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aula tribunale tavolo corte c imagoeconomicadi Francesca Mondin
“I siciliani volevano l’appoggio per uccidere alcuni magistrati in Calabria e per far sì che si creasse qui lo stesso macello che si era creato in Sicilia, volevano l'appoggio nella loro lotta per poi destabilizzare lo Stato”. A dirlo, al processo 'Ndrangheta stragista, è il collaboratore di giustizia Arturi Umile, ex boss vicinissimo a Franco Pino della omonima cosca. Il pentito ha raccontato di aver saputo questo dal boss Luigi Mancuso nel '92, prima di una importante riunione a Marina di Nicotera dove, secondo il suo racconto, si radunarono “i vertici della 'Ndrangheta”.

“Io ricordo che si disse che i siciliani parlavano di colpire i magistrati, l'antimafia - ha ripetuto più volte rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e della presidente della Corte d'Assise Ornella Pastore - poi non ricordo se dicevano anche altri obiettivi” ad ogni modo “credo che i siciliani erano propensi in tante cose, fare più caos anche con altri attentati”.
Arturi Umile in compagnia di Franco Pino dopo essere andati a casa di Mancuso sarebbero stati portati quindi “in un villaggio turistico” in cui si discusse proprio della richiesta dei siciliani.
La riunione si tenne “a bordo piscina, ci voleva un capannone per fare sta riunione, io penso che eravamo almeno una cinquantina di persone, io non conosco tutti i personaggi presenti, erano troppi, non si potevano presentare tutti”.
C'era però un gruppetto “formato da circa dieci persone che decidevano - ha specificato il pentito - C'era Franco Pino, Santo Carelli, i fratelli Farao, Peppe Pesce, Franco Coco Trovato, Luigi Mancuso, Pino Piromalli, Tripodoro Pasquale, e non mi ricordo se altri”.
L'idea dei Corleonesì però non avrebbe trovato molto appoggio in quell'occasione, stando a quanto detto dal pentito: “Secondo Luigi Mancuso non era cosa positiva per la Calabria, lui non era d’accordo, ma non decideva lui da solo” ha raccontato Arturi Umile. In generale “i calabresi non vedevano giusto spostare il caos che c'era in Sicilia in Calabria, noi cercavamo di stare sempre sott'acqua come la 'Ndrangheta ha sempre fatto”. L'unico forse che avrebbe appoggiato l'idea dei corleonesi, secondo quanto detto oggi dal pentito, sarebbe stato Franco Coco Trovato, che era un po' pazzerello, non so se lui li avrebbe appoggiati perchè lui era più rivoluzionario”.
Ad ogni modo i rapporti con i malavitosi oltre lo stretto non sarebbero mai venuti meno: “Ogni calabrese ha i suoi referenti in Sicilia” ha spiegato Arturi Umile, specificando il rapporti della cosca Pino con i Santapaola: “un giorno venne dai Pino un responsabile dei lavori di Santapaola e disse che c'era un lavoro che si doveva svolgere a Cosenza da delle imprese catanesi, ci disse che ci davano una percentuale ma che dovevamo garantirgli il lavoro”.
Il collaboratore di giustizia, che nella sua carriera malavitosa è arrivato fino al Vangelo, ha raccontato anche di non aver mai conosciuto Rocco Santo Filippone ma di “averne sentito parlare nell’ambiente malavitoso”. Il pentito, dopo averlo collegato alla zona di Gioia Tauro-Piromalli ha specificato che il quell'ambiente “non c’è bisogno che la persona sia di quel posto.. se Piromalli me ne parla io lo colloco nella sua zona”, “io ora non ricordo se me ne ha parlato Franco, Mancuso o Piromalli, può essere ma non ricordo, so solo che era un personaggio di cui ho sentito parlare nell'ambiente malavitoso”.
L'udienza è stata rinviata a venerdì 13 luglio.

Foto © Imagoeconomica

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