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di Saverio Lodato
Gli ultimi venti, trent’anni, della politica italiana sono stati segnati da un’astensione elettorale fra il quaranta e persino, in alcune occasioni, il cinquanta per cento. Significa che, da diversi decenni, quattro cittadini su dieci hanno appeso al chiodo la scheda elettorale. E sarebbe interessante conoscere anche il dato di quanti italiani, che magari ormai hanno oltre quarant’anni, non sono mai andati a votare. Questo scenario non è un mistero, gli addetti ai lavori lo conoscono benissimo e possono analizzarlo, tabelle alla mano, ripercorrendo elezioni politiche e regionali che si sono susseguite all’insegna della disaffezione. Nessuna area del Paese è stata risparmiata, anche se in misura diversa.
Si trattava, e si tratta, della manifestazione di un rifiuto verso “tutta” la politica, giudicata negativamente, che poteva esprimersi come extrema ratio solo con quell’“io non vado a votare”.
Ma chi invece a votare ci andava, a dispetto di tutto, era impermeabile all’angoscia civica - chiamiamola così - di chi invece aveva preferito ritirarsi a vita privata?
Abbiamo assistito a attese messianiche, oceaniche investiture di leader sorti da nulla, stravolgimenti di scale di valori, regole del gioco, tradizioni consolidate, in un costante gioco al massacro che una volta premia elettoralmente uno, una volta premia l’altro, con un carosello di governi che non sono mai riusciti a predisporre le basi per un’Italia finalmente diversa.
L’Italia dà l’impressione di trovarsi eternamente a metà del guado, stretta com’è fra populismo, demagogia, qualunquismo, frustrazione, e conseguente, monolitica, autodifesa del Sistema.
Tutti ingredienti di una partita alla quale, però, giocavano poco più della metà degli italiani.
In fondo, a molti andava bene così.
Chi vuole occupare un posto in Parlamento - e il nostro argomento, lo sappiamo bene, è demagogico e populistico assai - è poco interessato al grado di partecipazione elettorale che esprime il Paese.
Diciamola brutalmente: anche se andassero a votare due italiani su dieci, quei due italiani eleggerebbero a meraviglia i rappresentanti di Camera e Senato. E la ruota continuerebbe a girare.
Ora pare che stia entrando in campo un Demone impertinente e non previsto.
Un Demone che - se esistesse davvero - scompaginerebbe non di poco le conventicole consolidate, il tran tran della politica non intesa come servizio, ma fatta solo a proprio uso e consumo da appena qualche migliaio di persone.
Solo un piccolissimo esempio a riprova del ragionamento: non c’è più un partito che, su un determinato argomento, non invochi in maniera roboante l’istituzione di una chiarificatrice commissione d’inchiesta.
I veri guai vengono quando a quel singolo partito, spinto da apparente ansia moralizzatrice, rispondono tutti gli altri, invocando a loro volta: “Ma se facciamo questa commissione d’inchiesta, dobbiamo farne un’altra, anche su questo e su quest’altro”, quasi a riprova che tutti ormai hanno qualche scandalo da nascondere. Questo mal costume può durare all’infinito? Difficile.
Se invece scendesse in campo il Demone capace di far tornare alle urne almeno qualcuno di quei quattro, cinque, italiani di cui sopra, la musica cambierebbe.
Ci riferiamo, ovviamente, al movimento delle cosiddette sardine. Le sardine stanno attirando - a sentire i recentissimi sondaggi - un italiano su quattro. È tantissimo. E ne abbiamo scritto qui, qualche giorno fa, per sottolineare come a molti, e non è un caso, proprio le sardine stiano indigeste.
Fatto sta che due recenti stranezze le abbiamo sotto gli occhi: per la prima volta Matteo Salvini scende di un paio di punti rispetto a quell’abbondante trenta per cento del quale da mesi veniva accreditato; Piazza Maggiore, a Bologna, è tornata a essere stracolma. Ma questa volta a sostegno del candidato di centro sinistra, Stefano Bonaccini.
Forse il Demone impertinente comincia a farsi sentire.

???? Foto © Paolo Bassani

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???? La rubrica di Saverio Lodato

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