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aula-bunker-rebibbia-effdi Aaron Pettinari - 10 novembre 2014
Sul pretorio nell’aula bunker di Rebibbia, a Roma, viene sentito l’ex direttore del Dap. L’ex Capo dello Stato e l’ex ministro della giustizia hanno dato forfait per motivi di salute e verranno acquisiti i verbali
La trasferta romana del processo Borsellino quater all’aula bunker di Rebibbia dovrà fare i conti con due “assenze eccellenti”, quelle dell’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e dell’ex Guardasigilli Giovanni Conso. A causa delle precarie condizioni di salute entrambi non potranno fornire la propria testimonianza “de visu” e con ogni probabilità le parti non potranno far altro che acquisire le dichiarazioni già rese ai pm e trascritte nei verbali d’interrogatorio. Tema centrale della loro deposizione sarebbe stata la gestione del 41 bis nella stagione delle stragi. Da una parte Conso sarebbe stato chiamato a spiegare le motivazioni che lo indussero a non prorogare oltre 300 provvedimenti di 41 bis tra maggio e novembre del 1993.

Una decisione che l’ex ministro ha sempre sostenuto di aver preso in “perfetta autonomia” escludendo che fosse stata usata come contrappeso nella trattativa con i boss di Cosa Nostra per mettere fine alle stragi. Conso, iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Palermo per falsa testimonianza così come l’ex capo del Dap Adalberto Capriotti (anch’egli tra i testi previsti per l’udienza odierna a Rebibbia, ndr) sarebbe stato sentito come semplice teste e forse avrebbe potuto fornire qualche chiarimento ulteriore alla propria versione alla luce dei recenti documenti, portati alla luce proprio nel corso del processo trattativa, in cui si dimostra che in quell’estate del ’93 vi fosse una certa discussione sul carcere duro e su come il 41 bis fosse considerato proprio come il possibile movente delle stragi di quel periodo. L’argomento della trattativa Stato-mafia entra nel processo sulla strage di via d’Amelio in quanto, secondo i pm nisseni, proprio questa potrebbe essere uno dei moventi che ha portato all’eliminazione del giudice Paolo Borsellino, che al dialogo tra Cosa Nostra e pezzi delle istituzioni si sarebbe opposto. Sul 41 bis avrebbe dovuto rispondere anche Ciampi. A lui i magistrati avrebbero chiesto del timore di un golpe imminente, denunciato dallo stesso ex presidente della Repubblica anni fa in un’intervista, quando, dopo le stragi del Continente, ad agosto del 1993, si verificò a Palazzo Chigi un improvviso black out.

Corrispondenza Napolitano
Di questo episodio ha recentemente parlato anche l’attuale Capo dello Stato, Giorgio Napolitano (all’epoca Presidente della Camera, ndr) durante la deposizione quirinalizia al processo trattativa. Rispondendo ai pm sugli attentati di quel biennio ha parlato chiaramente di “aut aut” che potesse avere come obbiettivo “la destabilizzazione politico-istituzionale del Paese”. Un “Ricatto o addirittura pressione a scopo destabilizzante di tutto il sistema… probabilmente presumendo che ci fossero reazioni di sbandamento delle autorità dello Stato”. E sul black out di palazzo Chigi: “Lo ricordo benissimo. Poteva considerarsi un classico ingrediente di colpo di Stato anche del tipo verificatosi in altri paesi lontani dal nostro, questo tentativo di isolare diciamo il cervello operante delle forze dello Stato, blocchiamo il governo, il capo del governo, l’edificio in cui vengono prese le decisioni del governo, dopo di che possono rimanere senza guida le forze di polizia, le forze dell’ordine e questo certamente è ciò che aveva in modo particolare impressionato Ciampi e che l’aveva indotto a parlare di qualcosa che poteva essere assimilato a un tentativo o un vago progetto di colpo di Stato… Il fulcro della responsabilità era senz’alcun dubbio il governo e non a caso il black out l’avevano fatto i presunti eversori a Palazzo Chigi, non a Montecitorio né a Palazzo Madama… Il bersaglio, e di conseguenza la sede delle decisioni da prendere era Palazzo Chigi, era il governo”. I pm nisseni dovranno quindi “accontentarsi” di rivolgere in questo primo giorno delle domande all’ex Capo del Dap, Adalberto Capriotti, l’uomo piazzato al vertice del Dipartimento amministrazione penitenziaria direttamente da Oscar Luigi Scalfaro per sostituire Niccolò Amato. Proprio Amato sarà ascoltato dai giudici martedì, insieme a Luciano Violante. L’ex presidente dell’ Antimafia dovrà raccontare ai giudici della richiesta dell’ex sindaco mafioso di Palermo, pervenutagli tramite il colonnello Mario Mori, di essere ascoltato, nel 1992, dalla Commissione Antimafia di cui Violante era presidente. Un fatto di cui Violante informò persino lo stesso Napolitano come confermato dal Presidente della Repubblica alla corte d’assise di Palermo. E che ha taciuto per oltre vent’anni.

Tratto da: loraquotidiano.it

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