di AMDuemila
Intanto al Racis di Roma sono stati effettuati gli accertamenti sulle bobine
"Per ogni domanda che riguarda i magistrati mi avvalgo della facoltà di non rispondere". Lo ha ribadito per due volte Vincenzo Scarantino, il falso pentito che oggi è stato sentito in controesame dagli avvocati dei poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, al processo che si tiene davanti al Tribunale di Caltanissetta e che vede i tre funzionari imputati con l'accusa di calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra, per aver suggerito una falsa ricostruzione della fase esecutiva della strage di via d'Amelio che portò alla condanna di soggetti estranei all'attentato. Diversamente a quanto aveva fatto lo scorso 29 maggio il picciotto della Guadagna ha scelto la via del silenzio su questo tema, tenuto conto che nel frattempo è emersa la notizia dell'iscrizione sul registro degli indagati dalla Procura di Messina dei magistrati Annamaria Palma e Carmelo Petralia, accusati di calunnia aggravata dall'avere agevolato Cosa nostra.
In particolare Scarantino non ha voluto rispondere alla domanda dell'avvocato Giuseppe Seminara, che difende i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, che gli ha chiesto se nel 1995 e 1996, quando l'ex pentito collaborava con i magistrati, i verbali degli interrogatori gli erano stati consegnati da Fabrizio Mattei attraverso la ex pm Annamaria Palma. Un'accusa che in passato, al processo Borsellino quater, il falso pentito aveva sostenuto. Stavolta però Scarantino ha più volte risposto di non ricordare per poi aggiungere: "Sono affetto da una vecchiaia precoce e non mi ricordo...". Salvo poi avvalersi della facoltà di non rispondere.
Ma è un pò tutto il controesame dell'ex pentito ad essere contornato di "non ricordo". L'avvocato Seminara aveva chiesto anche di ricordare l'episodio di Genova quando Scarantino, dopo il litigio con il poliziotto Mario Bo, si incontrò con il magistrato Carmelo Petralia. Anche in questo caso il teste si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il "pupo vestito", come lui stesso si era auto definito in passato, ha ricordato ancora una volta la genesi della sua collaborazione generata dalle continue vessazioni e dai maltrattamenti subiti quando era detenuto al carcere di Pianosa: "Mi convinsi a collaborare con gli inquirenti a causa del terrorismo psicologico che subivo in carcere a Pianosa. Tutto il terrorismo che mi hanno fatto, non solo mentale ma anche fisico. E' stato un cumulo di tante cose". Quindi ha ricordato la sua "storia criminale" vissuta vendendo sigarette di contrabbando: "Non era mia abitudine spacciare eroina. Qualche volta è successo, ma non era la mia attività. Non mi sono mai occupato di ricettazione di auto e furti. I miei fratelli lavoravano con le sigarette, rubavano, ma non so se hanno lavorato con la droga. Forse qualche 'passaggino' lo facevano". E poi ancora: "Non avevo la capacità di memorizzare tutto quello che mi dicevano. Io ero un collaboratore e non un pentito. Il pentito si pente delle cose. Loro (riferito gli inquirenti del gruppo Falcone e Borsellino diretto da Arnaldo La Barbera, ndr) attraverso me volevano che nascessero altri pentiti. Per me queste torture sono state insopportabili".
In apertura di udienza l'avvocato Rosalba Di Gregorio che rappresenta le parti civili Gaetano Murana, Cosimo Vernengo e Giuseppe La Mattina, ha prodotto un documento in cui si attesta che Scarantino fu congedato dal servizio militare perché ritenuto dai medici "neurolabile". Il processo proseguirà domani con la deposizione del colonnello Giovanni Arcangioli, l'ufficiale dei Carabinieri che dopo l'esplosione di via D'Amelio teneva in mano la valigetta di cuoio del giudice Borsellino.
Inchiesta sui magistrati, oggi gli accertamenti su 19 bobine
Mentre a Caltanissetta ha avuto luogo l'udienza del processo contro i poliziotti a Roma, al Racis dei Carabinieri, sono stati compiuti gli accertamenti tecnici irripetibili su 19 bobine magnetiche, che saranno riversate in digitale con il rischio che possano rovinarsi, contenenti le intercettazioni delle conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino nel periodo in cui era sotto protezione. L'indagine è quella condotta dalla Procura di Messina sui magistrati Palma e Petralia. Sono presenti i difensori dei due pm, i legali dei sette condannati ingiustamente (Cosimo Vernengo, Gaetano La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto, Giuseppe Urso e Natale Gambino, persone offese dal reato di depistaggio) e i consulenti delle parti. Le bobine sembrerebbero "in buono stato", secondo quanto riportato dall'agenzia Adnkronos, ed ora bisognerà attendere le trascrizioni delle stesse che dovranno essere inviate a Messina.
Secondo quanto riportato tra le documentazioni rinvenute vi è un video 8 mm, marca Sony, con su scritto 'Pianosa' di cui non è stato possibile verificarne i contenuto "per mancanza, allo stato, di idonea strumentazione". Ugualmente non è stato possibile verificare il contenuto di un nastro che aveva nella custodia la scritta "Pianosa Island". Nel verbale finale è stato scritto che questi "è stato riavvolto in modo non corretto". Una circostanza che "non permette allo stato la fruizione come avvenuto per gli altri nastri" per cui si dovrà "procedere con le dovute cautele a ripristinare la corretta posizione del nastro".
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