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Indice articoli

L’articolo, inoltre, ricorda ancora i contenuti della relazione Anselmi, che rendeva ufficialmente noto che ai tempi dell’affaire Moro (durante il quale vi fu un’attiva opera di depistaggio svolta dal Musumeci) le indagini delle forze dell’ordine erano dirette da un Comitato di Coordinamento, composto in massima parte da piduisti quali i Generali Giudice, Torrisi, Santovito, Grassini, Lo Prete, e Siracusano.
Con riferimento a quanto appena esposto, Ilardo mi ripeteva che il Luigi Chisena, negli anni ’73 / ’74 era sceso in Sicilia su disposizione del Luciano Leggio ed era ospitato dalla sua famiglia alla quale si legava strettamente.
Sempre su disposizione del Leggio, poco dopo lo accompagnava in Calabria quale messaggero e garante di Cosa Nostra presso il boss della ‘Ndrangheta Domenico Tripodo. Scopo della missione era l’avvio di comuni attività criminali, quali il traffico dei Tabacchi e poi quello dei Sequestri di persona, strategie già concordate dai Capi mafiosi al tempo del loro comune soggiorno, prima in Torino e poi in Milano.
 Per non destare sospetti della sua presenza in Calabria l’Ilardo, tramite gli uffici del Chisena, trovava impiego, solo formale, presso l’azienda Liquilchimica di Saline Ioniche (RC).
Numerose erano le esperienze che Ilardo viveva in quel contesto e che lo portavano anche a legarsi saldamente ai figli del capo locale Iamonte Natale, prima uomo del boss Tripodo e poi transitato con i De Stefano, una delle famiglie mafiose più potenti di Reggio Calabria, autore di numerosi omicidi ed estorsioni tra le quali quelle alle imprese Lodigiani s.p.a. ed al costruttore Costanzo.
Lo Iamonte partecipò anche ai lavori che videro la costruzione dello stabilimento Liquilchimica di Saline Ionica.
Tra le tante notizie che il collaboratore mi riferiva, colpiva la mia attenzione quella che indicava l’assassinio del Giudice Scoppelliti come non voluto dai vertici del tempo di Cosa Nostra, ma originato nella sanguinosa faida che aveva portato allo scontro la cosca del Tripodo e dello Iannò contro quella dei De Stefano prima alleati.
Notizia che era discordante da quella riportata da altri pentiti, anche importanti, di matrice calabrese che indicavano la Cupola di Palermo quale mandante dell’omicidio; anni dopo, a riscontro, la Corte di Cassazione stabiliva l’estraneità di Cosa Nostra dal delitto.
Il Chisena, come massone, creava i presupposti per l’arrivo in Sicilia del Gran Maestro Savona Luigi, personaggio che realizzava l’ingresso di Cosa Nostra nella Massoneria, vedi inchiesta giudiziaria sul noto circolo culturale “Antonio Scontrino” di Trapani, dove risultarono operanti ben 6 Logge coperte, con tali criteri di segretezza che per una, la “Iside 2”, non esisteva traccia della sua esistenza negli atti della Commissione Parlamentare.
Il Savona, nell’estate del 1977, operava prima in Catania, con base all’hotel Excelsior e successivamente in Palermo e Trapani, portando a termine più incontri con i massimi esponenti di Cosa Nostra. Noti ed importanti sono anche i suoi rapporti con Pino Mandalari, il noto ragioniere di Riina.
Chisena, come uomo dei Servizi Segreti, si recò due volte all’interno dell’arsenale della Marina d’Augusta, in compagnia dell’Ilardo e di due agenti del Servizio, prelevando ogni volta una valigia contenente circa 50 Kg. d’esplosivo al plastico che il collaboratore ricordava di colore verde mare e che poi fu trasportato in Calabria.
Dato interessante era quello che acquisivo nelle successive indagini che sviluppavo sulle presenze Massoniche in Sicilia, dove risultava che il Capitano di Vascello Lo Iacono Giuseppe, nativo di Licata (AG), era stato comandante del Porto di Augusta ed iscritto alla Loggia “A. Lemmi” del Grande Oriente d’Italia in Roma.
In Roma, in Piazza Cavour, pochi giorni dopo il sequestro Moro, il Chisena incontrava prima il Savona Luigi e poco dopo due personaggi che, successivamente, all’Ilardo, presente all’incontro, qualificava come agenti dei Servizi. A questi venivano consegnate alcune mazzette di soldi che il Chisena prelevava da una borsa colma di denaro.
Il collaboratore (Ilardo), nel rimandare sul punto ogni discorso, mi faceva comprendere che il denaro in parte proveniva dal Traffico dei Tabacchi ed in parte dai sequestri di persona.
Molti contatti tra il Chisena e gli agenti dei Servizi Segreti, per come aveva modo di assistere Ilardo, avvenivano sul traghetto della linea Villa San Giovanni (RC) – Messina. In quelle occasioni il massone parlava con un responsabile e gli altri agenti sorvegliavano che tutto avvenisse in ambito tranquillo e riservato.
I Servizi Segreti coprivano la latitanza del Chisena e l’Ilardo mi riferiva di aver avuto modo di vedere i documenti personali di copertura utilizzati dall’amico e predisposti dal Servizio.
Erano delle tessere plastificate dai bordi di colore azzurro ed in occasione del primo arresto del Chisena, avvenuto nell’Agosto del 1975 ad un posto di blocco della Polizia Stradale in località agro di Lazzaro (RC), l’amico che guidava l’auto glieli aveva dati pregandolo di distruggerli, facendolo scendere e fuggire prima del suo fermo, compito che poi assolse in una vicina campagna dove si era nascosto, assistendo alla cattura del compagno.
In occasione dell’omicidio di Francesco Madonia, al quale era molto legato, il Chisena, per operare con un gruppo di persone sconosciute agli ambienti mafiosi avversi, fece giungere dalla Calabria alcuni suoi uomini, molto abili con le armi e tutti con un passato nella destra eversiva.
Uno di questi era Turro Annunziato Palmiro alias “Nuccio”, nativo di Reggio Calabria, che il Chisena aveva fatto evadere dall’ospedale civile di Reggio Calabria, dove questi era stato tradotto dal carcere di Messina per un intervento ad un occhio affetto da cateratta.
Il Turro era già noto quale elemento della destra eversiva reggina non solo per scontri a fuoco, durante i quali era rimasto anche ferito, ma anche a seguito del suo arresto con l’avvocato Nicola Bolignano di Reggio Calabria, di comune militanza politica, per la detenzione di bombe a mano e munizioni.
Insieme al Chisena e agli altri calabresi costituirà il commando che riuscirà ad uccidere il Calderone Giuseppe, mandante insieme al Di Cristina, già eliminato dai corleonesi, della morte di Madonia Francesco. Nell’occasione veniva ferito anche l’autista e guardiaspalle del boss, il Turi Lanzafame.
Ilardo, che aveva già conosciuto il Turro al tempo del suo soggiorno in Calabria, mi raccontava anche della collaborazione che questi, affiliato alla cosca di Domenico Martino, aveva offerto, al pari di altri esponenti della ‘Ndrangheta, ai Servizi Segreti nel gestire l’allontanamento prima dalla Calabria di Franco Freda e poi il suo espatrio in Francia.
Quanto detto trova conferma nelle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia calabresi Lauro e Barreca, che hanno compiutamente illustrato il ruolo avuto dai Servizi Segreti nella vicenda Freda con la partecipazione degli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, Natale Iannò e Domenico Martino, tutti affiliati alla ‘Ndrangheta e dai componenti della Famiglia Saccà.
Questo ulteriore flusso d’informazioni, integrato dai primi riscontri, mi permetteva di avere un quadro più chiaro di quegli eventi e le dichiarazioni rese dal Gen. dalla Chiesa ai magistrati Turone e Colombo di Milano assumevano maggiore importanza ai miei occhi, e non solo come autorevole riscontro, ma anche per i significati in esse contenuti.
Nel momento in cui Ilardo mi riferiva della consegna del denaro del Chisena ai due Agenti dei Servizi Segreti, ricordavo la vicenda giudiziaria dell’avvocato Minghelli e delle attività criminali poste in essere dalla Banda dei Marsigliesi, gli ultimi episodi indicati dal Generale che gli avevano fatto affermare che le azioni criminali attribuite alla Destra Eversiva, e verificatesi nella sua giurisdizione, trovavano supporto o sostegno in Ambienti Politici e non lontani dall’Ambiente della Massoneria.
L’avvocato Minghelli, figlio di un Generale della Polizia ed iscritto con il padre alla Loggia P2, era stato tratto in arresto insieme ad altri, tra i quali il suo cliente Albert Bergamelli, boss della banda dei “marsigliesi”, personaggio che al momento dell’arresto dichiarò di essere nazista.
L’indagine, diretta dal PM Vittorio Occorsio, riguardava alcuni sequestri di persona avvenuti in Roma e messi a segno dai “marsigliesi”. Noto quello del gioielliere Bulgari, marzo 1975, che aveva la sua esposizione principale in via Condotti, nello stesso stabile dove era presente la sede di copertura della loggia P2.
Il magistrato, nella sua inchiesta, ipotizzava che il clan dei sequestri fosse coinvolto in attività eversive, come già emerso in altre inchieste in Francia. Nell’indagine, il Minghelli era accusato di riciclaggio ed assistito dall’avvocato Arcangeli, già difensore del Saccucci (golpe Borghese), era subito prosciolto.
Il Sost. Proc. Occorsio, il 10 Luglio 1976, era assassinato da Concutelli ed il suo omicidio rivendicato da Ordine Nuovo. L’inchiesta dell’omicidio del magistrato sarà di competenza della Procura di Firenze e condotta dal dr. Vigna.
L’analisi del quadro investigativo al quale facevano riferimento ed ulteriore integrazione:
·    altri episodi che mi avevano condotto in parte ad avere conoscenza di quegli eventi e di alcuni di quei protagonisti del mio ambiente istituzionale – professionale che, con la doverosa eccezione per qualcuno, non si distinguevano per capacità operative o brillante ideazione e non erano dei simulatori;
·    il constatare che la frantumazione della Massoneria era solo un fatto formale in quanto le Obbedienze e le varie Logge spurie mantenevano tutte ottimi rapporti fra di loro con l’asserita volontà di raggiungere una riunificazione;

mi indirizzava a ritenere obbligatoriamente operante un Livello Superiore.
Apparato che, per meglio tutelare la propria identità ed il suo fine strategico, “Destabilizzare per Stabilizzare”, utilizzava sapientemente le tante pedine poste su scacchiere diverse ed utilizzando la Criminalità Organizzata a seconda delle zone di competenza e d’influenza.
Criminalità Organizzata che, più avveduta e pratica, preferiva perseguire il vantaggio degli Appalti Pubblici che altri romantici progetti di Golpe, anche perché poi era lo stesso Livello Superiore che li faceva abortire utilizzando allo scopo altri agenti ed assumendo anche il merito della “difesa” delle Istituzioni.
Michele Riccio

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