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lodato saverio cprof c paolo bassani 2018di Saverio Lodato
“Negli ultimi giorni, dopo le sentenze dei processi per la Trattativa Stato-Mafia e per “Borsellino quater”, mia madre sosteneva che bisognasse ripartire da lì. E ricominciare tutto daccapo”.
Con una dichiarazione della lunghezza di appena un paio di righe, Marta Fiore Borsellino, una dei tre figli di Rita, ristabilisce una verità solare che rende sino in fondo giustizia a una donna che in vita tutto fu tranne che simbolo vuoto dell’antimafia; icona spendibile in tutte le stagioni; accondiscendente con quella politica che, parole a parte, osteggiava con i fatti e comportamenti la presa di coscienza che in Sicilia (ma sarebbe più corretto dire in tutt’Italia) era maturata dopo le stragi del 1992.
Ora che Rita Borsellino non c’è più, il più grande torto che potremmo farle sarebbe quello di limitarci a declinare la sua figura tutta al passato. Quasi fosse l’incarnazione di un’antimafia dell’Età dell’Oro, che oggi non c’è più. E che non ci resterebbe che rimpiangere.
Il che, sia ben inteso, in qualche modo si spiega con un “passato” di prim’ordine, intrecciandosi, quello di Rita - come è noto - con il movimento palermitano dei “lenzuoli” o con figure carismatiche come Antonino Caponnetto, che di quel “pool Antimafia”, che schierava personalità come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, era stato guida e garante. O con la pluriventennale storia delle scuole di tutta Italia dove lei, Rita, andava costantemente, quasi in incognita, senza codazzo di autorità, fanfare e fasce tricolori, per rispondere alle domande dei ragazzi, molti dei quali nati dopo la stagione delle stragi. O con quel gesto dirompente di cacciare Silvio Berlusconi da casa sua, come ho avuto modo di ricordare qui nell’immediatezza della sua scomparsa.
Ore le parole di Marta Fiore ci dicono che, nonostante la malattia, Rita tenne sino all’ultimo gli occhi ben aperti su quanto stava accadendo. Né le erano sfuggite le clamorose novità.
Chi la conosceva bene non si è stupito. Chi pretendeva di cavarsela con lo stereotipo della donna dal “tratto gentile” sarà rimasto a bocca aperta.
Ed è un gran peccato, ma non è un caso, che quella frase di appena un paio di righe, sia finita sommersa nelle cronache di questi giorni, quasi fosse frase fra le altre, priva di quella carica dirompente che invece, in tutta evidenza, contiene.
Vediamo perché, esaminandola parola per parola.
Le due sentenze, alle quali si fa riferimento, sono quasi venute temporalmente a coincidere a ventisei anni di distanza da Capaci e Via D’Amelio.
Più di un quarto di secolo. Un’enormità. La dimostrazione di quanto la giustizia italiana cammini per i fatti suoi, insensibile a un mondo che per andare avanti pretenderebbe invece risposte rapide e chiare agli infiniti misteri che per settant’anni hanno devastato l’Italia.
E chi, meglio di Rita Borsellino, aveva titoli per dire di quale esasperante lentezza fosse fatta la giustizia italiana?
Eppure, ci dice adesso Marta Fiore, lei era convinta che “Bisognasse ripartire da lì. E ricominciare tutto daccapo”.
Non le sfuggiva che carabinieri e uomini politici condannati per aver Trattato con la Mafia e l’intera vicenda Scarantino, indicata come il “più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana” (ché questo dicono le sentenze di Palermo e Caltanisetta), rappresentavano una novità enorme.
Tutta da approfondire certo. Da continuare a indagare, scandagliare, processare, alla ricerca di quegli altri tasselli che tutti insieme permetterebbero finalmente un mosaico compiuto. E non a caso, Rita, diceva che occorreva “ripartire” da lì.
E quel verbo - ripartire - stava a sottintendere che il Grande Viaggio si era fermato.
Ciò che è accaduto negli ultimi anni era sotto gli occhi di tutti. Figuriamoci se Rita non se n’era accorta.
Quanti birbanti, e quanti autentici briganti, avevano dato l’assalto alla diligenza antimafia per arraffare patenti di “eroismo”, prebende, incarichi politici, vitalizi, sinecure e, persino, denaro contante.
Gli occhi di Rita vedevano l’assalto alla diligenza.
Vedevano il giudice che si appropriava dei beni sequestrati ai mafiosi.
Vedevano l’imprenditore antimafia che pretendeva mazzette in cambio di concessioni.
Vedevano il politico che cavalcava l’onda, di legislatura in legislatura, per restare inchiodato al seggio.
Vedevano il mister X di turno, che con le parole dell’antimafia sempre in bocca, costruiva personalissime reti di potere parallelo.
Vedevano gli esponenti di troppi “centri” alla memoria o associazioni di apparenti nobili intenti, che arraffavano finanziamenti pubblici a patto che fossero scodinzolanti con i potenti di turno …
Rita, vedeva ma non si rassegnava.
E ha voluto sino all’ultimo giorno che il Grande Viaggio riprendesse il suo cammino.
Come?
Ce lo ha trasmesso Marta Fiore, con una frase di due righe appena.

Foto © Paolo Bassani

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La rubrica di Saverio Lodato