di Nicola Tranfaglia
Lo si diceva già ai tempi di Mani Pulite nel 1992: è sempre indifferibile e urgente un mutamento radicale nei metodi di lotta contro la corruzione e la mafia. Lo si diceva già più di venti anni fa ma da allora nulla è cambiato, anzi per certi aspetti è cambiato in peggio.
Lo dicono i tanti scandali di una Tangentopoli infinita che ingoia ogni anno decine di miliardi di euro nell'indifferenza e con la complicità di una classe politica profondamente compromessa che anziché complicare la vita ai corrotti tende a complicarla ai magistrati. Dopo la legge La Torre dei primi anni Ottanta sulla confisca dei beni, non si è riusciti a far nulla di nuovo contro la corruzione e la mafia.
Occorre ripensare alla normativa contro la corruzione recuperando il meglio della lotta alla mafia e mostrando una forte volontà politica capace di convincere anche chi non fa politica attiva.
Una legge nuova sulla corruzione è la mafia è stata scritta da Ingroia, altri giuristi e Franco La Torre, figlio di Pio mentre altri progetti contro la corruzione sono arrivati in Senato, seppure in forme diverse, ma lì si sono arenate. Ora occorrerebbe ripartire utilizzando l'ampio fronte di forze politiche e culturali che ha votato no al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.
Domani ricorre il trentacinquesimo anniversario dell'assassinio di Pio La Torre e di Tommaso Di Salvo e sarebbe proprio il caso di incominciare da lì per mettere in piedi un ampio movimento di centro-sinistra in grado di lottare per il cambiamento del Paese.
''La Torre bis'' per una lotta alla corruzione e alla mafia
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