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toga-borsaLa Barbera, Bagarella conobbe estremisti in cella, “spiegavano come trattare con lo Stato"
di AMDuemila - 25 novembre 2014
Roma. Il boss Leoluca Bagarella aveva conosciuto in carcere alcuni estremisti destinati ad essere "coinvolti in cose che la mafia non aveva mai fatto prima". Lo ha rivelato il pentito Gioacchino La Barbera nel corso del processo Capaci bis sulla strage del 23 maggio 1992. Il collaboratore di giustizia ha detto che Bagarella gli disse di "aver conosciuto in galera delle persone serie. Non so se di destra o di sinistra, ma diceva che erano in grado di spiegargli come trattare con lo Stato e suggerirgli cosa fare per dare fastidio allo Stato”.

Fonte ANSA


Capaci bis, La Barbera: “Fui io a collegare il detonatore il giorno della strage”
di AMDuemila - 25 novembre 2014
“L’esplosivo fu collocato nel cunicolo tempo prima ma il giorno dell’attentato fui io a collegare i fili per il detonatore”. Gioacchino La Barbera, collaboratore di giustizia che ha partecipato all’Attentatuini nella sua fase esecutiva, ha raccontato alcuni particolari inediti durante la sua testimonianza. “La ricevente era spenta e quando ricevemmo la telefonata io avevo il compito di accenderla. Non posso escludere di aver collegato anche i fili del detonatore perché ricordo che c’era un certo pericolo nel lasciare tutto là”. Del compito dell’ex boss di Altofonte aveva parlato anche ieri il pentito Brusca ed oggi si ha una conferma. “Io mi ricordo che lasciare lì la ricevente era un bel rischio. Io mi limitai ad inserire il circuito. Se era tutto apposto? Assolutamente sì. Il materasso che avevamo lasciato a copertura del cunicolo era al suo posto. Non so se qualcuno può essere intervenuto per inserire altro esplosivo. Mi sento di escluderlo però”. Alla domanda del pm Sava sul perché non vi fu alcuna preoccupazione dopo aver visto degli sconosciuti di Cosa nostra durante le fasi di preparazione il pentito ha risposto che “non era affar nostro in quanto i responsabili erano altri. Se Biondino e Troia erano tranquilli ed anche Brusca era tranquillo. Per questo motivo mi risposi che doveva essere qualcuno di fidato e non ci spostammo”. Tuttavia sul punto restano alcuni dubbi in quanto, come fatto notare dai pm, “In un’altra occasione vi eravate spostati da una villa dopo che una signora vi aveva notato”. Sempre rispondendo alle domande dei pm Luciani, Dodero e Sava ha poi parlato del ritrovamento nella casa di Gioé, in via Ughetti, di un block notes della Camera dei deputati. “Fu un regalo di Gaspare Lo Nigro. Era un giovane deputato a noi vicino. Si era adoperato per far ottenere gli arresti ospedalieri a Bernardo Brusca. Noi riuscivamo ad entrare e fare i summit con lui tranquillamente sotto i carabinieri mai ci chiesero i documenti. Lo Nigro si vantava anche di essere uno dei servizi segreti. Diceva che ci avrebbe potuto portare alla Camera senza problemi.



Capaci bis, La Barbera: “Non era importante l’esito della strage. Si doveva dare un segnale”

di AMDuemila - 25 novembre 2014
“Non era importante il risultato della strage di Capaci. La bomba era per Falcone ma ad essere importante era il segnale che si dava”. A dirlo è il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera rispondendo alle domande del pm Lia Sava durante il processo Capaci bis, in corso al carcere Rebibbia di Roma. “I fatti dimostrano quel che dico. Se Falcone non si fosse trovato alla guida non sarebbe morto. Era stata messa in conto la possibilità che non sarebbe andato in porto. Io avevo confidenza con Gioé lui credeva che c’erano grandi possibilità di fallimento. E Brusca e Bagarella pure dicevano che bastava un segnale”. L’ex boss di Altofonte ha poi spiegato il motivo per cui la strage venne fatta a Capaci. “Si doveva dimostrare che in Sicilia comandavamo noi. Riina voleva così. Riunì anche le famiglie di Trapani e di Catania. Era una prova di forza. Doveva essere eclatante. Capaci, via d’Amelio, poi ha anche trovato altri schizzati come i Graviano per fare gli attentati fuori dalla Sicilia. Io non so chi ha consigliato a Bagarella di fare questi attentati. Lui non avrebbe mai potuto sapere cosa fossero gli Uffizi a Firenze. Queste erano cose per far sottomettere lo Stato”. Il pentito, stimolato dai pm, ha anche ricordato la presenza di alcuni soggetti esterni a Cosa nostra durante le fasi preparative della strage. “A Rebottone ricordo la presenza di un soggetto che non mi fu presentato ma credo si trattasse di qualcuno che conosceva Brusca. Mi pare che lavorava presso una cava. Poi ricordo altre due figure diverse nei villini a Capaci. La prima volta era nel giorno della preparazione dei bidoncini di esplosivo. Questa persona era per forza fidata perché entrò in casa con Troia e si capiva che non si stava facendo un pranzo. Non aveva segni particolari al volto. Ricordo che con Gioé ci voltammo. Un’altra volta fu alla villetta dove aspettavamo la telefonata per l’arrivo di Falcone. Furono comunque incontri di pochi minuti tanto che io pensai che si trattasse di un giardiniere o di un proprietario della villetta”.


Capaci bis, La Barbera: “Mai prima di Capaci usammo così tanto esplosivo”
di AMDuemila - 25 novembre 2014
“Caricammo dodici, tredici bidoncini, da 20-25 kg ognuno. Ancora non sapevo per chi era tutto quell’esplosivo ma mai prima d’ora ne avevamo utilizzato così tanto”. A dirlo è Gioacchino La Barbera, teste al processo Capaci bis che si sta celebrando in trasferta presso il carcere Rebibbia di Roma. “Utilizzammo due tipi di esplosivo. Uno era granuloso, l’altro era di tipo farinoso - ha detto l’ex boss di Altofonte - Le operazioni di travaso vennero eseguite in una villino a Capaci. Fu Rampulla a suggerire il da farsi. Ci spiegò che per avere una maggiore deflagrazione era importante mescolare i due tipi di esplosivo. E di fatti nel cunicolo dovevamo inserirli in maniera alternata”. Il pentito sta raccontando ai giudici della Corte d’assise di Caltanissetta le varie fasi di preparazione dell’Attentatuni che portò alla morte Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. La Barbera partecipò anche all’inserimento dell’esplosivo nel cunicolo scelto: “Le operazioni non furono semplici perché era particolarmente stretto. Quando entrai ricordo che tanto era stretto che mancava l’aria. Una volta uscito dissi ‘Qui ci moriamo noi’. Lo stesso disse anche Brusca. Poi entrò Gioé e riuscì ad arrivare fino al centro dell’autostrada. Per operare utilizzammo un skateboard munito di ruote ed agganciato ad una corda. Utilizzammo una torcia, i guanti sempre, anche del mastice per impedire che il filo del detonatore si strappasse”.

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