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di Saverio Lodato
Non ci avventureremo, fuori tempo massimo, nelle polemiche scaturite dalla vicenda di Lampedusa, con lo sconcertante siparietto durato una ventina di giorni, con donne, bambini e uomini alla deriva; sin quando Carola Rackete, comandante della Sea Watch, forzando il blocco, ha di fatto portato in salvo vite umane, così ponendo fine a siparietto e sceneggiata.
Continuando di questo passo, non saremo solo noi italiani, ma il mondo intero, a chiedersi se questo è un ministro dell’interno. Se è di questo che devono occuparsi uomini e ufficiali della Guardia di Finanza, insieme a magistrati chiamati a esercitare il controllo di legalità sul bagnasciuga. Vedremo adesso che fine giudiziaria, processuale, penitenziaria, sarà riservata dalle autorità italiane alla Capitana; anche se è altamente improbabile che le toccherà “marcire in galera”, come, in casi del genere, ossessivamente auspicato da Matteo Salvini a beneficio degli Ossessi.
Ecco.
Vogliamo occuparci degli Ossessi, più che dell’Ossesso (Matteo Salvini), che a loro suona il piffero.
Tutti abbiamo visto e ascoltato, nonostante la pudica censura dei Tg, l’accoglienza signorile e civilissima, riservata a Carola Rackete da un branco di Ossessi lampedusani, li convenuti, con ogni probabilità per mettersi in mostra a beneficio di selfie e telecamere. E magari con un pacchetto di voti in mano...
A Carola urlavano che l’avrebbero stuprata, linciata, cacciata, colata a picco, e che, ma questo è stato il minimo, è una gran puttana. E non è mancato chi andava persino all’idea di delegare a un altro “branco”, di colore “nero”, beffa delle beffe, la punizione di uno stupro collettivo.
Tutto sotto gli occhi di Guardia di Finanza e della polizia, evidentemente in massa sul posto per far rispettare la “legge del mare”, non quella “di terra”, che a noi però non pare proprio da buttar via.
Un mese e mezzo fa, alla vigilia delle elezioni, il capo della polizia, Franco Gabrielli, dichiarò in un’intervista al "Corriere della Sera": “Noi siamo la polizia di Stato, non una polizia privata al servizio di questo o quel ministro” (11 maggio 2019).
Pensiero e parole, per noi, da sottoscrivere. Allora, e a maggior ragione oggi.
Erano infatti i giorni in cui l’Ossesso del piffero spediva gli uomini della Digos sui tetti, i balconi, i campanili, sin nel cuore delle case private, al primo stormir di striscioni popolari che lo pigliavano un po’ per il culo. E anche le ragazze, che si accanivano con selfie e telefonini per metterlo in imbarazzo, venivano sottoposte a rigorosa reprimenda Digos.
E il Branco di Lampedusa niente? La Digos ne ha identificati i componenti? Sono stati denunciati a piede libero? Gli hanno fatto passare un brutto quarto d’ora? Non occorrevano neanche le telecamere per sapere chi fossero, come accade negli stadi o nelle discoteche quando succede il fattaccio.
Sarebbe bastato un brigadiere all’antica: “Documenti... favorisca in commissariato”. Invece, niente di niente.
L’Ossesso coccola i suoi cuccioli, i piccoli Ossessi. Ma questo non dovrebbe andar bene alla Polizia di Stato. Che non è, per l’appunto, una polizia privata.

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La rubrica di Saverio Lodato

Foto © Paolo Bassani

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