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toghe pdomandedi Aaron Pettinari
Al Borsellino quater la deposizione di Francesca Castellese

“Non potete capire, io sto male, per me essere qui oggi è motivo di dolore”. E' una deposizione drammatica quella di Francesca Castellese, madre del piccolo Giuseppe Di Matteo (il bimbo rapito, ucciso e sciolto nell'acido), ascoltata quest'oggi al processo Borsellino quater. L'audizione della donna si è resa necessaria per chiarire il contenuto di un'intercettazione del 14 dicembre del 1993 in cui questi si trova a colloqui con il marito, Mario Santo Di Matteo, presso i locali della Dia, a poche settimane dalla scomparsa del figlio. Un dialogo concitato e dai toni accesi in cui la madre appare disperata, con il padre che è convinto che per suo figlio non c'è più nulla da fare, dove lei stessa invita il marito a non parlare più. Un passaggio che è stato letto in aula dal pm Stefano Luciani che ha anche ricordato le minacce ricevute, il primo dicembre, con un bigliettino, la foto del figlio e la scritta “attoppaci la bocca”. Neanche il tempo di iniziare a leggere il contenuto dell'intercettazione che subito la madre del piccolo Di Matteo è intervenuta: “Io riferisco a mio marito quello che leggo ai giornali”.

CASTELLESE: tu a tò figliu accussì l’ha fari nesciri, si fa questo discorso
DI MATTEO: ma che discorso? Ma che fa
CASTELLESE:  parlare della mafia
DI MATTEO: Ah, nun ha caputu un cazzu
CASTELLESE:  come non ha caputu un cazzu?
Parlano sottovoce
CASTELLESE: Oh, senti a mia, qualcuno è infiltrato (?) per conto della mafia
DI MATTEO: (?)
CASTELLESE:  Aspè, fammi parlare (incomprensibile) Tu questo stai facendo, pirchì tu ha pinsari alla strage di BORSELLINO, a BORSELLINO c’è stato qualcuno infiltrato che ha preso (?)
DI MATTEO: (?)
CASTELLESE:  Io chistu ti dicu … forse non hai capito
DI MATTEO: tu fa finta, ora parramo cu’…
CASTELLESE:  Io haia a fare finta, io quannu cu’ papà ci dissi ca dà vota vinni ni tì capito, parlare cu to figlio
Parlano sottovoce e velocemente: incomprensibile
DI MATTEO: No tu dici se u’ sannu, lu sta dicinnu tu
CASTELLESE: capire se c’è qualcuno della Polizia infiltrato pure nella mafia e ti …  
DI MATTEO: Cu?
CASTELLESE: mi dievi aiutare da tutti I punti di vista, picchì iu mi scantu, mi scantu
DI MATTEO: intanto pensa a to (figliu)
(…..)
CASTELLESE:  cioè io pensu au picciriddu, caputu? Tu m’ha capiri! Però, Sa, u discursu è chuistu, nuatri hamma a fari (?)
Incomprensibile, parlano a bassa voce
DI MATTEO: Iddu mi dissi, dice, tò muglieri (?) suo marito ava a ritrattari (Inc.) Iddu, BAGARELLA e Totò (?) sanno pure che c’hanno..

Nonostante sia chiaro che è la Castellese ad aver introdotto il tema sulla strage di Borsellino e sulla presenza di soggetti infiltrati che hanno preso qualcosa (forse l'agenda rossa del giudice?, ndr) la donna oggi in aula ha detto di non ricordare quella conversazione. “Lo giuro di fronte alla Corte ed anche di fronte a Dio, mio marito non mi fece mai confidenze su certi fatti né prima né dopo la collaborazione. L'avrei lasciato sicuramente se sapevo prima certe cose. Io ero disgustata quando le appresi. Sono stata male, continuo a star maule ed avrei preferito che avessero fatto morire me e non mio figlio. Io di sicuro non sono stata contattata da nessuno”.
Più volte il pm ha sollecitato il ricordo sul punto della donna, sempre nel rispetto del dolore dovuto dalla scomparsa tragica ed atroce del figlio, ed a quel punto la Castellese ha ribadito di non essere stata contattata da nessuno, anche se non era quella la domanda che il magistrato le stava rivolgendo. “Non so dare una spiegazione – ha continuato – non c'era un motivo. Quella persona che ero 23 anni fa è morta dalla testa ai piedi ed ora non so darle una risposta”.
Ugualmente la donna ha ribadito di non aver ricevuto minacce da soggetti esterni a Cosa nostra, né all'epoca, né negli anni successivi. Unico dettaglio forntio, l'avvelenamento di alcuni animali che avevano in campagna. Un fatto avvenuto una ventina di anni addietro.
Alla stessa maniera non si sono potuti fornire ulteriori chiarimenti sul perché il marito, con cui ha detto di non avere più rapporti, intervistato dal Tg1 il 23 novembre 2008, aveva dichiarato che avrebbe presto fatto “i nomi dei killer della strage di Via d’Amelio”.

Lo stesso Mario Santo Di Matteo, durante l'udienza del maggio 2014 non aveva dato una spiegazione chiara su questi fatti. Il che contribuisce ad alimentare il sospetto che sulla strage di via d'Amelio il contributo alla giustizia non sia stato totale, a prescindere dalla comprensione del dolore e della paura che si può avere, tenendo conto che i due ex coniugi hanno un secondo figlio. La Corte, presieduta da Antonio Balsamo, su nuova richiesta dei Pm, a differenza dei precedenti pronunciamenti sul punto, ha revocato l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti degli imputati Madonia e Tutino. Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 19 febbraio, per permettere alla nuova difesa dell'imputato Vincenzo Scarantino (a seguito della rinuncia dell'avvocato Vania Giamporcaro) di rileggere tutti gli atti del procedimento. Alla prossima udienza saranno citati come testi (alcuni di questi slitteranno al 25 febbraio, ndr) gli ispettori di polizia Mario Bo e Vincenzo Ricciardi, i poliziotti indagati e poi archiviati per il presunto depistaggio nelle prime fasi dell'indagine sulla strage, gli ispettori Domenico Militello e Giacomo Pietro Guttadauro, i due sottoufficiali che si occuparono di Scarantino durante il suo periodo di detenzione a Pianosa (indagati di reato connesso, ndr), l'ex moglie di Scarantino Rosaria Basile, uno degli inquirenti che hanno compiuto gli accertamenti sul citofono dell'abitazione della madre di Borsellino in via d'Amelio, la dottoressa Calvauno, consulente che ha redatto una relazione grafologica, ed il professor Petralia.

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