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alfano dimatteo londraLa solita storia del pastore
di Saverio Lodato
Ad un quarto di secolo dall’uccisione di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo,  Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, gli uomini simbolo della lotta alla mafia si ritrovano nell’impossibilità di mettere la testa fuori dai confini nazionali.
E’ accaduto a Nino Di Matteo, il titolare dell’accusa nel processo sulla Trattativa Stato-Mafia in corso a Palermo, costretto a declinare l’invito del King’s College London Italian Society, per un dibattito sulla mafia con giovani universitari che prevedeva anche la proiezione del film "A Very Sicilian Justice", prodotto da Al-Jazeera, in cui, proprio di Di Matteo, si racconta la storia.
La ragion dell’"intoppo" è alquanto bizzarra: le autorità inglesi, infatti, garantiscono scorte armate soltanto a Capi di Stato, Capi di governo e Ministri degli esteri stranieri, ragion per cui non avrebbero potuto garantire alcuna forma di tutela a Di Matteo nelle ore in cui sarebbe stato presente sul suolo britannico. Ognuno a casa sua si regola come vuole, ci mancherebbe.
Certo però che questa "collaborazione internazionale" nella lotta contro le mafie tanto strombazzata lascia molto a desiderare. Il 22 maggio, è solo un esempio, avrà luogo al Palazzo di Giustizia di Palermo un convegno internazionale di magistrati in ricordo di Falcone, al quale i rappresentanti delle autorità italiane parteciperanno in grande spolvero, a beneficio delle no-stop televisive come accade puntualmente ad ogni anniversario della strage di Capaci. Di sfilate e parate è scandita anche la vita degli anniversari.
E saremmo pronti a scommettere che, fra gli altri, in prima fila ci sarà Angelino Alfano, il nostro Ministro degli esteri.
Ma Angelino Alfano, titolare del Ministero degli esteri, di fronte all’"intoppo" che ha impedito a Di Matteo di partecipare all’evento anti mafioso londinese non ha aperto bocca. Insomma, si è appisolato.
Eppure avrebbe potuto spiegare alle autorità inglesi come le autorità italiane considerano Nino Di Matteo un "fiore all’occhiello" nella lotta contro la mafia.
Avrebbe potuto scrivere una nota di suo pugno per mettere nero su bianco che se l’opinione pubblica anglosassone è preoccupata per i profondi legami fra mafia e istituzioni - la serata si è svolta infatti, pur in assenza di Di Matteo del quale è stato letto un messaggio, con enorme successo di pubblico - altrettanto lo sono l’opinione pubblica e il governo italiani.
Magari avrebbe potuto rivolgersi alla sua collega Roberta Pinotti, Ministro della difesa, per "affittare" a Londra una squadra di Rambo (ovviamente a spese del governo italiano) che garantisse a Di Matteo la possibilità di far sentire all’estero la voce migliore di chi in Italia la lotta alla mafia la fa sul serio.
Oggi abbiamo voglia di scherzare. Ma cosa andiamo a pensare? Come ci vengono simili idee strampalate?
Angelino Alfano non vuole che l’Italia faccia brutta figura all’estero e sull’argomento mafia tende ad appisolarsi.
Ricordate i versi dell’"Arlesiana" di Francesco Cilea? "E’ la solita storia del pastore. Il povero ragazzo voleva raccontarla. E s’addormì…"
Ma per l’anniversario di Capaci Angelino sarà ben sveglio: c’è da giurarci!

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La rubrica di Saverio Lodato

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