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lodato saverio cprof 0 c paolo bassanidi Saverio Lodato
Ho viaggiato sulla Tav Palermo-Messina, tre ore e cinque minuti per meno di duecento chilometri, sul fianco sinuoso di uno dei lungomari più belli del mondo (oggi per la verità è un pò mosso), in direzione dello stretto di Ulisse, chiamiamolo così con buona licenza, fra Scilla e Cariddi, dove neanche la maga Circe avrebbe immaginato la possibilità di un ponte. Ed è proprio lì, nel bel mezzo di quel mare, che volle incantare Ulisse, fermandolo per tutto il tempo che le fu necessario, ma l'eroe, imponendosi uno strattone, poi tirò dritto, eludendo la melodia delle Sirene, come si conviene a chi vuole seguir virtude e canoscenza. Forse è la maledizione di Ulisse, ma iI ponte, stucchevolmente decantato, prima dalla propaganda berlusconiana, poi da quella piddina e di centro sinistra, ancora non c’è, né ci sarà mai, almeno per altri decenni. E, se per questo, non c’è neanche la Tav Palermo-Messina, sulla quale, all’inizio di queste righe, avevo fatto finta di viaggiare sperando, sparandola grossa, di catturare l’interesse dei lettori.
Lo avrete capito. Ho viaggiato su un banalissimo treno sgangherato, solida vecchia ferraglia, rigorosamente di seconda classe, servizi igienici sufficientemente sporchi, con personale ferroviario gentile, ma rassegnato, passeggeri in piedi per sovraffollamento, essendo, quella tratta, frequentatissima per lavoro.
I passeggeri non si sono mai lamentati e hanno trascorso tutto il tempo del viaggio sino alla loro destinazione immergendosi nel mondo virtuale dei loro telefonini.
Si piomba quasi in una vecchia Sicilia, acquistando un biglietto di treno in seconda classe. Si vedono i poveri, quelli che stentano a campare. Si ascolta il dialetto stretto, come unica lingua. Non c’è eco di dibattiti televisivi.
Lo scambio fra i passeggeri è ridotto al minimo. E qualcuno tira persino fuori un’arancia, come raccontò Vittorini. Nessuno parla di politica.
La Tav? Il ponte sullo stretto?
Questo è il treno che a loro è toccato in sorte. Con le chimere non si mangia. Per i sogni di gloria, un telefonino è sufficiente. I politici continuassero a dire le cazzate che vogliono.
"Vos et ipsam Civitatem benedicimus" (benediciamo voi e la vostra Città) recita, all’ingresso della città di Messina, la scritta sulla stele della Madonna della Lettera, che millenni dopo, da queste parti, conta ancora moltissimi fedeli.

Foto © Paolo Bassani

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