di Marco Travaglio - 22 maggio 2015
Da ieri, di fatto, la Procura di Palermo è di nuovo senza capo. Com’era facile prevedere e come avevamo scritto in beata solitudine sul Fatto, il Tar del Lazio ha annullato la nomina di Franco Lo Voi da parte del Csm in quanto palesemente “illegittima”,accogliendoiricorsideidue concorrenti esclusi: i capi delle Procure di Messina e Caltanissetta,GuidoLoForteeSergioLari. Per escluderli dalla corsa e isolare quel pugno di magistrati che tuttoggi, pervicacemente, a rischio quotidiano della vita, cercano la verità sulla trattativa Stato-mafia e sui retroscena politico-istituzionali delle stragi del 1992-‘93, si era mobilitato con gli scarponi chiodati tutto il potere che conta: il presidente Napolitano, il suo vice Vietti, tutti i membri laici del Csm messi lì dai partiti e quelli togati della corrente di destra MI, più i vertici della Cassazione.
Pronti a tutto, anche a calpestare ogni precedente, ogni regola interna, ogni circolare, pur di premiare il candidato meno titolato, ma più gradito ai partiti e alle retrostanti lobby di ogni colore e risma. Che, di fatto, fu il primo procuratore della Repubblica nominato dal potere politico. Lo Voi ha 9 anni in meno di Lo Forte e Lari, non ha mai diretto né organizzato un ufficio giudiziario, non è mai stato né procuratore capo né aggiunto, ma solo sostituto (e per tre anni appena). L’unico incarico di prestigio della sua anonima carriera l’ha ottenuto su nomina politica, addiritturapergraziaricevutadalgoverno Berlusconi: quella a delegato italiano in Eurojust (la cosiddetta “procura europea”, che non è neppure un organo giurisdizionale, ma “amministrativo” – come scrive lo stesso Tar – tant’è che molti paesi membri dell’Ue ci mandano degli impiegati o dei poliziotti).
A Palazzo dei Marescialli si sapeva benissimo che il candidato con maggiore anzianità di servizio e con più esperienza professionale era Lo Forte: infatti l’estate scorsa la commissione Incarichi direttivi del vecchio Csm gli tributò 3 voti, contro 1 a Lari e 1 a Lo Voi. Mancava solo la ratifica del Plenum, quando arrivò il diktat del solito Napolitano, che tramite il segretario generale del Colle Donato Marra bloccò la votazione, in base a un principio inedito e inaudito, mai applicato dal Csm: quello dell’ordine cronologico da seguire, a cominciare dagli uffici giudiziari da più tempo vacanti, come se un Tribunale dei minori avesse la stessa delicatezza della prima Procura antimafia d’Italia. Un abuso di potere bello e buono. Anziché difendere le proprie norme e la propria dignità, il vecchio Csm si piegò fantozzianamente all’ukase quirinalizio e rinviò la votazione fino alla propria scadenza.
E il nuovo Csm, nel frattempo eletto, capì l’antifona e assecondò i desideri del Colle e dei partiti, violando le proprie stesse regole premiando il meno meritevole. Che però, in una tragicomica relazione firmata dalla forzista Elisabetta Casella-ti, veniva dipinto come Er Più proprio perché il governo degli amici di Dell’Utri, di Mangano e di Cuffaro l’aveva promosso a Eurojust e questo incarico rappresentava “lo snodo fondamentale nella straordinaria carriera del dott. Lo Voi”. Roba da non credere. Il risultato fu quello di normalizzare e commissariare la Procura di Palermo, isolando i pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia, fino alla pantomima dell’altro giorno, quando la Procura di Lo Voi ha convocato d’urgenza via email 50 giornalisti perché non prendano impegni a metà giugno, quando saranno interrogati i due criminali più pericolosi della Sicilia: Antonio Ingroia e Rosario Crocetta.
Naturalmente Lo Voi e Lari fecero ricorso al Tar Lazio, competente a giudicare la legittimità delle delibere del Csm. Che ieri ha giudicato illegittima quella che nominava Lo Voi e l’ha annullata per “vizi sintomatici dell’eccesso di potere, sia delle violazioni di legge in ordine al procedimento valutativo”, ritenendo che “non superi il vaglio di legittimità” a causa della motivazione “non coerente rispetto agli indici di valutazione del parametro attitudinale”, “illogica”, “irrazionale”, e addirittura “apodittica” dove “disconosce le esperienze pregresse del dott. Lo Forte in ordine alle peculiari caratteristiche dell’ufficio da ricoprire, idonee a denotare non in assoluto, ma in concreto, la particolare attitudine del magistrato a soddisfare le esigenze organizzative, di direzione e coordinamento, e di funzionalità dell’ufficio per le peculiarità che lo caratterizzano” per preferirgli Lo Voi che, “non ha mai svolto funzioni direttive e semidirettive specifiche”. Idem per il ricorso gemello di Lari.
Ora il Csm è condannato a pagare 3 mila euro di spese legali a ciascun ricorrente. E – a meno che il Consiglio di Stato non ribalti il verdetto del Tar – dovrà bandire un nuovo concorso per nominare finalmente il miglior procuratore di Palermo. Cioè tornare a essere l’organo di autogoverno della magistratura per difenderne l’indipendenza, e non l’eterogoverno del Quirinale e dei partiti per metterle il guinzaglio. Per questo, al di là dei casi personali, la sentenza del Tar è fondamentale. Perché ripristina la legalità a lungo aggirata nell’interminabile regno di Sua Maestà Giorgio di Borbone. Perché ridà speranza ad altri valorosi magistrati esclusi dal Csm con motivazioni politiche anziché tecniche a vantaggio di colleghi meno titolati ma più “graditi” (Davigo aspirante presidente della Corte d’appello di Torino; Di Matteo, candidato a sostituto della Procura nazionale antimafia; Greco e lo stesso Lo Forte, in corsa per diventare Pg a Milano). E soprattutto perché spazza via tutte le scemenze della propaganda impunitaria dell’ultimo ventennio: quelle di chi strilla alla presunta guerra dichiarata dalla magistratura alla politica, mentre l’unica vera guerra vista in questi anni è quella scatenata dai politici indecenti contro i magistrati indipendenti.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 22 maggio 2015