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"I verbali? Scrivevo senza comprendere"

"Il fatto che abbia partecipato a cinque interrogatori di Vincenzo Scarantino non vuol dire che io conosca tutte le sue vicende. Facevo i verbali, scrivevo senza comprendere, stavo attento solo alla scrittura, non al contenuto". A dichiararlo è Fabrizio Mattei, uno dei poliziotti imputati di di calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra (gli altri due sono Mario Bo e Michele Ribaudo) nel processo sul depistaggio della strage di via d'Amelio, in corso a Caltanissetta presso l'aula bunker. La giornata odierna è stata proprio dedicata al suo esame, piuttosto complicato anche tenuto conto delle schermaglie tra le parti.
"Non ho mai discusso con Vincenzo Scarantino della sua collaborazione sulla strage di via d'Amelio - ha detto ancora - Ero totalmente all'oscuro di qualsiasi cosa, non ci ho mai parlato. E non ricordo neppure se Scarantino voleva entrare in argomento. Lui non mi conosceva, per cui non aveva nessun motivo per parlarmi, non mi aveva mai visto, non sapeva chi ero. Insomma, io non mi ero mai interessato a queste cose".
A queste parole il pm Stefano Luciani, che rappresenta l'accusa assieme al Procuratore aggiunto Gabriele Paci ha domandato perentoriamente: "Mi faccia capire, lei ha partecipato 5 interrogatori consecutivi con Vincenzo Scarantino, come fa a non sapere?". Immediata la replica di Mattei: "Io scrivevo ma l'attenzione che prestavo era alla scrittura e non al contenuto", ha detto Mattei.

Appunti scritti
Tornando a parlare di alcuni elementi incontrovertibili, come la presenza di alcuni appunti, scritti di suo pugno a Scarantino. "Vincenzo Scarantino - ha affermato - aveva difficoltà enormi a leggere e scrivere. Le prime volte mi chiedeva di leggergli il giornale". "Un giorno arrivai ad Imperia da Scarantino - ha aggiunto - e lo trovai furioso perché sconvolto dal fatto che l'avvocato Petronio avesse tirato fuori delle sue foto con degli omosessuali. Gli dissi di stare calmo e chiedere al suo avvocato come muoversi, invitandolo a scrivere eventuali quesiti da sottoporre al legale. Il giorno dopo si presentà con un verbale e mi chiese se glielo potevo leggere e se gli scrivevo io le domande da fare al difensore. Io l'ho solo aiutato". "I biglietti sono miei - ha poi aggiunto riferendosi agli atti giudiziari sui quali secondo l'accusa Mattei avrebbe scritto degli appunti per Scarantino - ma i verbali con le sue dichiarazioni, non li ho mai scarabocchiati, nemmeno con un punto interrogativo".
Rispetto alla presenza di appunti a margine nei verbali ha riferito: "Io non ricordo di aver fatto appunti a margine dei verbali".
I verbali con le note e con alcuni segnalibro erano venuti fuori nel corso del secondo processo per la strage.
Appunti che sarebbero serviti a preparare il pentito della strage di via d'Amelio - così era considerato - alla sua prima apparizione in aula nel processo Borsellino nel maggio del 1995. "E' lei che consiglia di scrivere a Scarantino?", ha chiesto il pm Stefano Luciani al poliziotto. E Mattei ha risposto: "No, io gli ho detto 'queste domande non le puoi rivolgere a me, devi chiedere al tuo avvocato. Tutte le domande che hai scrivile, così le dai al tuo avvocato, quando viene'. Per scrivere una riga ci impiegava anche cinque minuti, ma era capace di leggere e scrivere".
Durante l'esame al processo Borsellino aveva affermato che "Scarantino in previsione di un udienza mi disse cosa posso dire e cosa non posso dire, e se poteva parlare con il Presidente e con l'avvocato. Ma io non mi sono azzardato di dare consigli. Dimmele e te lo segno".
Oggi però Mattei ha detto di non "aver suggerito niente".
E alla nuova replica del pm Luciani se di fronte alla "discrasia oggettiva" fosse "vero quello che ha detto al processo quater o quello che ha detto oggi?" il poliziotto ha ribadito di "non avere mai dato suggerimenti a Scarantino".


scarantino vincenzo da rep palermo

Vincenzo Scarantino


Il Modus operandi a San Bartolomeo a Mare
Nel corso dell'esame Mattei, che faceva parte del Gruppo investigativo "Falcone e Borsellino", ha anche dichiarato di aver fatto solo da scorta a Scarantino e non essersi mai occupato della strage di via d'Amelio. Quindi, parlando del periodo trascorso in Liguria nella località protetta di San Bartolomeo a Mare, ha aggiunto: "Sono entrato nel gruppo nel dicembre del 1992 e vi rimasi fino al giugno 1995, quando andai nella sezione Pg della Procura di Palermo. Il gruppo inizialmente era composto da molte persone e via via è stato ridotto - ha detto Mattei - si era ristretto, per questo motivo bisognava dare tutti una mano. I colleghi che si sono occupati delle indagini sono quelli segnati sui documenti. Non ho mai conosciuto i collaboratori, che non sanno neppure chi sono, non sanno il mio nome, non sono mai andato a Caltanissetta dai magistrati, per loro sono sempre stato un nome insignificante, sconosciuto".
Il Procuratore aggiunto Paci gli ha dunque ricordato il periodo in provincia di Imperia e l'imputato si è difeso sostenendo che quello "era il periodo che andava da ottobre a dicembre del 1994 a gennaio chiesi di andare in ferie. Io ho solo verbalizzato tanti verbali, per aiutare i pm capitava spesso che chiamavano perché volevano aiuto, non vedo cosa ci sia di particolare, ci sono anche altri verbali, al di fuori di questa vicenda. Ma nella presenza non avevo nessuna utilità funzionale alle indagini in corso". Ed ha ricordato di averlo scortato spesso "a Genova" per gli interrogatori.
Alla domanda del pm Stefano Luciani se l'ufficio avesse dato nel 1994 "direttive su come relazionarsi con Scarantino?", il poliziotto Fabrizio Mattei ha replicato: "Lo sa qual era l'indicazione? 'Andate lì ragazzi, basta che non fate scoppiare casini, fate in modo che vada tutto bene. Non dovete darci fastidio'. Insomma, ci dicevano 'disturbateci il meno possibile'". E quando il pm ha chiesto se fossero arrivate "indicazioni di farlo stare tranquillo?", Mattei ha risposto: "No, dovevano stare tranquilli quelli di Palermo".
Al Borsellino quater l'affermazione di Mattei fu di tenore diverso.
"Era un servizio particolare - disse al tempo - le direttive erano quelle di far passare 15 giorni in maniera tranquilla, perché più passava il tempo e più Scarantino si lamentava per questa situazione, ma erano le sue rimostranze".
L'imputato, nel corso della suo interrogatorio, ha anche riferito che mai nessuno gli ha chiesto di staccare le registrazioni durante le intercettazioni: "Non ricordo che ci siano stati mai episodi del genere".
L'imputato ha anche aggiunto che Scarantino era geloso della moglie: "Ci diceva che voleva andar via per la scuola per i bambini. Affermava di avere diversi problemi, ma non legati alla collaborazione e di questo argomento non ho mai parlato con Scarantino. Non stavamo dentro la casa in cui lui viveva. Si parlava solo della vita quotidiana. Non ha mai parlato di telefonate".

Le intercettazioni interrotte
Altro tema caldo era quello delle intercettazioni compiute sull'utenza del picciotto della Guadagna. Registrazioni che, come emerso nel processo, presenterebbero diverse anomalie con delle vere e proprie interruzioni.
"In quaranta anni di servizio nessuno mi ha mai chiesto di staccare volontariamente delle registrazioni di intercettazioni o degli interruttori - ha ribadito Mattei - Non ricordo che ci siano mai stati episodi del genere". Un'affermazione che di fatto smentisce quanto detto dsal collega Giampiero Valenti, che in un'altra udienza aveva detto ai magistrati che durante il periodo in cui veniva intercettato l'ex pentito Vincenzo Scarantino, dopo la strage di via d'Amelio, gli fu detto "dai superiori" di interrompere le intercettazioni quando Scarantino doveva parlare con i magistrati. "Mai, mai nessuno mi ha fatto richieste del genere - ha affermato oggi Mattei - l'ispettore Valenti può anche dirlo, ma quello che ha descritto Valenti è semplicemente un cambio di traslatori".
Nel corso del controesame Mattei si è anche lasciato andare ad un pianto. "Tutti i giorni mi sveglio ripensando a quei giorni e mi chiedo se avessi potuto evitare qualunque cosa per evitarlo. Ma io rifarei sempre la stessa cosa" ha detto in aula. "Dopo la prima volta che ho letto a Scarantino il verbale che aveva reso durante le prime indagini non mi sono più sottratto a questo 'compito' perché questa persona non aveva nessuno a cui rivolgersi. Aveva solo noi. Lui dei suoi problemi di vita quotidiana discuteva con noi. C'e' stato pure un po' di tornaconto nostro, devo ammetterlo, perché entrare in contrasto con lui significava trascorrere 15 giorni d'inferno". Il riferimento è al fatto, sostenuto dall'accusa, che a Scarantino, che doveva rendere testimonianza, venivano fatte rileggere le dichiarazioni rese in precedenza. Circostanza che, secondo i pm, dimostrerebbe che il falso pentito veniva imbeccato, fatto "studiare", insomma, perché non cadesse in contraddizione e confermasse le cose già dichiarate. La prossima udienza è fissata per il 12 febbraio nell'aula bunker di Caltanissetta.

In foto di copertina: la strage di via d'Amelio © original Shobha

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