L’ex presidente della sezione misure di prevenzione in appello è stata condannata a 8 anni e 10 mesi per corruzione, falso e abuso d'ufficio
È attesa in giornata la sentenza della Cassazione sul cosiddetto "Sistema Saguto". Arriva alla stazione finale il processo nato da una indagine su illeciti nella gestione dei beni sequestrati alla mafia che ha investito, tra gli altri, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione, Silvana Saguto - nel frattempo radiata dalla magistratura -, alcuni suoi familiari e i professionisti del "cerchio magico" della giudice che, secondo l'accusa, avrebbe gestito le nomine degli amministratori giudiziari a suo piacimento in cambio di regali e favori per sé e i suoi congiunti. La Saguto in appello è stata condannata a 8 anni e 10 mesi per corruzione, falso e abuso d'ufficio, una lieve riduzione rispetto al primo grado perché i giudici non ritennero sussistente il reato di associazione a delinquere. Se la pena fosse confermata per l'ex magistrato si aprirebbero le porte del carcere. A rischiare la galera, in caso di conferma del verdetto, sono anche il marito Lorenzo Caramma che ebbe 6 anni; e gli amministratori giudiziari favoriti, secondo l'accusa, dalla magistrata come l'avvocato Gaetano CappellanoSeminara, che ebbe 7 anni e 7 mesi e Roberto Santangelo, condannato a 4 anni e 2 mesi. A pene minori di 3 anni, quindi sospese, furono condannati gli altri imputati per cui in caso di conferma, dunque, non scatterebbe la detenzione: il figlio di Silvana Saguto, Emanuele Caramma (3 mesi), l'ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo (3 anni), il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano (3 anni); l'amministratore giudiziario Walter Virga (un anno e 4 mesi); Rosolino Nasca, colonnello della Finanza (2 anni e 8 mesi); il preside della facoltà di Giurisprudenza della Kore Roberto Di Maria (un anno e 10 mesi), e la moglie e la cognata di Provenzano Maria Ingrao e Calogera Manta (2 anni e 8 mesi). Se la Cassazione non dovesse confermare la sentenza si aprirebbero due scenari: l'annullamento senza rinvio, che comporta l'assoluzione degli imputati, o, molto probabilmente, un rinvio in appello per il ricalcolo delle pene, determinato dalla prescrizione di alcuni reati o dalla assoluzione per singoli capi di imputazione.
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