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Ancora misteri dietro il patto



E’ il legale di Brusca, l’avvocato Luigi Li Gotti, a sollevare un altro quesito che infittisce sempre più la nebbia attorno ai partecipanti espliciti e occulti della trattativa tra Stato e Cosa Nostra al tempo delle stragi. Un’analisi, come sempre, ricca di nuovi spunti e di amare constatazioni.

Avvocato Li Gotti, le motivazioni delle sentenze dei processi delle stragi: le bombe del ‘93, Capaci e soprattutto il «Borsellino ter», sia in primo che in secondo grado, confermano l’esistenza di due diversi tipi di trattative che sono intercorse fra uomini di Cosa Nostra e rappresentanti dello Stato.
Il fulcro della questione è questo famoso «papello» in cambio del quale Riina ordinerebbe la cessazione delle bombe. Il suo assistito, Giovanni Brusca, ha giocato un ruolo fondamentale nella ricostruzione degli eventi e ha dedotto anche le sue personali conclusioni. Qual è, invece, la sua opinione?

Innanzitutto va detto che non abbiamo alcuna traccia fisica del «papello» (*) il quale, secondo la testimonianza di Brusca, che parla di un gesto <<ha fatto un papello cosÏ>>, sarebbe l’elenco di richieste avanzate da Riina. Abbiamo invece prova di un foglietto su cui sono stati scritti i nomi di cinque grossi capi mafiosi a cui concedere benefici carcerari in cambio del ritrovamento di alcune opere d’arte rubate. Mi riferisco alla trattativa in corso tra Bellini e Gioé in cui questo strano personaggio si offre da tramite tra Cosa Nostra e i Carabinieri. Bellini, ora sotto processo a Reggio Emilia per una questione piuttosto inquietante, ha confessato di essere un killer della ‘Ndrangheta e così facendo ha consentito una grossa operazione di arresto di un’intera banda del clan calabrese dei Cutresi reo di aver commesso diversi omicidi e una strage in un bar. Vi sono anche alcune intercettazioni ambientali che provano le sue dichiarazioni.
Bellini incontra Gioè per la prima volta in carcere, in Sicilia, dove è detenuto sotto falso nome e soprattutto con un documento datogli dai servizi segreti.
Rispunta, poi, agli inizi degli anni ‘90 dicendo di aver bisogno di una mano per recuperare un grosso credito, circa un miliardo, per conto di una società del Nord, quindi si ricorda di Gioè.
In questo contesto poi si sviluppano il discorso del recupero di opere d’arte poiché i carabinieri, in particolare il maresciallo Tempesta del Nucleo del Patrimonio Artistico, domanda a Bellini se è in grado di rintracciare alcuni pezzi sottratti alla pinacoteca di Modena.
Il Bellini si rivolge al Gioé. Da qui nasce anche il discorso dell’importanza del patrimonio artistico e con tutta probabilità le prime avvisaglie della strategia stragista. Bellini comunque sostiene che l’idea partì da Cosa Nostra, e Brusca, che ha assistito, in incognita, ad uno dei colloqui conferma, ma specifica che mai sarebbe venuto loro in mente un tale progetto se il Bellini non avesse spiegato la valenza di un gesto simile.
Emerge così il discorso della torre di Pisa che il Bellini riferisce al Tempesta e questi al colonnello Mori che però dice di non ricordarne nulla. Mori conferma, invece, di aver ricevuto il fogliettino con i cinque nomi, ma di averlo strappato.
L’altra questione riguarda la trattativa tra Ciancimino, il capitano De Donno e ancora Mori. Qui c’è una discordanza di tempi nella ricostruzione dei due carabinieri poiché, mentre De Donno dice di essersi attivato immediatamente dopo la strage di Capaci, Mori data il tutto a partire dal 25 giugno giorno in cui si è incontrato con il giudice Borsellino a cui, se fosse stata in corso una situazione del genere, avrebbe certamente riferito.


Cosa pensa dell’ipotesi di una terza trattativa?

Non abbiamo che notizie giornalistiche. Certo, Mori fa credere a Ciancimino, che vi siano altre persone dietro di lui. E Riina che è un tipo scaltro  - come sostiene Brusca - difficilmente si sarà accontentato di una risposta generica. Quindi Ciancimino qualche cosa gliela avrà dovuta dire, «se la sarà inventata»...


La strage Borsellino si colloca a metà di tutti questi colloqui e secondo i collaboratori Cancemi e Brusca avviene in tutta fretta. Brusca, durante l’interrogatorio del Borsellino ter, suppone che Borsellino rappresentasse l’ostacolo principale affinché queste contrattazioni giungessero a buon fine...
Sì, sono sue deduzioni. C’è anche la possibilità che Borsellino, venuto a sapere di questa cosa, abbia reagito malamente e si sia rifiutato di aprire alcun dialogo.

Dopo l’arresto di Riina ricominciano a scoppiare le bombe, la trattativa non si è conclusa...
Può essere che abbiano pensato, se si sono «fatti sotto» una volta, si rifaranno sotto di nuovo.

Guardando la situazione attuale, si può dire che le richieste del «papello» sono state accolte?

Nel corso del convegno di Firenze ho detto: <<hanno contratto un patto, la politica ha un debito...>>, che può essere?
Se guardo quello che sta avvenendo le risponderei di sì, che c’è stato qualcosa. Anche perché ad un certo punto tutti gli esponenti dell’ala stragista sono stati o uccisi o arrestati, Riina, Bagarella, Brusca, i Graviano...
Provenzano invece è rimasto fuori. E’ vero che si sono avuti successi straordinari dal punto di vista militare, ma quest’uomo, latitante da 40 anni ha riportato l’organizzazione alla stessa forza di prima. Cosa Nostra non è stata eliminata, continua a fare i suoi affari.
Io non mi sento di dire che non abbiamo ottenuto risultati. L’arresto di Riina ne è la prova, ma se ci si è arrivati attraverso strade che non possono essere totalmente spiegate... bisognerà vedere dopo, a lungo termine, se lo Stato doveva o non doveva accettare questa scorciatoia.
L.B.

* Per esigenze di chiarezza desideriamo specificare che esistono tracce «visibili» del «papello». Ne ha parlato in moltissimi processi il collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi il quale ha testimoniato di aver visto con i suoi occhi, durante una delle riunione avvenute nel 1992 con Riina, un bigliettino, che il boss estrasse dal taschino, su cui erano scritte le richieste da inoltrare alle persone competenti per favorire Cosa Nostra. «Chiese anche a noi (alcuni dei capo mandamenti presenti) - spiega Cancemi - se avevamo qualche cosa da aggiungere» (ndr).

 

 ANTIMAFIADuemila N°18 Dicembre-Gennaio 2001-2002

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