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di Saverio Lodato
Ho ascoltato Nino Di Matteo, ospite dell’Annunziata su Rai 3, con carta e penna a portata di mano. Appartenendo, il Di Matteo, a quella rara categoria di ospiti televisivi abituati a tacere prima di parlare, ostili al battutismo, restii alle frasi rilasciate in libertà, pur di fare audience, creare scandali di giornata, coniare slogan di breve momento, tirarsi l’applauso, regalare titoloni a effetto.
Durante un serrato faccia a faccia con l’intervistatrice Lucia Annunziata, non si è mai sottratto alle domande, non è mai ricorso alla formuletta del “questo non lo posso dire per ragioni del mio ufficio”, non ha mai parlato a nuora perché suocera intendesse, come è costume della stragrande maggioranza di tutti quelli che prima vogliono andare in televisione, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno qualcosa da dire.
Ne ha dette di cose Nino Di Matteo.
Ha ricordato le sentenze definitive, che provano i rapporti avuti da Forza Italia e Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri con Cosa Nostra, e che proprio per ciò restano tabù.
Ha parlato delle alte probabilità, più che di ipotetiche possibilità, che dietro le grandi pagine stragiste ci siano stati rapporti fra Mafia-Stato e istituzioni. Aggiungendo che l’opinione pubblica ha il dovere di sapere, per essere messa in condizione di ricordare.
Ha ribadito che la magistratura, la magistratura alla quale appartiene, deve rifondarsi, pena il fatto che, diversamente, saranno altri a ridimensionarla e ingabbiarla per sempre.
Ha spiegato, per l’ennesima volta, come il sistema delle “correnti” si fondi su un criterio dell’"appartenenza", e della vicinanza alla politica, che non è più accettabile.
Ha ricordato di essere ricorso contro il provvedimento che ha portato alla sua espulsione dalla commissione stragi della Procura nazionale antimafia, pur non avendo rivelato una sola parola che fosse segreta sulle indagini da lui sviluppate in tutti questi anni.
Si è espresso - assai eloquentemente - su ergastolo ostativo e superficialità della Cedu; ma anche sulla necessità, ora che la Corte Costituzionale ha recepito le linee guida europee, della costituzione di un tribunale ad hoc, con competenze specifiche, per valutare la reale interruzione del rapporto con l’organizzazione mafiosa da parte dell’ergastolano che dovesse far ricorso.
Si è detto contrario alla legalizzazione delle droghe leggere.
Infine, alla domanda di rito sul suo essere simpatizzante del movimento 5 Stelle, si è limitato a far notare come durante i due governi a maggioranza penta stellata non abbia mai ricevuto alcun incarico di natura politica.
Uno lo ascoltava e si chiedeva: ma perché mai Nino Di Matteo conta tanti detrattori nel mondo dei giornali e delle tv, oltre che in quello della politica, e perfino di certa magistratura?
Perché é cosi divisivo?
La risposta è drammaticamente semplice e scontata: perché la mafia, sotto forme diverse, con sfaccettature le più varie, ad ampio spettro di interessi, si è meravigliosamente occultata negli ambiti più reconditi delle istituzioni.
Nino Di Matteo parla chiaro.
La storia la spiega con l’atteggiamento di un professore interessato soltanto al fatto che i suoi alunni capiscano tutto quello che c’è da capire.
Mette paura.
E per questo vogliono fargliela pagare. Ed è di Poteri Occulti, ma anche meno Occulti, che stiamo parlando.

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???? La rubrica di Saverio Lodato

Foto © Imagoeconomica/Paolo Bassani

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