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capaci-copyright-shobhadi Saverio Lodato - 27 maggio 2015
Coraggio, non abbattetevi.
Coraggio, avete resistito 23 anni, credendo che ci fosse del vero nelle commemorazioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e dei dieci fra uomini e donne della loro scorte, separate appena da quei 57 giorni che separarono le rispettive stragi, di Capaci e via D’Amelio. E adesso, vi siete stancati.
Vi capiamo.
Commemorare, stanca.
Andare al cimitero, stanca.
Ricordare, stanca.
Fingere di indignarsi, stanca.
Pretendere di educare i giovani, stanca.
Aggrapparsi ai rami dell’"albero Falcone", stanca.
Scrivere, stanca.
Coraggio, la meta è vicina: e la meta sarà quel venticinquesimo anniversario che, come tutte le "cifre tonde", non passerà certo inosservato. Fra due anni sì, che ne vedremo delle belle.
In vista di allora, sarebbe auspicabile che sin da ora i migliori "intelletti" della nazione si mettessero all’opera per escogitare qualcosa di folgorante, di spettacolarmente visibile, a metà fra le coreografie cinesi dei giochi olimpici e i fuochi palermitani d’artificio per la "Santuzza".
E la madrina dei festeggiamenti non potrà che essere Maria Falcone, la sorella del magistrato ucciso dalla mafia. Lo diciamo con tutto il rispetto dovuto ad un cognome eccelso, ma anche con tutto il fastidio provocato da una presenza che, perennemente muta, attraversa i 364 giorni dell’anno, in vista del nuovo anniversario. Maria Falcone, insomma, dicesse qualcosa, se ha da dirla, sui guai dell’"antimafia" di oggi. Oppure continui a tacere, come fa da 23 anni.
Andiamo avanti.  
Il fatto è che sembra di capire, leggendo i commenti all’indomani del 23 maggio, che questa "antimafia" non vada più bene a nessuno.

Era ora.
Era ora che qualcuno si accorgesse che puttanaio è diventata la compagnia di giro che ruota attorno all’antimafia.
Ma qui, però, dobbiamo intenderci.
Di quale "antimafia" stiamo parlando?
Dell’"antimafia" romana che un giorno all’anno, il 23 maggio, viene a svernare a Palermo?
Dell’"antimafia" romana che un giorno all’anno sembra trasferire le massime cariche dello Stato nella terra del pomodoro Pachino e del basilico?
Dell’"antimafia" che si è fatta "antimafia" senza mai aver conosciuto la "mafia" in vita sua?
Sentiamo giovanotti di belle speranze, dalle idee siliconate, che, pur non avendo mai conosciuto i martiri in questione (è di Falcone e Borsellino che stiamo parlando), se non altro per ragioni anagrafiche essendo men che neonati all’epoca dei fatti, si impalcano per dire la loro, su come dovrebbe esser fatta l’"antimafia" (Quanti nomi ci passano per la testa, quante firme illustri, quante signore sedicenti "amiche di Giovanni"…)
Andiamo avanti.
Dicevamo prima: ma di quale "antimafia" stiamo parlando? Ecco, appunto.
Dell’"antimafia" che trova le porte spalancate a Palazzo Chigi, a Palazzo Madama, al Quirinale o in Vaticano?
O stiamo parlando di un‘altra "antimafia"?
Di un'"antimafia" minuscola, piccola piccola, quella che non compare nei tg, nelle prime pagine dei quotidiani, nelle rappresentazioni epiche del regime?
E’ stata fatta un’operazione sporca.
E cercheremo adesso di spiegarla in due parole.
E’ accaduto che in questi 23 anni di anniversari, anno dopo anno, su un piatto della bilancia veniva scaraventato il peso del passato, sotto forma di enfasi, di cerimonia, di retorica pomposa.
Il piatto del presente, dell’attualità, invece, restava vuoto.
Questo era il trucco, questo era il giochetto.
Un sottilissimo bisturi invisibile recideva così, per mano di istituzione, il filo fra passato e presente, fra il c’era una volta e il "qui e ora".
Una cosa, insomma, era Falcone, una cosa sono le mafie romane.
Una cosa sono gli inquisiti per mafia, che non risparmiano più nessuna regione e nessun capoluogo di provincia e nessun partito, una cosa sono i "mafiosi" battezzati come tali da Falcone trent’anni fa.
Una cosa sono "quelli" di allora, una cosa sono "quelli" di oggi (Nino Di Matteo docet!).
Non facciamola troppo lunga.
In Italia, la mafia oggi c’è. Ce ne sono tante.
E che ci sia (e che ci siano), lo sanno in tutto il mondo.
Ma noi, che siamo un Paese di guitti, il 23 maggio e il 19 luglio facciamo finta di commemorare ciò che accadde. E ci diciamo "antimafiosi".
Che in molti si siano stancati, è fisiologico.
(Anche se non occorrevano 23 anni per capire di quale delle due "antimafie" si stesse parlando).

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Foto © Shobha

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