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damelio 19luglio

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strage via damelio phone

50 anni mafia cell

pasolini copyright letizia battaglia 3di Nicola Tranfaglia
A distanza di quattro decenni, l'assassinio di Pier Paolo Pasolini, uno scrittore italiano che ha lasciato una forte impronta nella nostra letteratura del Novecento, ritorna d'attualità. Se le televisioni tornassero ad occuparsene, come fecero allora nei giorni della sua morte, ne parlerebbero come di un cold case. In questo periodo su questi casi che tornano a galla dopo decenni c'è addirittura una trasmissione televisiva della RAI abbastanza seguita dagli italiani che si intitola Senza Traccia e parla proprio delle persone che scompaiono misteriosamente.
Ora non c'è dubbio alcuno che lo scrittore-poeta-regista di cinema emiliano, ma che aveva passato la sua giovinezza in Friuli prima di approdare nella capitale ed essere ucciso (e qui cominciano i misteri, ndr) da uno di quei "ragazzi di vita”di cui lo stesso Pasolini aveva parlato in un suo romanzo. Si chiamava Pino Pelosi e, da quel momento (era il 2 novembre 1975) dicono i giornalisti che si sono occupati nel tempo di quell'oscuro assassinio, "depista e dice bugie".

Ma quali sono le ipotesi a quarant'anni da allora? Ora si parla, e ne hanno parlato gli avvocati della parte civile nella terza indagine giudiziaria sulla morte dello scrittore-regista, della Banda della Magliana, una vera istituzione criminale nella capitale italiana, e in particolare di Maurizio Abbatino che, arrestato in Brasile nel 1992, e "pentito" o come si dice "collaboratore di giustizia".
Gli avvocati di Pasolini hanno chiesto ai giudici se Abbatino poteva essere interrogato per sapere se nella banda romana si era detto qualcosa sull'assassinio del poeta. Ma il giudice dell'indagine preliminare, il GUP, ha detto di no e il giudice, d'accordo con il pubblico ministero, ha scritto che "priva di realistico impulso investigativo appare la richiesta di sentire il noto pregiudicato ed effettuare riscontri del DNA su tutti gli appartenenti alla Banda della Magliana".
Certo, accantonato subito l'ipotesi di una centralità della banda romana, appare comunque di notevole interesse perché certifica in ogni caso la tesi di un agguato di gruppo. Una trappola organizzata. In cui alcuni elementi della scena del crimine sono oggi inservibili. Sono spariti i frammenti del rivestimento interno, le "incrostazioni di materiale rossastro" trovate nella parte inferiore e sul tetto della macchina di Pasolini sono spariti; l'Alfa 2000 fu rottamata all'inizio degli anni Ottanta su decisione della cugina della vittima. E gli investigatori hanno potuto lavorare soltanto sugli indumenti di Pasolini e quelli di Pelosi, assi di legno e altri oggetti trovati sul luogo del delitto. Le prove di laboratorio hanno permesso oltre che di estrarre il DNA del poeta e quella di Pelosi ma anche di individuare il profilo genetico di almeno tre persone "soggetti ignoti" numeri 1,3 e 4. Le loro tracce sono state trovate sulla parte anteriore dei jeans indossati da Pasolini, sulla maglia di lana a maniche lunghe che aveva Pelosi e su un plantare lasciato dentro la macchina. Secondo il giudice, "la natura, i punti e le modalità di rinvenimento sembrano far propendere per una concomitanza con il fatto delittuoso. Altre verifiche sui fratelli Borsellino, i due balordi di borgata accusati da Pelosi; né di Giuseppe Mastini detto Johnny Lo Zingaro, un altro pregiudicato; né di "Ninetto er meccanico", Antonio Pinna, vicino al clan dei Marsigliesi scomparso nel nulla l'anno dopo.
Insomma sono stati interrogati 40 anni dopo vari testimoni tra i quali un uomo citato da Oriana Fallaci che aveva sentito parlare una persona parlare al telefono due giorni prima dell'agguato "precisando che il telefonista, nel corso della conversazione, profferiva la frase "mi raccomando, ho un appuntamento con Pasolini, fatevi trovare lì."
Ma i moventi ancora oggi restano incerti. Un omicidio collettivo o di due o tre affiliati a una banda? L'intellettuale comunista da eliminare? O il poeta omosessuale da uccidere? Mancano ancora le prove necessarie per poter accertare quale è stata la verità.

Foto © Letizia Battaglia

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