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Capaci bis, Brusca: “Per la strage non ho visto persone esterne, io ero il dominus”
di AMDuemila - 24 novembre 2014
“Persone fuori Cosa nostra hanno partecipato la strage? Per quanto mi riguarda il dominus su Capaci ero io”. Così risponde il pentito Giovanni Brusca, detto ”il Verro” (il porco), sta rispondendo alle domande del pm Dodero al processo Capaci bis, che si sta tenendo presso l'aula bunker Rebibbia di Roma. “Né durante le fasi di preparazione né in quelle di esecuzione ricordo persone estranee”. Brusca ha poi parlato, con la voce che tradiva un filo di emozione, il momento dell'attentato. “C'era Gioé che mi diceva vai, vai. Lo ha ripetuto tre volte prima che premessi il pulsante. Per tre settimane avevamo fatto appostamenti. Era tutto organizzato Ganci e Cancemi dovevano osservare le auto partire dalla casa. Ferrante all'aeroporto ci avrebbe confermato l'arrivo di Falcone. La Barbera, in macchina, doveva darci la velocità del corteo. Avevamo lasciato un frigorifero per individuare il momento per dare l'impulso. Ci accorgemmo a vista d'occhio che il corteo era improvvisamente rallentato”. In base ai programmi iniziali a premere il pulsante in quel 23 maggio del 1992 sarebbe dovuto essere Pietro Rampulla. “Quel giorno ebbe un problema familiare. Mi chiese se era un problema ma gli dissi che poteva anche non venire. Io ero in grado di fare tutto. Sarebbe stato lui solo per 'ospitalità' perché l'avevamo chiamato apposta per quella strage”. Brusca ha anche confermato che durante le fasi di caricamento del tunnel di scolo che passava sotto l'autostrada di Capaci erano stati utilizzati torce e guanti, un dato importante considerato che dalle analisi compiute ad anni di distanza è stata rinvenuta un'impronta su una torcia, rinvenuta a 63 metri dal cratere porta con le impronte del boss Salvatore Biondino. “Da quel che so c'era chi aveva il compito di far sparire tutto. Dopo le operazioni di travaso dell'esplosivo ad esempio Troia fece un gran falò. Però non so se queste cose poi erano state fatte sparire”.


Capaci bis, Brusca: “Riina mi disse che avevamo tanto esplosivo per la guerra allo Stato”
di AMDuemila - 24 novembre 2014
“Eravamo nel momento storico delle stragi. Riina che avevamo una disponibilità di esplosivo tale che si poteva fare la guerra allo Stato. Mi disse che l'avevano i picciotti, riferendosi ai Graviano”. A dirlo è l'ex boss di San Giuseppe Jato Giovanni Brusca, durante la sua deposizione davanti alla corte d’assise di Caltanissetta, nel processo Capaci Bis. Il collaboratore di giustizia sta raccontando le fasi di preparazione dell'attentato entrando nel particolare della raccolta dell'esplosivo. “Avevamo più forniture. Oltre a quello recuperato dalla cava Inco, c'era quello portato da Biondino. Di questo esplosivo mi parlò anche Riina dicendo che proveniva dai pescatori”. Prima della strage vennero effettuate diverse prove sia per verificare la capacità distruttiva dell'esplosivo che la velocità di trasmissione dell'impulso. “Per stabilire il luogo in cui colpire mi confrontai anche con Pietro Rampulla e lo stesso Piediscalzi – ha ricordato Brusca - Loro mi spiegarono che l'ideale era utilizzare l'esplosivo in luoghi particolarmente stretti. Delle prove vennero fatte in contrada Rebottone e in quell'occasione portò dell'esplosivo anche Gioé. Era quello avanzato da un attentato alle sedi della Dc. Per Capaci avevamo comunque un certo quantitativo di esplosivo. Quello della Inco doveva essere utilizzato anche per uccidere Pietro Grasso nell'autunno del 1992”.


Capaci bis, Brusca: “Due progetti per uccidere Falcone dopo la sentenza del maxi”
di AMDuemila - 24 novembre 2014
“Dopo la sentenza del maxi processo c’erano due progetti di attentato a Falcone. Uno su Roma e l’altro su Palermo. Del primo erano incaricati Matteo Messina Denaro, Sinacori, Spatuzza ed altri e da quello che so era previsto per con armi convenzionali. Poi su Palermo c’era un progetto per l’utilizzo dell’esplosivo”. A parlarne è Giovanni Brusca, il collaboratore di giustizia di San Giuseppe Jato che fu protagonista della strage di Capaci premendo il pulsante che uccise Falcone, la moglie e gli agenti di scorta. “Avevamo già fatto attentati di questo tipo con Chinnici, Carlo Palermo e nel ’91 contro il clan dei Greco - prosegue Brusca - Avevamo esperienza. C’erano stati anche degli attentati dimostrativi contro le sedi della democrazia cristiana tra la morte di Lima e la strage di Capaci. L’idea di questi ultimi attentati Biondino mi diceva che erano fatti per far comparire questi attentati come se fosse un fattore politico e non di Cosa nostra. Doveva essere un qualcosa per creare confusione, quasi un depistaggio. Era la prima volta che Riina consentiva questo tipo di attentato. Io mi adoperai per Morreale e Messina, i Graviano a Misilmeri e Biondino presso Isola delle Femmine”. Tornando sull’attentato a Falcone Brusca ha aggiunto: “Mi diedero la priorità per quella strage dicendomi di spicciarmi su quello che dovevo fare. Falcone era un nostro nemico dichiarato e dal 1983, dopo Chinnici, c’erano progetti di attentato nei suoi confronti. Anche io mi adoperai con appostamenti. Quando Riina mi diede l’incarico di occuparmi di Falcone nel 1992 io entrai in contatto con il gruppo di Biondino, Raffaele Ganci e Totò Cancemi. Il primo mi parlò dell’idea di utilizzare un sottopasso. Gli altri due mi parlarono di un cassonetto vicino l’abitazione del magistrato. Io però potevo scegliere. L’esplosivo usato? Riina sapeva che io avevo in disponibilità quello della cava Inco di Camporeale. Lo usammo anche per altri attentati”.



Capaci Bis, Brusca: “Parlai di Dell’Utri dopo l’incontro con Rita Borsellino”

di AMDuemila - 24 novembre 2014

“Il giorno che incontrai Rita Borsellino, nel 2007, fu uno dei giorni più belli della mia vita. Compresi il grande sforzo che questa donna aveva fatto per vedere da vicino uno dei carnefici di suo fratello, anche se non ho partecipato materialmente all’attentato”. A parlare è Giovanni Brusca, ex boss di San Giuseppe Jato, che sta rilasciando dichiarazioni al processo Capaci Bis, in corso in trasferta al carcere Rebibbia a Roma. Brusca ha parlato dei motivi che lo indussero a non affrontare certi argomenti. “C’erano alcuni particolari a cui io non avevo dato peso. Quando Rita Borsellino mi chiese un incontro a quattr’occhi io diedi la mia disponibilità ma non ci vedemmo più. Mi chiesi perché e probabilmente era perché c’era un’indagine su di me per cui poi sono stato assolto. Io comunque parlai con i magistrati. A quel tempo proiettavano spesso l’intervista di Paolo Borsellino con i due giornalisti francesi in cui parlò di Dell’Utri e Berlusconi. Io dissi che da quello che sapevo non era quello il motivo per cui il giudice fu ucciso. A me Riina fece i nomi di Dell’Utri e Mangano ma mi disse che non era interessato a quella cosa”. Il processo Capaci bis si terrà a Roma fino al 29 novembre. La Corte d’Assise di Caltanissetta ascolterà la deposizione di alcuni collaboratori di giustizia. Domani sono in programma gli interrogatori di Gioacchino La Barbera e Mario Santo Di Matteo; il 26 Calogero Ganci, Fabio Tranchina, Salvatore Grigoli e Pietro Romeo; il 27 novembre spazio alla difesa per il controesame. Venerdi’ 28 verranno chiamati a deporre alcuni collaboratori di giustizia della ‘Ndrangheta: Consolato Villani, Paolo Iannò e Giuseppe Lombardo. Infine, sabato 29 novembre Antonino Fiume, anche lui collaboratore della ‘Ndrangheta e controesame di Giovan Battista Ferrante. Alla sbarra i boss Salvino Madonia, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello. Il collegio difensivo e’ composto dagli avvocati Flavio Sinatra, Piera Farina, Vincenzo Vitello, Enrico Tignini, Barbara Amicarella e Salvatore Petronio.

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