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La presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo ha chiesto al direttore di Domani Emiliano Fittipaldi, audito due giorni fa sul caso Striano-dossier, se in redazione avessero fatto un esame di coscienza dopo il caso. Ci permettiamo di suggerire alla presidente (e al governo) di porre la domanda al contrario: “Cosa abbiamo fatto noi politici di destra dopo questo scandalo per cambiare i nostri comportamenti sbagliati?”. E già perché se si passa agli esami di coscienza non è solo la stampa a dover rendere conto. La prima lezione da trarre è infatti quella della mancanza di trasparenza dei politici su chi paga loro compensi che possono dar luogo a potenziali conflitti di interessi.
Se un giornalista è costretto a chiedere a una fonte notizie segrete su questo non siamo davanti a un problema della stampa che svela la verità, ma della politica che la nasconde.
Proviamo a rimettere i fatti in fila.

1) Crosetto non ha voluto rispondere nel 2022 alle domande (anche nostre) su quanto guadagnava da imprese del settore Difesa prima di diventare ministro;

2) è dovere dei giornalisti cercare le notizie, come i compensi ricevuti dalle imprese della Difesa prima della nomina dal neo-ministro della Difesa;

3) se noi sappiamo oggi che Crosetto nel 2021 ha ricevuto, lecitamente, 619 mila euro da Leonardo (e altre cifre minori da altre società del settore) lo si deve non a Crosetto ma a Domani, i cui giornalisti sono indagati e rischiano la galera;

4) Crosetto, dopo quell’articolo, non ha certo ringraziato ma ha presentato una denuncia alla Procura di Roma per trovare la fonte e i pm pensano di averla scovata in tempo record;

5) ove fosse provato che il tenente Striano ha aiutato Domani, i cittadini dovrebbero ringraziarlo anche perché finora non c’è prova che abbia ricevuto nulla in cambio;

6) se anche la pubblicazione avesse favorito le vendite del quotidiano e peggiorato l’immagine del ministro, non sarebbe un male ma un effetto positivo del sistema democratico;

7) la Commissione si sta muovendo su un crinale delicato dove il giusto accertamento dei vizi di sicurezza delle banche dati può sconfinare in un’impropria caccia alle fonti e in un’indebita anticipazione dell’attività della magistratura;

8) ieri sotto gli occhi della presidente Colosimo un parlamentare ha posto a Fittipaldi (che è stato troppo gentile a rispondere) una domanda sulle fonti sue e di un collega proprio per l’articolo che svelava i compensi pagati da Leonardo a Crosetto;

9) in Commissione Antimafia il ministro Crosetto è stato lodato per la sua collaborazione alle indagini dal pm Raffaele Cantone che sta indagando proprio per scovare anche le fonti usate da Domani per svelare ai lettori i compensi di Crosetto;

10) i fatti narrati da Domani sono veri e di interesse pubblico.

In questo strano clima noi giornalisti, come categoria, dimenticando per un attimo divisioni, gelosie e invidie, dovremmo tutti difendere i colleghi finiti sotto indagine per aver fatto il loro lavoro. La nostra missione è il controllo nell’interesse del pubblico dei vari poteri, compreso quello giudiziario. Di fronte alla caccia alle fonti delle notizie segrete bisogna ribadire che le notizie sui potenti si cercano e si pubblicano tanto più se sono segrete. I politici dovrebbero smettere di fare loro le domande ai giornalisti e magari dovrebbero ricominciare a rispondere. Ci sarà sempre un politico che non vuole svelare chi gli pagava i compensi. Il punto è che di questo passo non ci sarà più un giornale e men che meno una fonte pronta a rischiare per rompere il muro del silenzio. E questo non sarà un problema per la casta dei giornalisti, ma per tutti i cittadini.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano 

Foto © Imagoeconomica

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