Chi vuole abolire l'ergastolo ignora che la lotta ai clan deve molto all'inasprimento delle pene voluto da Falcone.
di Marco Travaglio - 30 novembre 2012
L'oncologo Umberto Veronesi ha riunito alla Bocconi un gran parterre di premi Nobel, intellettuali, scienziati e star dello spettacolo per lanciare una raccolta di firme da consegnare al prossimo Parlamento affinché abolisca l'ergastolo. Che, a suo dire, sarebbe «incostituzionale e antiscientifico».
Incostituzionale perché «la pena deve rieducare». Antiscientifico perché, «20 anni dopo il reato, il carcerato può essere una persona diversa». La seconda affermazione porta addirittura a cancellare un principio giuridico universale: l'omicidio (e tantopiù la strage) non si prescrive mai, dunque si può essere chiamati a risponderne anche dopo decenni, come per le stragi naziste o terroristiche. La prima invece è smentita dalla Corte costituzionale, che ha già stabilito la costituzionalità dell'ergastolo proprio perché in Italia è sostanzialmente finto: i benefici della legge penitenziaria (la famosa "Gozzini") consentono alla gran parte degli ergastolani di uscire dopo meno di 30 anni.
Il vero "fine pena mai" è limitato all'"ergastolo ostativo", che non ammette sconti né benefici, introdotto nel 1992 dopo le stragi per assicurare che almeno i criminali più efferati non tornino in libertà. A meno che, si capisce, non collaborino con la giustizia a sgominare le proprie organizzazioni. Il che dimostra che anche per l'ergastolo ostativo c'è una via d'uscita: basta dire la verità, ammettere le proprie colpe, abbandonare la cosca e schierarsi con lo Stato. Proprio per questo l'ergastolo è la bestia nera dei mafiosi. Non a caso Riina lo inserì ai primi posti del suo "papello" consegnato nell'estate '92 agli uomini della trattativa, insieme con l'annullamento del 41-bis, gli arresti domiciliari per gli ultrasettantenni, la chiusura delle supercarceri e la riforma dei pentiti: il combinato disposto ergastolo-carcere duro, ideato da Falcone, cominciava a produrre gli effetti sperati. Molti mafiosi scelsero di collaborare e consentirono la cattura di centinaia di latitanti e la scoperta dei colpevoli di migliaia di stragi e delitti eccellenti. «Possiamo obiettivamente affermare – domanda Veronesi a proposito dell'ergastolo ostativo – di avere così ridotto il potere delle mafie? Io credo di no». E invece sì. Gli italiani poi si sono già pronunciati nel referendum del 1981: il 77,4 per cento disse sì all'ergastolo. E nessun paese d'Europa, esclusi Portogallo e Spagna, s'è mai sognato di abrogarlo.
Lo fece nel '99, in nome del solito garantismo astratto e irenico, il centrosinistra con la legge del "giudice unico": estese il giudizio abbreviato a tutti i delitti, stragi comprese, così lo sconto di un terzo della pena trasformava l'ergastolo in 30 anni. Che diventavano 20 con gli sconti-Gozzini. I boss arrestati all'indomani delle stragi avrebbero potuto uscire in permesso nel giro di pochi anni. Infatti il 23 ottobre 2000 Riina, Graviano e altri 15 boss condannati in primo grado all'ergastolo per le stragi del '93 si alzarono nelle gabbie del processo d'appello a Firenze e chiesero l'abbreviato. Solo allora, dopo le proteste di magistrati e parenti delle vittime, il governo Amato s'affrettò a ripristinare l'ergastolo almeno per i delitti più orrendi, aggiungendo alla pena detentiva l'isolamento diurno ai condannati per delitti di sangue che rispondono anche di altri reati (tipo l'associazione mafiosa): così lo sconto per l'abbreviato abbuona l'isolamento senza toccare la pena. Ora Veronesi & C. citano Cesare Beccaria. Ma, se l'avessero letto, saprebbero che in "Dei delitti e delle pene" scriveva: «Non è il terribile ma passeggero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa con le sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno più forte contro i delitti».
E se consultassero un qualsiasi giudice antimafia, saprebbero quanti boss e killer tornerebbero in libertà il giorno dopo l'approvazione della loro demenziale proposta. La giustizia è certamente affare troppo serio per lasciarlo in mano ai politici e ai tecnici. Ma anche gli scienziati non scherzano.
Tratto da: L'Espresso