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Prosegue l'escussione dei testi delle difese nel processo sul depistaggio delle indagini successive alla strage di via D'Amelio che si celebra a Caltanissetta nei confronti di tre poliziotti: Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex appartenenti al gruppo investigativo Falcone-Borsellino, accusati di calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra. Dopo l'udienza dello scorso 12 maggio, dove sono stati sentiti ex appartenenti del gruppo Falcone-Borsellino Claudia Covoni, Antonio Misticò, Rosario Oricchio e Nicola Sabella, oggi è stata la volta del luogotenente della Dia Giandomenico Fenu, che all'epoca delle indagini sulle stragi di Capaci e via d'Amelio lavorava a stretto contatto con la pm Ilda Boccassini ("Lei era la mente ed io il braccio operativo. Quelli che ci lavoravano a stretto contatto, come me, la apprezzavano tantissimo"). E proprio sul rapporto di quest'ultima con l'altro capo della Squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera ha affermato che tra i due c'era un rapporto di stima reciproca. Il teste ha anche detto che La Barbera spesso, soprattutto in tarda serata, andava a Caltanissetta e che all'epoca il palazzo di giustizia era presidiato da diverse auto blindate. "La Barbera - ha aggiunto - o qualsiasi altro funzionario di polizia non avrebbe mai assunto iniziative senza concordarle con il pm. La Boccassini non aveva dubbi sull'operato di La Barbera anche perché non lavorava con persone che non stimasse". Fenu, rispondendo alle domande dell'avvocato Giuseppe Panepinto, ha anche riferito un particolare che poi si sarebbe rivelato un equivoco. Ha affermato che mentre la Boccassini era in ferie, ricevette una telefonata da un collaboratore dell'ex capo della Mobile di Palermo il quale voleva sapere il nome del difensore di Vincenzo Scarantino ma che non bisognava farne parola con la magistrata. "Risposi - ha affermato il teste - che era una richiesta irricevibile e che avrei riferito il contenuto di quella telefonata alla Boccassini". La vicenda poi venne chiarita dallo stesso magistrato con La Barbera, il quale avrebbe affermato che si era trattato di un equivoco.
Nel corso della deposizione il teste ha anche parlato degli interrogatori che furono fatti con Scarantino nel giugno del 1994: "Non mi risulta che qualcuno abbia mai detto a Vincenzo Scarantino di aggiustare dichiarazioni rese o che qualcuno gli abbia mai suggerito qualcosa durante gli interrogatori. Personalmente ero presente all’interrogatorio che fu fatto a Scarantino nel giugno del ’94 a Caltanissetta. Negli interrogatori che venivano effettuati con la dottoressa Ilda Boccassini venivano indicate sul verbale tutte le persone presenti e se vi erano pause veniva dato atto sul verbale. Per quel che mi risulta nessuno ha mai detto a Scarantino di aggiustare dichiarazioni rese. Assolutamente mai". Quindi, ha aggiunto il teste, "quando a Vincenzo Scarantino fu mostrato un album di foto per il riconoscimento nessuno gli suggerì nulla. Sarebbe stato messo a verbale. Scarantino non riconobbe alcune persone tra cui i fratelli Graviano e tale Calascibetta. Non ricordo se questo fatto destò sorpresa anche perché sono passati tantissimi anni”. L’avvocato Giuseppe Panepinto, legale dell’imputato Mario Bo, ha poi chiesto se la dottoressa Boccassini o qualcun altro al termine di questo interrogatorio avessero manifestato perplessità, il teste ha dichiarato di non ricordare.

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