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Interrogata la moglie dell'ex pentito che si autoaccusò del furto della 126
di Aaron Pettinari - 4 luglio 2013
Salvatore Candura, l'ex pentito che si autoaccusò del furto della 126 utilizzata come autobomba per la strage di via d'Amelio, avrebbe rischiato l'ergastolo se avesse ritrattato. Per questo motivo non disse mai nulla, anche se alla ex moglie, Rosaria Bronzollino, aveva detto che lui non c'entrava niente. La donna è stata sentita questa mattina come teste dalla Corte d'Assise nel processo “Borsellino quater”. Secondo quanto riferito dalla donna a prospettare l'eventualità sarebbe stato l'allora dirigente della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera e l'allora funzionario di Polizia, Vincenzo Ricciardi.
Candura, dopo essere stato arrestato il 5 settembre del '92 per violenza sessuale (accusa dalla quale venne poi assolto) assieme a Roberto e a Luciano Valenti, zio e nipote, mentre era in cella con quest'ultimo, si autoaccusò del furto dell'utilitaria. Alla moglie però avrebbe detto di essere innocente, “di non aver commesso alcuna violenza sessuale che era solo una scusa e che non sapeva niente della macchina”.
In un secondo momento confidò alla donna anche di essere stato costretto ad autoaccusarsi di quel furto.

La donna, che aveva abbandonato il marito un mese dopo l’ammissione nel programma di protezione, per poi rientrare tempo dopo, ha ricordato di aver chiesto in più occasioni al marito di ritrattare le accuse visto che erano false, “ma lui mi disse che non poteva farlo. Mi disse che voleva ritrattare ma gli avevano detto che gli davano l’ergastolo per la strage”. Secondo la teste la stessa affermazione le sarebbe stata riferita più volte da Arnaldo La Barbera e Ricciardi. “Ogni uno e due mi prendevano e portavano in questura – ha detto la donna –io ero ormai di ‘casa’ alla Mobile. E più volte La Barbera, presente Ricciardi, mi disse che se mio marito ritrattava non usciva lo stesso e prendeva l’ergastolo”.
Dichiarazioni in parte inedite tanto che il pm Luciani ha sottolineato come non avesse mai detto queste cose “in maniera così netta, neppure quando è stata sentita nei processi e in procura” per poi chiederle il perché. E la Bronzollino ha risposto: “perché non me lo avete chiesto”. Prima di concludere il proprio esame la donna ha detto di aver saputo dal marito “che era stato costretto a dire quelle cose”.
La teste ha anche sostenuto che quando l'ex marito fu arrestato per violenza sessuale, fu portato nei locali della Squadra Mobile dove venne picchiato.
Prima della donna ad essere ascoltato è stato Andrea Grassi, direttore della prima divisione dello Sco della polizia di Roma che fu aggregato alla Mobile di Palermo dalla fine di maggio 1992 all’inizio di settembre dello stesso anno alle dipendenze del ‘capo’ Arnaldo La Barbera ed in particolare del capo della sezione omicidi, Salvatore La Barbera.
Questi, rispondendo alle domande del pm, ha parlato dei rapporti tra Arnaldo La Barbera e Ricciardo ricordando che “erano ottimi, come se si conoscessero da prima”. Grassi ha poi ripercorso  le indagini sul furto della Fiat 126 “che venne subito individuata come l'auto utilizzata come autobomba”. In particolare ha ripercorso le fasi che portarono all'arresto di Salvatore Candura. “Arnaldo La Barbera e Vincenzo Ricciardi seguivano personalmente e direttamente anche le indagini sulla violenza sessuale: il caso era legato al possibile coinvolgimento di Salvatore Candura al furto della Fiat 126. L’arresto per violenza sessuale fu quasi strumentale per l’altro. Vi era un'intercettazione sull'utenza di Pietrina Valenti, la proprietaria della Fiat 126, in cui la donna a colloqui con un'amica diceva di sospettare di un certo Salvatore”.  
Tra i testi ascoltati quest'oggi vi è stato anche Carmelo Guaggenti, del quale è stato acquisito il verbale d’interrogatorio reso ai Pm e che, sostanzialmente, oggi si è limitato a confermare che “effettivamente, per disgrazia, sono il cognato di Salvatore Candura”, e Raffaella Accetta.
Quest'ultima in un precedente verbale d'interrogatorio risalente agli anni delle stragi avrebbe affermato di aver avuto “una relazione con Vincenzo Scarantino”. Oggi ha negato tale ‘rapporto’, anzi parlando di presunte molestie subite per lungo tempo dallo stesso ex collaboratore di giustizia, per mezzo di telefonate, pedinamenti e minacce da lei non denunciate. “Mi diceva che aveva un sentimento forte per me ma io avevo paura” ha affermato la donna sostenendo di essere stata vittima di Stalking fino a quando Scarantino non venne arrestato. Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 18 luglio in quanto le tre udienze previste il 9, l'11 ed il 16 luglio sono state annullate a causa dello sciopero degli avvocati.

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