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lodato saverio cprof c paolo bassani 2018di Saverio Lodato
"È uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana". Che si poteva dire di più? Parole che non potrebbero essere più chiare. Parole che sono alla base della riapertura delle indagini su poliziotti ancora in servizio, sospettati di reati pesantissimi. Parole che definiscono un orrendo scenario sullo sfondo della strage in cui persero la vita Paolo Borsellino e uomini e donne della sua scorta. E che si spingono oltre, indicando in quell'Arnaldo La Barbera, poliziotto che guidava la task force sulle indagini, il Depistatore Principe con un ruolo diretto nella sparizione "dell'Agenda rossa".
Le motivazioni della sentenza quater su via d'Amelio, Corte d'Assise presieduta da Antonio Balsamo, giudice a latere, Janos Barlotti, andranno a fare il paio con quelle, che presto leggeremo, di Alfredo Montalto, presidente della seconda Corte d'Assise di Palermo, e di Stefania Brambille, a seguito della pesante condanna inflitta agli imputati per la Trattativa Stato-Mafia.
Cosa diranno ora i minimalisti della materia, quelli che volevano convincerci che avevamo assistito a uno stragismo straccione, frutto solo di responsabilità mafiose?
La suoneranno ancora la musichetta dei pubblici ministeri che, divorati dal protagonismo, inseguono "entità superiori", oltre Cosa Nostra, che invece non esistono in natura?
E certi storici la diranno qualche parolina per spiegarci i comportamenti di interi pezzi deviati dello Stato?
Capiranno tutti, minimalisti, storici e opinionisti del travestimento della verità, che la musica è cambiata? Che, un quarto di secolo dopo, con piede lento, la magistratura sta rimettendo ordine?
Si rassegneranno all'evidenza che non di solo Mafia fu insanguinata l'Italia?
Ne dubitiamo. Ci sono sempre sembrati troppo ostinati nell'errore, quasi avessero qualche peccatuccio da farsi perdonare.

Foto © Paolo Bassani

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La rubrica di Saverio Lodato