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di Davide de Bari
L’ex collaboratore di giustizia: "Ci sono botti che tengo chiuse ma ne parlerò solo se riconosciuti i presupposti di sicurezza"

“Posso dire, senza timore di essere smentito, che io nei servizi ci sono stato per tanto tempo, da quando ero con mio zio e mio zio era dei servizi. Non avevo nessun ruolo specifico, ma venivo utilizzato. Mi chiedevano di andare di qua e di là, di ascoltare, controllare e riferire. Io sono la prova vivente che i rapporti fra ‘ndrangheta e servizi ci sono stati e probabilmente ci sono ancora. Nel tempo sono cambiate, i servizi hanno cooptato persone molto più acculturate, formate e capaci. Ho avuto rapporti con diversi appartenenti ai servizi, non con l’ufficio centrale. Non è facile essere reclutati o avvicinarsi. Prima che si fidino di te ce ne passa. Mi hanno chiesto alcune cose, sono andato a verificarle. Ma non l’ho fatto per l’istituzione, ma per singoli personaggi". Ufficialmente non è più un collaboratore di giustizia; ieri però, Carmelo Stefano Serpa, uomo della cosca De Stefano fino agli anni '90, è salito sul pretorio davanti alla Corte d'Assise di Reggio Calabria, dove si celebra il processo 'Ndrangheta stragista, ed è tornato a parlare sul banco dei testimoni aprendo anche a nuove rivelazioni, seppur non in questa sede. Secondo l'ex pentito le persone che erano in grado di avere certi tipi di rapporti con soggetti dei servizi erano Giorgio De Stefano e l’avvocato Paolo Romeo. L’ex collaboratore, però, si è fermato qui e non è voluto andare oltre e lo farà solo con precisi presupposti.
"Devo essere certo di non correre rischi e pericoli. Se mi si dovesse assicurare questo - ha detto rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo - io sono disponibile a scoperchiare tutte le botti che ancora tengo chiuse".
“All’epoca i servizi mi dissero che c’erano altre persone con cui stavano parlando. - ha spiegato - In questa sede i nomi non li posso dire, ma io sono disposto a riprendere la mia collaborazione. Ma su presupposti precisi e con garanzie precise. Sono nomi di appartenenti alla ‘ndrangheta, appartenenti alla politica, appartenenti alle forze dell’ordine. Non mi preoccupano quelli della ‘ndrangheta che conoscete, non mi preoccupano i politici, ma mi preoccupa quello che potrebbero fare, mi preoccupano tantissimo quelli dei servizi”. Poi rivolgendosi al procuratore Lombardo ha detto: “Probabilmente lei e i magistrati come lei non conoscete ancora la ‘Ndrangheta sommersa. Ci sono personaggi che hanno un potere anche maggiore di quello di Paolo De Stefano. Però questa è gente che voi non conoscete neppure. Nella loro vita non hanno mai preso neanche una multa”.

I rapporti tra la cosca Piromalli-Molè con gli uomini della giustizia
Il teste ha anche parlato dei rapporti altissimi che aveva una famiglia come quella dei Piromalli-Molè: “Avevano molte conoscenze in particolare nel ministero della giustizia e non dico solo il dipartimento di giustizia ministeriale, ma anche altri personaggi come i direttori delle carceri o persone che lavoravano all’interno del ministero con mansioni apparentemente stupide, ma si potevano permettere tante cose. Poi probabilmente hanno girato le loro conoscenze ad altri".
Quelle conoscenze Serpa le ha avute in maniera diretta. "Io sono stato detenuto nelle carceri di Reggio Calabria. Lei si ricorderà, dottore - ha detto ancora rivolgendosi a Lombardo - che sono stati arrestati direttore, comandanti e agenti di custodia e anche il dottor Giacomo Foti che era magistrato di sorveglianza. Quell’inchiesta sono stato io a farla aprire".
Prima ancora però quei canali li aveva sfruttati in prima persona anche per ottenere dei benefici personali: "Semplicemente dicendo ai Piromalli di avere bisogno di un trasferimento, l’ho ottenuto. E questo è successo per due o tre volte". O ancora vi era stata un'altra vicenda che lo aveva visto ottenere la semilibertà: "Avevo bisogno di un lavoro e sono stati i De Stefano a procurarmelo. Ho lavorato per nove mesi nello studio dell’avvocato Aldo Abenavoli".
Anche nel periodo in cui ha lavorato nell'infermeria del carcere non erano mancati scambi di favori: "Ero capace, quindi io mi sono occupato di sistemare le cartelle cliniche di diverse persone perché venissero scarcerate. Per questo ho avuto modo di conoscere molti detenuti di livello. Anche Luciano Leggio. È stato 7-8 giorni. Lì ha avuto una serie di incontri. In diversi giorni si è incontrato con Paolo De Stefano e con tutti”.

La latitanza del terrorista Freda e il summit di Montalto
Serpa ha poi parlato della latitanza in Calabria dell’ex terrorista, appartenente all'area del neofascismo ed esponente del Movimento Politico Ordine Nuovo, Franco Freda. “Io lavoravo in una stazione di benzina di Filippo Barreca quando Franco Freda è stato portato a casa della madre di Barreca dai De Stefano. Non so come hanno fatto. Lui si trovava in provincia di Catanzaro e da lì venne trasferito a Reggio Calabria e i De Stefano dovevano assistere e garantire la latitanza”. L'ex pentito ha poi riferito che ha “assistito a diverse riunioni fra Freda e persone che andavano a trovare specificamente lui. Tra questi c’erano l’avvocato Giorgio De Stefano, il politico Paolo Romeo, Stefano Delle Chiaie e Luigi Concutelli. - ha proseguito - Non solo li ho visti, ma li ho accompagnati a casa di Barreca ed ero responsabile della loro sicurezza quando erano lì. Non ho mai assistito alle riunioni, ma gli unici colloqui a cui ho assistito sono stati quelli fra Barreca e Freda”. L’ex collaboratore di giustizia ha fatto riferimento ad un altro ex terrorista nero in contatto con la cosca dei fratelli De Stefano, e cioè Luigi Concutelli. “L’ho visto al summit di Montalto nel ’69. Io ero lì come picciotto di giornata - ha spiegato - uno dei guardiani portati da Saraceno”. Inoltre, il teste ha ricordato che a quell’incontro erano presenti personaggi del calibro dei De Stefano, i Molè, Zappia, Domenico e Pasquale Tegano, Vincenzo Saraceno, Giuseppe Zappia, Vincenzo Macrì, Giovanni De Stefano e Caponera.
Serpa ha anche riferito che, all’interno summit di Montalto, ci fu un altro incontro “appartato” a cui presero parte quattro o cinque persone assieme a Paolo De Stefano. “Fu Paolo De Stefano a dire che lui aveva avviato dei rapporti e che quella sera c’era una rappresentanza di queste persone. Diceva a tutti: sappiate che adesso verrà qui della gente. Quando ebbe l’ok da parte di tutti - ha detto il teste - Paolo De Stefano fece allontanare quattro o cinque persone e c’erano questi politici. In quel preciso momento non ero in grado di dire, al di fuori di Concutelli, che già conoscevo, chi ci fosse. Poi capii che c’erano Stefano Delle Chiaie, Fefé Zerbi, Valerio Borghese, Sandro Saccucci. Erano presenti lì, nel giorno del summit e sono stati introdotti da Paolo De Stefano”. Un altro particolare ha ricordato l’ex collaboratore: “Tutti quei politici avevano rapporti tali da poter figurare di stare altrove. Concutelli è riuscito, non so come, a risultare in stato di fermo a Trapani. Io l’ho riconosciuto perché a Reggio c’era stato forse qualche tempo prima perché in via di ideazione del golpe Borghese”.

La partecipazione ai Moti di Reggio Calabria
“Reggio era la città dei fratelli Paolo e Giorgio De Stefano. Avere tutte le istituzioni qui è stato importantissimo per i De Stefano, i Libri, i Tefano. - ha spiegato Serpa, raccontando anche di essere stato testimone diretto e di aver partecipato ai Moti - Con lo spostamento degli uffici, avrebbero perso il contatto diretto con gli uffici regionali e tutti i vantaggi connessi, perché avrebbero dovuto cederlo ai clan di Catanzaro. Per questo la partecipazione della ‘Ndrangheta ai Moti non era stata per nulla estemporanea”. Inoltre, l'ex pentito ha parlato anche della figura dell’avvocato Paolo Romeo: “Reggio era un affare sia per la ‘Ndrangheta, sia per i politici. Paolo Romeo, che univa entrambi i mondi era necessario, per questo è stato portato in Parlamento”. Ma Romeo non era l’unico politico, ce ne erano altri. “Lo stesso è successo con Natino Aloi, che era il più interessante in quel periodo perché aveva contatti con Ciccio Franco e con Fefè Zerbi. Per Serpa, Aloi “era molto amico di Paolo De Stefano e ne conosceva perfettamente l’estrazione criminale. E’ stato lui a far partire la rivolta insieme al marchese Fefè Zerbi”.
La prossima udienza è stata fissata per il prossimo 12 luglio.

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