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La rubrica di Saverio Lodato

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di Marco Travaglio - 26 gennaio 2011
Caro Cavaliere, Lei sa quanto Le vogliamo bene. Ci consenta dunque di confidarLe che l’altra sera, al telefono con Gad Lerner, L’abbiamo trovata un po’ alterato. Se è per i presunti attacchi del Vaticano, si dia pace: non ha nulla da temere dai sermoni di Oltretevere, come del resto dai moniti del Quirinale e dagli appelli della Confindustria, che fra l’altro paiono scritti tutti dallo stesso ghostwriter con l’inchiostro simpatico.

A occhio e croce, dev’essere uno del Pd. Sono i giornali (e un’opposizione afona, aggrappata alle parole altrui) che amplificano tutto. Un’alta carica sussurra a mezza voce “fate i bravi”, e l’indomani si leggono titoloni ansiogeni: “L’ira di Napolitano”, “La rabbia della Marcegaglia”, “L’anatema del cardinale Tizio o Caio”. Ma quale ira, rabbia, anatema. Basta leggere le parole testuali per notare con quale tremebonda delicatezza questi Fantozzi pigolano un colpetto al cerchio e uno alla botte, poi si scusano perfino di esistere. Napolitano rischia l’ernia denunciando il “turbamento dell’opinione pubblica davanti a gravi ipotesi di reato”, ma anche alla “divulgazione di numerosi elementi d’indagine”. Giusto: se non venissero divulgate, certe cose non turberebbero nessuno e tutti andrebbero a letto felici e contenti. La parola “turbamento” piace molto all’Osservatore Romano, che pubblica il monito quirinalizio, come a dire: oh ragazzi, lo dice Napolitano, noi riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il sempre spericolato Avvenire cita una vecchia omelia multiuso del card. Bagnasco che, con grave sprezzo del pericolo, esprimeva “angustia” e raccomandava “contegno” ai politici; ma subito mette in guardia da “salti nel buio” e auspica “un’uscita rapida dal polverone”. Perché “ferisce e sconvolge” l’ipotesi di un premier “implicato in storie di prostituzione”, ma pare brutto pure “l’ennesimo e increscioso affondo giudiziario contro B”. Il povero lettore domanderà: ma con chi ce l’ha Avvenire, col puttaniere o con chi l’ha scoperto? Con tutti e con nessuno, naturalmente. L’ha detto il card. Bertone: ci vuole “legalità e moralità”, sia nel settore “politico” sia in quello “giudiziario”. Oddio, avrà scoperto qualche giudice a fare bunga-bunga? No, semplicemente parla da politico, avendo dimenticato il richiamo di un certo Gesù: “Il vostro parlare sia sì sì, no no, il resto viene dal maligno”. Poi torna a monitare Napolitano: no ai “conflitti istituzionali” fra pm e imputati, no agli “strappi mediatici” della stampa che informa, ”scongiurare esasperazioni e tensioni” che “aggravano il turbamento”. Di rimbalzo da Ancona rimonita il card. Bagnasco: “La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica”. Quali attori? Tutti: puttanieri e pm. Tutti devono “auto-limitarsi”, per evitare il “turbamento” (aridaje). Ai puttanieri si raccomanda “misura e sobrietà” (trenta mignotte alla volta sono troppe, ecco), ma ai pm “si chiede a cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine” (le mignotte non vanno perquisite tutte, ma a campione). E basta “fibrillazione politica e istituzionale”, basta “poteri che si guardano con diffidenza in una logica conflittuale”. Il pm non deve guardare con diffidenza, ma con fiducia l’indagato che spara un sacco di balle e paga le testimoni perché “raccontino cazzate e facciano le pazze”. Pure quel tal Gesù era un bel tipo: guardava con diffidenza i mercanti nel tempio e li cacciava a pedate; e chiamava i farisei “razza di vipere” e “sepolcri imbiancati”. Al posto suo, Bertone avrebbe raccomandato legalità e moralità ai mercanti, ma anche ai non mercanti, per evitare scontri e salti nel buio; e Bagnasco avrebbe chiesto misura e sobrietà tanto ai farisei quanto ai non farisei, per scongiurare turbamenti, fibrillazioni e logiche conflittuali. Ora qualche temerario, dagli alti Palazzi, fa trapelare “disagio” e financo “un certo imbarazzo”. Ma l’imbarazzo è transeunte: uno poi evacua e l’imbarazzo non c’è più. Cavaliere, dia retta a noi: mentre quelli monitano, Lei continui a spassarsela. Come direbbe Mangano, campa cavallo.

Tratto da:
Il Fatto Quotidiano

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