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di AMDuemila - 2 marzo 2013
La procura di Caltanissetta ha chiesto ieri al gip Lirio Conti la condanna, rispettivamente a 13 e 10 anni di reclusione, per i collaboratori Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina imputati nel processo abbreviato per la strage di via D'Amelio, il 19 luglio ‘92, in cui furono trucidati Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. Per l'ex collaboratore Salvatore Candura, accusato di calunnia aggravata perchè avrebbe mentito nelle dichiarazioni rese ai magistrati contribuendo così alle condanne nei precedenti processi, sono stati chiesti 10 anni e mezzo di carcere. Il nuovo filone d'inchiesta è nato dalle dichiarazioni di Spatuzza che hanno portato anche alla scarcerazione di mafiosi e presunti mafiosi che erano stati condannati in via definitiva a seguito delle dichiarazioni del falso collaboratore Vincenzo Scarantino.
Ad ottobre del 2011 la procura generale di Caltanissetta diretta da Roberto Scarpinato aveva avanzato la richiesta di sospensione della pena per boss del calibro di Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe Urso, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Gaetano Scotto, Gaetano Murana (condannati all'ergastolo), Vincenzo Scarantino e poi ancora Salvatore Candura, Salvatore Tomaselli e Giuseppe Orofino (condannati a pene fino a 9 anni).

Per i condannati detenuti Scarpinato aveva chiesto la sospensione dell'esecuzione della pena; per Orofino, Tomaselli e Candura, che avevano già espiato la condanna, era stata chiesta solo la revisione. Nella sua requisitoria Sergio Lari ha sottolineato che Paolo Borsellino è stato ucciso perché di ostacolo alla trattativa Stato-mafia. “Paolo Borsellino sapeva, sapeva della trattativa che apparati dello Stato avevano avviato con Cosa Nostra tramite Vito Ciancimino – ha evidenziato Lari –. Totò Riina lo riteneva un ‘ostacolo’ alla trattativa con esponenti delle istituzioni, che gli ‘sembrava essere arrivata su un binario morto’ e che per questo il capo di Cosa Nostra voleva ‘rivitalizzare’ con la strage”. Il procuratore Lari ha ribadito che diversi collaboratori di giustizia avevano parlato dell’accelerazione della strage di via D’Amelio, tra questi Salvatore Cancemi e Giovanni Brusca. Recentemente quest’ultimo ha evidenziato che: “Nel momento in cui cominciò la stagione stragista di attacco allo Stato, successivamente alla strage Falcone, cogliemmo dei segnali di debolezza da parte dello Stato e fu per questo che pensammo di sfruttare al massimo questa debolezza. Mi venne detto da Riina che vi era ‘un muro’ da superare ma in quel momento non mi venne fatto il nome di Borsellino. E’ sicuro, comunque, che vi fu una accelerazione nell’esecuzione della strage. Quando avvenne capii qual era il muro”. Dal canto suo il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Nico Gozzo, ha sottolineato “l’apporto fondamentale alle nuove indagini” scaturito dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. “Dichiarazioni che hanno permesso di aprire uno scenario nuovo e di scoprire che vi era stato un depistaggio”. Per Gozzo c’è stata “piena sincerità nelle confessioni da parte di Spatuzza, confessioni che sono riscontrate e che hanno permesso alla Procura non solo di ricostruire in maniera più dettagliata la dinamica della strage, ma anche di scoprire che in carcere vi erano degli innocenti”. Il ruolo di Fabio Tranchina è stato infine delineato dal sostituto procuratore nisseno Stefano Luciani. Tranchina ha di fatto indicato in Giuseppe Graviano l’uomo che ha schiacciato il pulsante che ha fatto esplodere l’autobomba in via D’Amelio. Per Luciani il pentimento di Tranchina è stato “travagliato” ma altrettanto “sincero”. Il processo è stato aggiornato a mercoledì prossimo.

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