di Nicola Tranfaglia - 16 aprile 2015
La testimonianza del colonnello dei carabinieri Michele Riccio merita un'attenzione che purtroppo i nostri media non hanno mai riservato, e particolarmente di questi tempi, non riservano più al problema dei rapporti tra mafia e politica che negli anni Novanta riempiva le cronache dei quotidiani e ancora lo avrebbe fatto per il succedersi delle stragi che funestarono quegli anni, dalla morte di Falcone e di Borsellino con le loro scorte a quelle successive in tutto quel tragico decennio.
Ebbene, Riccio all'apertura della sua deposizione nel processo di appello agli ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu per la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano a Mezzojuso. Riccio ha detto: "Ilardo mi disse che, dietro lo stragismo degli anni '92-93, c'erano mandanti esterni legati ad ambienti deviati dello Stato, quegli stessi ambienti che negli anni 70 avevano gestito la strategia della tensione”. In una deposizione durata sei ore, il colonnello ricostruisce la vicenda di Luigi Ilardo, l'ex braccio destro del boss Piddu Madonia, assassinato a Catania pochi mesi dopo aver accompagnato i carabinieri fino al casolare di Mezzojuso dove il 31 ottobre 1995 si nascondeva Bernardo Provenzano. E Riccio torna ad accusare gli ufficiali già sotto processo e lo fa in qualità di teste indagato di reato connesso. Spiega che Ilardo: "aveva fatto parte di un certo contesto mafioso vicino all'eversione di destra,in contatto con apparati deviati dello Stato". Inoltre rivela che quando nel '93 Gianni De Gennaro gli affidò il confidente lo fece proprio per individuare i mandanti esterni delle stragi. E ribadisce che gli ufficiali del ROS non fecero "assolutamente nulla" per catturare Provenzano, parla di "strategia attendista dettata da motivi politici" e racconta che la strumentazione fornitagli dalla CIA per localizzare il latitante funzionava perfettamente. E ancora tira fuori alcune fotografie in cui si vedono un agente della polizia americana e il funzionario dell'ambasciata americana Joseph Reggimenti mentre illustrano il funzionamento del gps. Riccio passa quindi a descrivere l'incontro tra Mori e Ilardo avvenuto negli uffici del ROS il 2 maggio 1996. “La scena mi colpì- ricorda - Ilardo si avvicinò a Mori e gli disse: "Guardi che molti attentati attribuiti a Cosa Nostra in realtà provengono da voi." Mori si irrigidì, strinse i pugni e uscì dalla stanza". Il colonnello riferisce ancora che più volte Ilardo gli aveva confidato come molti eventi criminali provenissero da un contesto deviato piuttosto che da Cosa Nostra. E mi parlò dei delitti Mattarella, La Torre, Insalaco, dell'attentato dell'Addaura, dell'uccisione di Claudio Domino, di Nino Agostino e di Agostino Piazza". A questo proposito riferisce di Faccia di mostro, del killer dal voto sfigurato che avrebbe partecipato ad alcuni delitti di Cosa Nostra. E riferisce che "Ilardo mi disse che c'era un esponente di Cosa Nostra che aveva avuto un ruolo operativo negli omicidi Agostino, Piazza e nel fallito attentato dell'Addaura e sarebbe proprio quello individuato come "faccia di mostro". La deposizione durerà ancora ma da quello che è emerso nel suo primo giorno è che la presenza di forze non legate direttamente a Cosa Nostra ma in grado di determinare azioni e delitti contro nemici dei gruppi dominanti riceve da una simile deposizione un'altra, raggelante conferma e dà forza ancora di più all'esistenza di una lunga trattativa in quegli anni tra organi dello Stato e l'associazione mafiosa siciliana.
Il caso Ilardo e la trattativa
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