di Marco Travaglio - 14 ottobre 2012
Dopo qualche settimana di quiete, i corazzieri hanno ricevuto una nuova cartolina precetto. La parola d’ordine è categorica e impegnativa per tutti: difendere l’indifendibile, se del caso contraddirsi e coprirsi di ridicolo pur di sostenere che i pm di Palermo dovevano mangiarsi i nastri delle quattro telefonate Mancino-Napolitano. La nuova chiamata alle armi giunge non appena gli avvocati della Procura depositano la replica al conflitto di attribuzioni del Quirinale.
Violante si fa subito intervistare dal Messaggero per dire che le intercettazioni sono “illecitamente acquisite”. Cioè: siccome Mancino telefonava a Napolitano, i pm di Palermo sono dei delinquenti. Il giurista per caso aggiunge: “Non può essere la magistratura da sola a stabilire quando il capo dello Stato agisca nell’esercizio delle sue funzioni e quando no”. Esattamente quel che sostengono B. e i suoi, da Paniz in giù, sulle telefonate di B. in questura per la nipote di Mubarak: purtroppo la Consulta ha già risposto che spetta alla magistratura da sola stabilire quando il premier agisce nell’esercizio delle sue funzioni e quando no. Il Paniz del Pd, Violantiz, trova “singolare la costituzione in giudizio della Procura: il senso dello Stato avrebbe dovuto consigliare di lasciar decidere la Corte senza costruire un antagonismo istituzionale. Tanto più che, come gli stessi pm han dichiarato, le telefonate erano irrilevanti”. A parte il fatto che nei conflitti di attribuzione il potere dello Stato accusato di calpestarne un altro si costituisce per difendere le sue ragioni, dunque non c’è nulla di singolare nella costituzione dei pm, Violantiz finge di ignorare che l’antagonismo istituzionale l’ha costruito Napolitano, innescando il conflitto. E l’ha fatto proprio perché i pm, anziché distruggere le intercettazioni (non ne hanno il potere), le hanno “valutate” e dichiarate irrilevanti. Ora li si accusa di averle valutate e dichiarate irrilevanti e, contemporaneamente, di non averle distrutte prima di valutarle e dichiararle irrilevanti. Roba da Comma22, cioè da manicomio. Ma Repubblica rivela: “Il Quirinale fa notare che il conflitto non è contro nessuno”, tantomeno contro la Procura. Strano, il ricorso dell’Avvocatura si intitola “Conflitto di attribuzione... nei confronti del Pubblico Ministero nella persona del procuratore... di Palermo”. Forse il conflitto si chiama così per un puro vezzo linguistico, ma è un attestato di stima e amicizia. Paolo Armaroli, sul Corriere, sostiene che “dalle telefonate emerge la funzione pedagogica” del Presidente. Perché, le ha lette? E cosa insegnava il pedagogo Napolitano al sospettato di falsa testimonianza Mancino? E dov’è scritto nella Costituzione che il Presidente ha funzioni pedagogiche? Per l’Armaroli, poi, anche quando Re Giorgio fa gli auguri natalizi la telefonata “non può esser derubricata a pura chiamata di auguri di Natale, seppur fatta in quella data”: segreto di Stato anche sullo spumante presidenziale e sul panettone pedagogico. Sul Gazzettino, Alberto Capotosti ne inventa un’altra: se Napolitano parlò quattro volte con Mancino e si attivò per salvarlo, fu per una “finalità istituzionale”. Quale? “Informarsi... valutare tutti gli aspetti, compresi quelli giudiziari, di una vicenda come la presunta ‘trattativa’ tra Stato e mafia che ha posto in grave pericolo l’unità nazionale”. Già, peccato che fosse Mancino a cercare Napolitano e D’Ambrosio, non viceversa. E meno male: sarebbe davvero imbarazzante se il capo dello Stato, allarmato per un’indagine, non si informasse presso i pm che la conducono, ma presso un indiziato di averla depistata. Ora si spera che non gli nascano curiosità sul caso Lazio, altrimenti è capace di telefonare a Batman.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano