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Divergenze

Nella motivazione della sentenza di I° grado del processo per le bombe del ‘93 si legge, nell’interrogatorio del Bellini, che egli fu molto intimorito dalla reazione del Gioé quando gli spiegò di non avere ottenuto alcuna risposta positiva alle richieste di Cosa Nostra. Poiché è stato in quel frangente che Gioè avrebbe dichiarato: <<Cosa fareste se domani, svegliandovi, non trovaste più la torre di Pisa?>>. Quell’includere il Bellini nella controparte gli fece credere che il Gioè lo stesse considerando come un nemico, non più come il mediatore.     
Giovanni Brusca, invece, interrogato dal pm Chelazzi, specifica in merito: «Se il Bellini è venuto come mandante, nel senso fate questo, fate quell’altro: nella maniera più categorica no. ... I suggerimenti che a noi venivano dati, cioè, venivano poggiati su un vassoio, cioè ce li dava come consigli di sua conoscenza: ‘se fate questo succede questo’. ... Però i consigli, cioè i suggerimenti che lui ci dava noi tiravamo le nostre conclusioni. ... Che poi noi pensavamo, dietro questi fatti, lui ritornava essendo che era come suol dire un discorso a intesa. Per dire se il quadro è questo, la situazione è questa non so quello che può succedere, ma automaticamente lo Stato deve intervenire. Ma essendo che il canale aperto era con lui, automaticamente lui poteva dire a chi di competenza, per dire: io sono in condizione di poterlo fermare, o io so chi è stato, o io posso intervenire. Questa era la nostra interpretazione.»       
«Quindi - scrivono i giudici - Bellini non consigliò mai loro di attuare un qualche attentato, ma fu sicuramente quello che suggerì le idee».
La testimonianza di Brusca assume particolare rilevanza in quanto rivela di aver assistito, di nascosto e quindi, all’insaputa del Bellini, ad una conversazione tra Bellini e Gioè, nella casa paterna di quest’ultimo, durante la quale tra i due si sono sviluppati discorsi di natura terroristica ai danni del patrimonio artistico dello Stato.
In particolare il Bellini, a proposito della strage di Capaci, avrebbe detto: «Perché il Bellini insieme a Gioè dice: se tu vai a eliminare una persona, se ne leva una e ne metti un’altra. Se tu vai a eliminare un’opera d’arte, un fatto storico, non è che lo puoi andare a ricostruire, quindi lo Stato ci sta molto attento, quindi l’interesse è molto più della persona fisica».       
Il maresciallo Tempesta, anch’egli escusso nell’ambito del medesimo procedimento per le bombe del ‘93, ha riferito che addirittura per convincerlo ad assumere il ruolo di suo interlocutore preferenziale il Bellini lo sollecitò nel modo seguente: «Perché se tu dicessi che vogliono fare degli attentati a dei monumenti, non saresti tu competente a trattare questo tipo di discorso, visto che fai parte del reparto Tutela Patrimonio Artistico?» ... «Si parlò di monumenti e poi mi fece un esempio: ‘supponi che ti dicessi che vogliono colpire la Torre di Pisa, pensa che effetto destabilizzante potrebbe avere il fatto di colpire in un momento pieno di turismo la Torre di Pisa, che però la Torre di Pisa con centinaia di morti sarebbe finito completamente il turismo italiano, perché gli stranieri non verrebbero più a visitare i monumenti e le nostre cose.»
Il colonnello Mori, oggi generale del ROS, ha sì confermato lo svolgersi dei fatti secondo il suo punto di vista e il ruolo svolto, ma afferma di non ricordare affatto di aver sentito parlare di possibili attentati al patrimonio artistico nazionale e soprattutto «esclude che le agevolazioni carcerarie per i cinque mafiosi potessero costituire la contropartita di un recupero di opere d’arte.»

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