Al Teatro Garbatella di Roma presentato il libro “Il Colpo di Spugna” con Saverio Lodato, Sigfrido Ranucci e Salvatore Bonferraro
La Cassazione entra “pesantemente nella valutazione del fatto e in poche pagine pretende di smontare la valenza probatoria di quanto emerso in primo e secondo grado e consacrato complessivamente in 10.000 pagine di motivazioni, di sentenze e per di più ingenerosamente accusa i giudici di merito di aver adottato un approccio storiografico”. A dirlo, commentando la pronuncia della Cassazione in merito al processo Trattativa Stato-mafia, è il sostituto procuratore nazionale antimafia (e già membro togato del Csm) Nino Di Matteo, nel corso della presentazione del libro, scritto insieme al giornalista e scrittore Saverio Lodato, “Il colpo di spugna” (Ed. Fuori Scena), avvenuta questa sera al Teatro Garbatella di Roma. Ospiti, insieme agli autori, anche il conduttore di “Report” Sigfrido Ranucci e l’ex commissario di polizia Salvatore Bonferraro. Moderatrice la giornalista Silvia Resta. Di Matteo ha criticato le conclusioni con le quali la corte di Cassazione ha ribaltato le valutazioni dei giudici di primo e secondo grado: “Ha fatto macerie di tutto il lavoro fatto in anni da pm”. Un lavoro imponente di cui è stato protagonista anche Bonferraro, che al tempo affiancava, come ufficiale di polizia giudiziaria, la procura di Palermo che indagava sulla trattativa. “Se volessimo mettere tutto insieme quel processo forse avremo più di 200 faldoni, cioè centinaia di migliaia di pagine”, ha affermato l’ex commissario (oggi in pensione) ricordando poi le varie “zappature” subite da questa inchiesta. L’ultima delle quali, quella dei supremi giudici che - tra le varie cose - hanno parlato di “approccio storiografico”, come definito da Di Matteo, posto in essere dai magistrati e dai precedenti collegi giudicanti.
“Questa mi sembra un'accusa davvero grave e ingiusta”, ha affermato. “Quei giudici di merito pur nella diversità delle loro rispettive conclusioni, avevano adottato invece l'approccio giusto, che era un approccio sistematico e complessivo alla valutazione dei fatti e degli accadimenti” i quali “non potevano essere correttamente valutati se considerati isolatamente”.
Nino Di Matteo
Forse, “il sistema Stato nel suo complesso, non poteva consentire che in una sentenza definitiva, per quanto assolutoria nei confronti di alcuni uomini dello Stato, restassero consacrati, nero su bianco, rapporti di dialogo e scambio con il nemico dichiarato anche nel periodo delle stragi. Quelle verità, sancite in primo e secondo grado, erano troppo scomode per restare per sempre agli atti di una sentenza definitiva”, ha affermato, amareggiato, il magistrato davanti a una sala gremita di persone.
“E in questo senso la Cassazione, anziché limitarsi al controllo di legittimità della sentenza impugnata, è entrata pesantemente nella valutazione dei fatti, ignorandone molti altri. Tanto da cambiare la formula assolutoria per gli ufficiali dei carabinieri, da ‘il fatto non costituisce reato’, che era la formula adottata in secondo grado, a quella formula ‘per non aver commesso il fatto’. Lo ha fatto con una sentenza che per molti versi appare lacunosa e sommaria e per altri contraddice altre sentenze definitive”.
Secondo Di Matteo “questa sentenza contribuisce ad alimentare un pericoloso vento di restaurazione che soffia nel nostro paese e che riguarda purtroppo anche l'ambito giudiziario e della magistratura”.
La decisione della Cassazione, ha aggiunto, “risente di un vizio antico, quello di isolare i fatti l'uno dagli altri, quello di atomizzare il giudizio, quello di concentrarsi o fingersi di concentrare sul particolare perdendo di vista il contesto. Una prassi in passato molto diffusa quando non si sono volute assumere decisioni che rischiavano di diventare dirompenti”.
Della stessa idea è anche Saverio Lodato che dal palco del teatro ha ricordato come, 30 anni fa, le stesse manovre vennero azionate dal potere del tempo con il processo contro Giulio Andreotti, di cui l’ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato, venuto ad assistere alla serata, fu rappresentante dell’accusa.
“Per sette anni - ha ricordato Lodato - ci fu una campagna con le famose teste pensanti di allora che dicevano che si voleva fare i processi alla storia”. “Ma la cassazione di allora - ha osservato il giornalista - con un po' di pudore in più rispetto alla cassazione odierna dovette ammettere in sentenza che Andreotti aveva incontrato prima e dopo la morte di Piersanti Mattarella il gotha dei mafiosi di allora. Il reato divenne prescritto. Ma - ha ricordato il giornalista - ciò non impedì alle grandi televisioni di allora, come ‘Porta a Porta’, a dire che ‘Andreotti è stato assolto’”.
Il bavaglio alla stampa
A seguire è stato il turno di Sigfrido Ranucci, che ha ricordato il lavoro svolto dalla sua trasmissione “Report” negli ultimi mesi, nonché le varie querele temerarie e le svariate richieste di risarcimento danni che ha ricevuto e con le quali la classe dirigente cerca di mettere a tacere il programma e la sua redazione. “Siamo alla deriva come Paese perché il tentativo di mettere il tappo all’informazione è sempre più forte e pressante. Si potrebbero evitare tutte queste querele temerarie - ha affermato Ranucci ricordando di averne ricevute 178 e di non averne persa nemmeno una - ma non viene approvato un disegno di legge su questo argomento che è nei cassetti ormai da anni e aiuterebbe non tanto a me ma a tutti quei colleghi che lavorano per giornali e televisioni locali e blog che non hanno alle spalle un’azienda grande come la Rai”. “E sono costretti, per 10 euro a pezzo, a subire pressioni del politico locale che magari sponsorizza pure il giornale con le partecipate, o un imprenditore che è proprietario del giornale e magari è legato a delle organizzazioni criminali”, ha ricordato Ranucci sottolineando il problema del precariato nelle redazioni.
“Penso al fatto che ci siano colleghi pagati addirittura 6 euro al pezzo ai quali si chiede di mantenere la schiena dritta, quando invece questi colleghi della carta stampata sono fondamentali perché rappresentano un anticorpo periferico per bloccare il virus della corruzione, della malapolitica e della criminalità organizzata sul nascere, in quelle zone periferiche del Paese prima che arrivino a governarci perché poi il percorso è quello”. “Penso allo stato dell’informazione in generale - ha aggiunto - abbiamo 150 giornalisti sotto tutela in varie forme, 22 sotto scorta”. Quindi Ranucci ha ricordato la legge Costa e la legge Cartabia grazie alla quale “dal 2025 scatterà il meccanismo dell’improcedibilità”. Leggi che prevedono l’introduzione di “una serie di provvedimenti di legge che ci porteranno all’oblio di Stato”, ha riflettuto Ranucci. “Uno scenario che riguarda l’Italia ma riguarda anche l’Europa e il mondo”.
Saverio Lodato
Il tributo ad Andrea Purgatori
Nel corso della serata è infine stato ricordato il giornalista Andrea Purgatori, deceduto lo scorso 19 luglio, che tra l’altro intervenne un anno esatto fa, sempre nel Teatro Garbatella, alla presentazione del libro “Il patto sporco e il silenzio” (Ed. Chiarelettere) di Lodato e Di Matteo. Il conduttore di Atlantide è stato commemorato con un filmato realizzato da ANTIMAFIADuemila e poi dai vari relatori della serata che ne hanno ricordato la grande professionalità e senso civico. “Purgatori manca molto a tutto il suo paese. Manca la sua passione per la verità, manca la sua capacità di collegare nella ricostruzione dei fatti ogni segmento l’uno all’altro, manca la sua visione di insieme, manca la sua schiena dritta che gli ha consentito di resistere ad ogni tipo di pressione”, sono state le parole di Di Matteo.
“Si era sempre dichiarato disponibile a sostenere una battaglia che era nelle sue corde, quella per un paese che cercasse la verità”, ha affermato Saverio Lodato. Il giornalista ha chiesto, durante il suo tributo all’amico e collega, “che da questa sera partisse un invito alle associazioni della stampa Italiana per istituire un premio alla memoria di Purgatori per le lezioni che diede sul giornalismo investigativo che come abbiamo visto adesso sta correndo grandi momenti di difficoltà”.
Presto l’approfondimento.
Foto © Paolo Bassani e Deb Photo
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