Sentenza prevista per il pomeriggio, il boss di Resuttana rilascia dichiarazioni spontanee dal carcere di Milano dichiarandosi innocente e accusando pentiti
E’ il giorno della sentenza d’appello del processo contro Nino Madonia, accusato dell’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio avvenuto il 5 agosto 1989. Il 19 marzo 2021 il boss di Resuttana è stato condannato all’ergastolo - il processo si svolge con la formula del rito abbreviato - e a febbraio scorso la Procura generale di Palermo ha chiesto la conferma della condanna in secondo grado. I giudici della 2° sez. della Corte d’Assise d’Appello si sono ritirati in camera di consiglio. La procura generale rappresentata dai sostituti Domenico Gozzo e Umberto De Giglio, nel corso della requisitoria aveva evidenziato come a determinare l'assassinio dell'agente fu il suo lavoro e in particolare l'incarico di dare la caccia ai latitanti. Non solo. Quel delitto "si svolge e giunge a tragico epilogo in un contesto peculiare”, affermava l’accusa. Ovvero "il fronte dei rapporti sommersi tra talune articolazioni delle istituzioni e mondo criminale lungo una linea di confine in cui hanno congiuntamente operato, interfacciandosi tra loro in un pericoloso gioco, talora doppio e talora mortale, soggetti che si relazionavano con esponenti mafiosi per finalità istituzionali di contrasto e di acquisizione di informazioni, ed altri che operavano, a fianco dei primi, per lucro personale o al servizio di finalità antistituzionali, con il pericolo costante di un cortocircuito mortale". Una tesi sposata anche dal gup Alfredo Montalto secondo il quale, si legge in sentenza, “una ulteriore possibile concomitante ragione dell'uccisione" era "collegata ad alcuni rapporti che Cosa nostra, e nel caso specifico la cosca dei Madonia, intratteneva con esponenti importanti delle forze dell'ordine soprattutto collegati ai servizi di sicurezza dello Stato".
Intanto stamani, durante l’udienza che si celebra a porte chiuse, Nino Madonia (difeso dall’avvocato Valerio Giambruno, oggi sostituito) ha fatto dichiarazioni spontanee. Videocollegato dal carcere di Milano Opera dove è detenuto, il boss, che si ritiene essere detentore dei segreti sulle stragi del ’92, si è rivolto direttamente a Vincenzo Agostino, padre del poliziotto assassinato 34 anni fa. “Il padre della vittima stia tranquillo e sereno che non l’ho ucciso io suo figlio”, ha detto. L’imputato, oltre a dichiararsi estraneo al duplice omicidio, ha attaccato alcuni dei collaboratori di giustizia come Giovanni Brusca, Vito Galatolo, e Salvatore Cancemi bollando come menzogneri i loro verbali rilasciati nel corso del tempo. La sentenza è prevista per il pomeriggio.
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