Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
  • 6
  • 7

damelio 19luglio

damelio 19luglio

50anni mafia mobile dstrage via damelio phone

travaglio-marco-web21di Marco Travaglio - 22 marzo 2013
Da quando il gup di Palermo Piergiorgio Morosini ha rinviato a giudizio tutti gli imputati del processo sulla trattativa Stato-mafia, certificando la bontà delle indagini della Procura, ci si domandava con quale rappresaglia avrebbe reagito il Palazzo nelle sue varie propaggini politiche, amministrative e giudiziarie. La risposta è arrivata puntualmente negli ultimi tre giorni, mentre gli italiani e i media sono distratti dalla crisi di governo, con un uno-due che mira a estromettere o almeno a delegittimare i pm in vista del processo, che inizia il 27 maggio. Prima il ministro della Giustizia Paola Severino ha avviato l’azione disciplinare contro Antonio Ingroia, reo di aver criticato il presidente di Cassazione, vecchio amico di Carnevale, che aveva annullato la condanna di Dell’Utri. Per le toghe che hanno pubblicamente attaccato i pm palermitani per l’inchiesta sulla trattativa, invece, nessuna denuncia: anzi applausi a scena aperta (intanto il Csm della vergogna comunica a Ingroia che, se vuole restare magistrato, potrà farlo solo ad Aosta).

Ieri l’altro titolare dell’azione disciplinare, il Pg della Cassazione Gianfranco Ciani, l’ha promossa contro un altro pm dell’inchiesta, Nino Di Matteo, per una vecchia intervista a Repubblica sulle intercettazioni indirette e involontarie Mancino-Napolitano, in cui non svelava nulla di segreto, visto che la notizia era già uscita su Panorama: si limitava a spiegare che la Procura le aveva già ritenute penalmente irrilevanti e dunque segretate in cassaforte senza trascriverle, in attesa di inoltrarle al Gip per l’udienza di distruzione, previo ascolto da parte dei difensori. Ma così, per Ciani, Di Matteo avrebbe “mancato ai doveri di diligenza e riserbo” per aver “ammesso seppure non espressamente l’esistenza delle telefonate Mancino-Napolitano” e così “leso indebitamente il diritto di riservatezza del capo dello Stato”. E il suo capo Francesco Messineo si sarebbe macchiato di omessa denuncia per non aver segnalato al Pg l’inesistente violazione del sostituto. Mancavano giusto queste accuse lunari, in una vicenda già kafkiana di suo. Come può un pm, commentando una notizia già nota su quattro telefonate segrete e mai trascritte e mai pubblicate, “ledere la riservatezza” di chicchessia? E come fa ad “ammettere seppure non espressamente” qualcosa? Anche un bambino tonto capirebbe che ci si arrampica sugli specchi per giustificare ex post una rappresaglia bella e buona contro i pm che hanno osato toccare gli intoccabili e gli amici degli amici. Il fatto paradossale è che, se in questa vicenda legata alla trattativa si cerca qualche magistrato che è uscito dai suoi poteri e che meriterebbe un’azione disciplinare, questo è proprio il Pg Ciani. Il quale, il 18 aprile 2012, ricevuta dal Quirinale la lettera dell’indagato Mancino accompagnata da una nota di Napolitano in cui si chiedeva di intervenire sulle indagini di Palermo, anziché cestinarla come un’indebita e irricevibile interferenza, scattò sull’attenti e convocò su due piedi, aumma aumma, in Cassazione il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Nell’imbarazzante riunione si parlò espressamente di “avocare” le indagini da Palermo e di “coordinarle” con quelle di Caltanissetta su via D’Amelio. Una proposta talmente indecente che persino un uomo di mondo come Grasso sobbalzò sulla sedia, pretese che gli fosse messa per iscritto e poi la respinse perché non aveva il potere di accoglierla e né il Colle e il Pg avevano il potere di fargliela. Tantopiù che il coordinamento era stato fissato da mesi dal Csm sotto la presidenza di Napolitano e rispettato dai pm “senza violazioni”. In un paese serio, se proprio si volesse mettere sotto accusa qualcuno, bisognerebbe occuparsi del Pg, della sua proposta indecente e del mandante. Che, se si chiamasse Obama, sarebbe già sotto impeachment.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

Video

  • All
  • Angela Manca
  • Attilio Manca
  • Nino Di Matteo
  • Paolo Bellini
  • Paolo Borsellino
  • Roberto Scarpinato
  • Sergio Mattarella
  • Sonia Bongiovanni
  • Strage Di Capaci
  • Strage Di Piazza Fontana
  • Strage Di Via D'Amelio
  • Strage Stazione Di Bologna
  • Video
  • Default
  • Title
  • Date
  • Random

Le recensioni di AntimafiaDuemila

I PADRONI DEL MONDO

I PADRONI DEL MONDO

by Alessandro Volpi

...


THE MASQUERADE - RELOADED

THE MASQUERADE - RELOADED

by Maurizio Fiorentini, Roberto Valtolina

...

L'UOMO NERO E LE STRAGI

L'UOMO NERO E LE STRAGI

by Giovanni Vignali

...


LA SCELTA

LA SCELTA

by Sigfrido Ranucci

...


PENTITI

PENTITI

by Luca Tescaroli

...

AL DI SOPRA DELLA LEGGE

AL DI SOPRA DELLA LEGGE

by Sebastiano Ardita

...


Libri in primo piano

CINQUANT'ANNI DI MAFIA

CINQUANT'ANNI DI MAFIA

by Saverio Lodato

...

IL COLPO DI SPUGNA

IL COLPO DI SPUGNA

by Nino Di Matteo, Saverio Lodato

...

IL PATTO SPORCO E IL SILENZIO

IL PATTO SPORCO E IL SILENZIO

by Nino Di Matteo, Saverio Lodato

...

I NEMICI DELLA GIUSTIZIA

I NEMICI DELLA GIUSTIZIA

by Nino Di Matteo, Saverio Lodato

...


ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos