Il verbale dell'ex pm Donadio depositato al processo Borsellino quater
di AMDuemila
A fine 2012, quando il pentito Nino Lo Giudice non aveva ancora ritrattato per poi fuggire, promise degli scatti al procuratore della Dna Gianfranco Donadio: alcune foto di Giovanni Aiello, ex poliziotto e, secondo più di un collaboratore di giustizia, quel “faccia da mostro” considerato coinvolto in molte stragi ed omicidi eccellenti. Il giorno dopo, però (si legge sul Fatto Quotidiano) le buste consegnate dal magistrato a Lo Giudice, che avrebbe dovuto riempirle con le istantanee, ritornarono al mittente piene di fogli bianchi. Con un appunto: “Contiene le foto promesse”, e un video in cui il collaboratore calabrese accusa di essere stato costretto a fare il nome di “faccia da mostro”.
Oggi, dopo essere stato arrestato a seguito della fuga, Lo Giudice ha confermato tutte le precedenti dichiarazioni, comprese quelle su Aiello. Termina però la pista su cui si basava l'indagine portata avanti da Donadio, precedentemente incaricato dall'attuale presidente del Senato Piero Grasso di fare luce sulle indagini tuttora aperte sulle stragi del '92 e '93. In particolare sul ruolo che avrebbero ricoperto elementi riconducibili ai servizi segreti e ad ambienti “deviati” dello Stato. Il racconto della sua indagine è contenuto in un verbale che è stato depositato al processo Borsellino quater.
Secondo Donadio l'azione di Lo Giudice sarebbe stata “concordata con terzi”. Ed effettivamente tempo dopo il pentito calabrese parlò di un incontro con due uomini in borghese, a parere di Lo Giudice appartenenti ai servizi, e uno “mi disse di stare attento a toccare certi argomenti, soprattutto in futuro”.
In seguito sull'indagine di Donadio ci fu una sorprendente fuga di notizie su Il Sole 24 ore e L’Ora della Calabria in merito al resoconto di due riunioni nel quale il pm aveva esposto gli sviluppi di un’indagine. Una divulgazione dal magistrato definita “inqualificabile”. L'allora procuratore Grasso, è la precisazione di Donadio, “era informato di tutte le mie iniziative”. Nonostante ciò nel 2013 il Csm aprì una pratica sul magistrato, accusandolo di aver portato avanti indagini “parallele” e compromettendo così il lavoro svolto dalle altre procure.
Ad ottobre 2014 l'ex sostituto della Dna, oggi parte della commissione Moro, è stato sentito a Catanzaro come parte offesa nel processo per calunnia di Lo Giudice, ed ha spiegato nel verbale che la sua intenzione era di “seguire la pista sull’operatività di un’organizzazione terroristica che ha affiancato Cosa nostra nella stagione stragista”, toccando molti “buchi neri” del nostro Paese: il fallito attentato all'Addaura, la scomparsa degli agenti Piazza e Agostino, la bomba di via dei Georgofili, attraverso numerosi colloqui investigativi ed atti d'impulso trasmessi a diverse procure (Palermo, Caltanissetta, Catania, Reggio Calabria, Firenze).
Questa mattina Aiello è stato sentito per la prima volta al processo Borsellino quater, ma già al Capaci bis, sempre a Caltanissetta, i pubblici ministeri avevano contestato la credibilità dei collaboratori della pista seguita dalla Dna. Non solo Lo Giudice, ma anche Consolato Villani, cugino di Nino “il Nano”.
Entrambi hanno parlato di un uomo dal volto sfregiato e di una donna bionda, secondo Lo Giudice, “una guerrigliera, addestrata militarmente a Capo Marrargiu, perfino più pericolosa dell’uomo”. Su “faccia da mostro”, invece, il pentito ha ricordato che si vantava di essere coinvolto nelle stragi del '92, negli omicidi Agostino, nell'agguato a Ninni Cassarà e perfino nel delitto del piccolo Claudio Domino, undicenne ucciso nel 1986. La Dna aveva chiesto all'Ucigos di selezionare i profili delle terroriste in quanto, ha spiegato Donadio, “a Milano in via Palestro venne vista una donna bionda, e tracce dell’operatività di un soggetto femminile furono riscontrate anche in via Farro (Fauro, ndr) e in via dei Georgofili a Firenze”.
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