boss per poter procedere con l'ascolto (richiesta rigettata in quanto generica e fuori tempo massimo), quindi ha presentato un'eccezione di nullità del processo che dovrà essere vagliata dalla Corte in quanto sarebbero stati violati i diritti di difesa. Un'accusa, quella mossa in particolare dal legale Vianelli, che ha contribuito anche ad accendere i toni della discussione con la stessa Presidente Pastore.
Tensioni che si sono ripetute anche quando il pm Lombardo ha chiesto se sul piano tecnico giuridico fossero stati rappresentati da Aloisio i motivi della nomina di un sostituto, dal momento che al mattino entrambi erano presenti in aula durante le rispettive discussioni.
E quella dell'avvocato Vianelli è stata particolarmente aspra nei toni. Non solo perché ha parlato di "assoluta vaghezza e inconsistenza del quadro accusatorio".
Le parole di Graviano durante l'ora d'aria con il camorrista Adinolfi diventano "chiacchiere in libertà di due ristretti che passeggiano".
Secondo Vianelli su Graviano e l'accusa di essere mandante, assieme a Filippone, dei delitti contro i carabinieri vi è "un'assoluta vaghezza e inconsistenza del quadro accusatorio". E poi ha aggiunto: "Quello che non ho sinceramente compreso è perché a tutti i costi, sulla base di poco o nulla, si è fatto di tutto per costruire un castello, un’imponente sceneggiatura per cercare di dare una causale, una logica a qualcosa che di logico non ha nulla". Quindi ha criticato in maniera aperta le ricostruzioni fatte sul contesto politico ed istituzionale e sul disegno comune tra pezzi deviati dello Stato, segmenti della massoneria, dei servizi deviati, e le organizzazioni criminali. Addirittura sminuendo il ruolo che tutt'oggi hanno Cosa nostra e 'Ndrangheta anche sul piano internazionale. Ma vi è stato anche altro. Perché nel suo lungo intervento ha espresso anche pensieri sulle leggi emergenziali "oggi inutili", sul 41 bis che diventa "strumento di tortura", sull'impossibilità di avere il proprio assistito al suo fianco in aula e solo videocollegato in un carcere di altissima sicurezza, sui collaboratori di giustizia ("con loro sì che c'è stata una trattativa"), sulla separazione delle carriere. Valutazioni e questioni che non avevano a che vedere con la difesa del proprio assistito e che appaiono più come un manifesto politici-giudiziario.
Ed infine ha concluso: "Sono convinto della innocenza del signor Graviano in questo processo. Forse nella ricostruzione dell'accusa ci si doveva fermare e accontentarsi del risultato. Di fronte al vuoto probatorio, ogni giudice deve avere quel coraggio per assolvere".

vianelli federico ndrangheta stragista 21072020

L'avvocato Federico Vianelli


Replica Lombardo
La replica del procuratore aggiunto non si è fatta attendere. "Non riesco a cogliere il pregio di una arringa che elimina totalmente dal materiale due elementi di valutazione dirompenti che certamente non esistevano quando quelle motivazioni del processo a Dell’Utri sono state scritte - ha immediatamente affermato Lombardo - Sono le prove dirette storiche provenienti direttamente dalla viva voce dell’imputato, costituite dalle intercettazioni tra Graviano e Adinolfi e dalle dichiarazioni che Graviano ha inteso rendere nel corso di questo dibattimento. Su questo non abbiamo ascoltato nulla".
"Graviano ha un problema enorme - ha proseguito - e si chiama Gaspare Spatuzza che per 12 anni è stato ritenuto attendibilissimo e poi, all'improvviso, per la difesa diventa inattendibile. Noi non abbiamo ricostruito un episodio singolo ma la concatenazione di eventi che rientrano in un unico disegno criminoso. Io non ho difficoltà a parlare di servizi deviati, di alta massoneria, segmenti di politica e imprenditoria e componenti criminali di tipo mafioso che diventano componenti di altra natura. Perché queste cose sono scritte in testimonianze e sentenze precedenti. Non siamo di fronte ad un foglio bianco. E' il momento di andare oltre. Quello che ci hanno raccontato finora non ci basta più. Mancano alcuni responsabili di questa ignobile strategia stragista. E' una verità complessa".
Anche la rabbia che Graviano ha mostrato nel corso del processo, durante l'esame e non solo, diventa un elemento di prova. Essa "dimostra che quando si parla di 'Paese nelle mani' non c'entra la Bolivia. Non mi risulta, infatti, che Berlusconi avesse un ruolo in quell’ambito governativo". Lombardo ha anche affermato che elementi a conferma del quadro accusatorio sono inseriti "anche nella memoria di Graviano, che va letta, e in cui si trova conferma, ad esempio, che il ruolo di Pennino è quello di una figura legata alla gestione dei rapporti con l'alta criminalità del centro di Palermo".
Il pm ha ribadito, dunque, la forza degli elementi raccolti proprio grazie alle analisi dei tabulati del telefono di Graviano in cui emergono "due telefonate senza parole con Tranchina, una telefonata con Giovanni La Lia, uno dei fondatori di Forza Italia di Misilmeri, o con Giusto Bocchiaro, imparentato con i Lo Bianco, famiglia mafiosa di Misilmeri. Devo credere che la signora Francesca Buttitta (moglie di Filippo Graviano) gestiva i rapporti con i mafiosi?".
Per quanto riguarda la risposta alla difesa Filippone, che aveva addirittura definito "ciarpame" le dichiarazioni di pentiti come Villani e Lo Giudice, il pm ha replicato rimarcando come i due non possono essere slegati da Giuseppe Calabrò, un soggetto che "ha paura e non problemi mentali come si vuole far credere alla Corte". "Colui che sa è Giuseppe Calabrò, uno dei killer dei carabinieri, che "inizia a collaborare per depistare" ma che racconterà una serie di fatti in altre fasi". "Villani - ha ricordato Lombardo - non dice di non sapere chi fosse il mandante di quei delitti, ma che Calabrò non glielo disse mai esplicitamente. Disse però di averlo capito dai discorsi che Calabrò gli fece dopo gli incontri con lo zio. Disse a Villani che lo zio non era uno qualunque ma 'un qualcosa di più'. E Villani da subito parla della copiata, della Santa, del Vangelo, e del mandamento Tirrenico dando un ruolo a Filippone di Mammasantissima, che non è un termine qualsiasi".
Ancora una volta, dunque, Lombardo ha ribadito l'esistenza di intercettazioni nelle indagini Crimine-Infinito, in cui si evince chiaramente il ruolo che l'imputato ha dentro l'organizzazione criminale, inserito all'interno della famiglia Piromalli.
Sul finire della lunga giornata di udienza Giuseppe Graviano con delle dichiarazioni spontanee ha voluto lanciare un ultimo messaggio e ribadire la sua estraneità nelle stragi: "Ho sentito più volte il pm che riferisce che io ho detto che mi è stato detto di accelerare con le stragi. Io queste cose non le ho mai dette, perché nessuno mi ha detto di fare le stragi. Se il procuratore Lombardo vuole scoprire la verità vada a vedere dal processo di mio padre, vada a vedere l’agenda rossa". Nel processo aveva chiesto anche di indagare sul suo arresto. Ed è emerso ieri che la Procura di Firenze, che indaga sui mandanti delle stragi del 1993, avrebbe compiuto nuovi accertamenti. Il tutto mentre a Caltanissetta, nel processo Capaci bis, il Procuratore generale Lia Sava, commentando la condanna all'ergastolo in appello per Salvatore Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello, ha detto: "Per fare luce sulle 'zone d'ombra' della strage di Capaci dovrebbero parlare anche alcuni esponenti delle istituzioni dell'epoca che potrebbero dare un contributo per la verità. Dovrebbero anche parlare personaggi di Cosa nostra che sono ancora al 41 bis e anche loro potrebbero dare un contributo”. E chissà cosa ne pensa Giuseppe Graviano sul punto.

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