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di Aaron Pettinari
Dichiarazioni spontanee al processo 'Ndrangheta stragista: "Non si vuole scoperchiare il vaso di Pandora. Ma il tempo è galantuomo"
"Ho avuto la visita di parenti delle vittime. La persona mi dice, 'stiamo venendo solo da lei perché c'è qualcosa che mi ispira'. Poi ho appreso che sono andati anche da mio fratello"
. E' così che il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, rilasciando dichiarazioni spontanee al processo 'Ndrangheta stragista, parla dell'incontro avuto con Fiammetta Borsellino. "Mi era stato detto di non far uscire la notizia e ne parlo solo ora che altri l'hanno fatta uscire - ha aggiunto il capomafia - Come specificato alla signora che è venuta a farmi visita è impossibile che sia stato io a commettere la strage. Ho spiegato che io sono accusato solo da Scarantino. Io ho l'ergastolo per le sue parole e poi dicono che lui è stato smentito da Spatuzza e con quest'ultimo non mi sono mai confrontato anche se avrei voluto".
Nel suo flusso di coscienza nel corso del dibattimento dove è accusato assieme a Rocco Santo Filippone per gli attentati ai Carabinieri, in cui morirono gli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, Graviano ha un obiettivo chiaro, quello di dimostrare che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nei suoi riguardi non sono altro che fandonie ("A volte la mente elucubra e spesso la memoria biologica non coincide con i fatti storici aggiungendo false notizie. Di fake news ce ne sono abbastanza e ci sono sentenze di collaboratori che si autoaccusano di fatti che poi sono false notizie").
Così se la prende con le dichiarazioni del pentito Cuzzola, il quale aveva riferito della comune detenzione tra il boss di Brancaccio e Pino Piromalli, ma anche con il suo ex autista, Fabio Tranchina: "Lui dice che in Via d'Amelio avrebbe ricevuto l'ordine di trovare per me un'abitazione. Ma è una cosa da pazzi fare quello che ha detto lui, andarsi a trovare una casa lì. Via d'Amelio è un buco e dopo l'azione rimanevi intrappolato in quel buco". Nei giorni della strage del 19 luglio 1992, a suo dire, non si trovava in via d'Amelio, né in quei pressi. "Ero a duemila chilometri da Palermo come Francesco Mazzola, c'è un fermo e si può controllare" ha sempre detto proseguendo il suo "racconto".

La verità e il "tempo galantuomo"
Quindi è tornato a parlare dell'incontro con la figlia del giudice Borsellino: "La persona che voleva rincontrarmi non è stata autorizzata perché le procure dicono che si possono inquinare le prove. Io penso che non si può inquinare. E poi lì brucia veramente il cuore di chi combatte da 25-26 anni per sapere la verità, perché la verità non vuole emergere. Questo vaso di Pandora non si vuole scoperchiare e si è trovato il "capro espiatorio" che è Giuseppe Graviano. Ma il tempo è galantuomo".
Infine il boss di Brancaccio, così come aveva fatto lo scorso aprile ribadisce alla Corte d'Assise di Reggio Calabria, presieduta da Ornella Pastore, una propria intenzione: "Sia lei che il pm, che le difese, potete fare tutte le domande che volete. Io risponderò". "Il pm ha chiesto l'esame - ha ribadito la stessa Pastore - Quando arriverà il momento, se lei vorrà rispondere alle domande del pm e probabilmente della Corte lo vedremo. In questo momento sono spontanee dichiarazioni". Un appuntamento solo rimandato, dunque. Ma chissà se Graviano avrà la stessa voglia di oggi di proferir parola.

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