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strage-via-damelio-big1di AMDuemila - 22 ottobre 2013
Come da programma si è svolto quest'oggi il controesame del falso pentito Salvatore Canduta, autoaccusatosi in un primo momento del furto della 126 utilizzata per la strage di via d'Amelio, all'udienza del processo “Borsellino quater”, in corso innanzi alla Corte d'assise di Caltanissetta. Una deposizione che ha messo in evidenza tanti lati oscuri inerenti le prime indagini sull'attentato in cui persero la vita il giudice Borsellino e gli uomini della scorta, ma anche sulla gestione dei pentiti.

Candura ha riferito in particolare di certi interrogatori da lui affrontati al tempo dell'inizio della propria collaborazione con la giustizia. Interrogatori “eterni” che duravano “ore ed ore” a causa delle ripetute interruzioni ogni qual volta non sapeva come rispondere o scoppiava a piangere. “Il magistrato che mi interrogava se ne accorgeva – ha detto Candura, anche se di quelle interruzioni non vi è alcuna segnalazione nei verbali – che io piangevo senza fermarmi. A quel punto Arnaldo La Barbera chiedeva la sospensione e durante la pausa mi appartavo, parlavo con La Barbera e quando tornavo riprendeva l’interrogatorio”.
Candura ha anche detto che durante le prime fasi istruttorie delle indagini dopo la strage “i magistrati non mi hanno mai chiesto di individuare i luoghi dove era stata rubata la Fiat 126”.
Quindi Candura è tornato a parlare delle sue false dichiarazioni nei verbali. In particolare ha affermato di aver mentito quando nel dicembre 1993 disse di aver ricevuto inizialmente da Vincenzo Scarantino, altro falso pentito di via d'Amelio, 150.000 lire e successivamente un quantitativo di eroina del valore di circa 20 milioni delle vecchie lire, quale compenso per aver commesso il furto della 126 utilizzata come autobomba contro il giudice Borsellino.
“Dissi così, ma era tutto falso - ha detto - per rendere più credibile la mia versione sul furto della macchina. La droga poi la cedetti a un certo Franco. Sulla vicenda però non sono mai stato indagato”.
Durante la deposizione l'ex pentito si è nuovamente rivolto alla Corte ribadendo di temere per la propria vita in quanto circa un mese fa un incendio, nei pressi della sua abitazione, ha distrutto uno scooter di sua proprietà. Il rogo si era propagato ad altre tre auto, ma per i vigili del fuoco non c'erano elementi per stabilire che l'incendio sia stato di origine dolosa. Il processo è stato quindi rinviato a giovedì prossimo.

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