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sava lia c ansaSvegliati, ministro Orlando
di Saverio Lodato
Il palazzo di Giustizia di Caltanissetta, cuore pulsante di indagini (anche se interminabili) sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, dovrebbe essere un fortino impenetrabile, un santuario di segreti custoditi, sigillati, oseremmo dire, in vista di eventuali rinvii a giudizio, altri processi, contestazioni accusatorie rette da prove sulle pagine più nere, più torbide, più delicate e a tutt’oggi, un quarto di secolo dopo, illeggibili in tutta la loro interezza.
Non è chiedere la luna. Non significa cercare il pelo nell’uovo per dimostrare che le cose da noi non vanno come dovrebbero. Né ci muove lo spiritello di rovinare la "festa" agli ottimisti di professione che già sono in grande spolvero in vista delle Parate di Stato dei prossimi 23 maggio e 19 luglio.
No, non è questo.
Ma voi avete mai sentito parlare di intrusioni nei caveau blindati dell’FBI o di Scotland Yard, o del Quai des Orfevres o in quelli della Bundespolizei?
Invece, la recente notizia, sussurrata di sfuggita da qualche giornale, che durante le vacanze pasquali qualcuno si era introdotto con calma serafica nell’ufficio della dottoressa Lia Sava, procuratore aggiunto a Caltanissetta, e titolare di indagini iper delicate, dovrebbe lasciare tutti di sasso. E a noi lascia doppiamente di sasso: dal momento che quando i poliziotti della scientifica, una volta che l’intrusione era stata scoperta, hanno chiesto di potere visionare i filmati delle telecamere installate proprio a sorveglianza di quegli uffici, si sono sentiti rispondere dai responsabili addetti ai lavori che, essendo state installate da poco, ancora non erano state accese.
Ora sono state raccolte le impronte. Ora indaga per competenza la Procura di Catania. Ora, bene che vada, voleranno gli stracci.
Non nascondiamoci dietro quella Montagna che ha nome Retorica: l’antimafia è allo stravento.
Intendendosi, per stravento, quella pioggia che colpendo di taglio gli infissi delle case, e per effetto combinato di un vento più cattivo del solito, non puoi fare a meno di ritrovarti dentro; in casa, appunto. Ma c’è anche la beffa.
Visto che gli ignoti visitatori, dopo avere visionato ciò per cui erano venuti, hanno lasciato acceso il computer della dottoressa Sava, che benissimo avrebbero avuto il tempo di spegnere, e rovesciato alcune piante, che nella stanza non davano alcun fastidio.
In altre parole, hanno inteso dire: siamo entrati, abbiamo preso quello che ci serviva, e ve lo vogliamo far sapere.
Si dirà che sono stati i mafiosi della Sicilia interna. Si dirà che sono stati emissari locali dei capi di Cosa Nostra. Può darsi.
Ma dal momento che le stragi di Capaci e via D’Amelio non furono di sola mafia - è troppo azzardato sostenerlo?- ci tormenta il solito cruccio che il commando entrato in azione a Caltanissetta in realtà non fosse composto da semplici scamisados, boss o picciotti che siano.
Ci piacerebbe sapere, insomma, come stanno davvero le cose. Ci piacerebbe sapere a che servono le telecamere se restano spente.
E ci ha colpito il fatto che la serratura dell’ufficio violato dagli ignoti non sia stata forzata.
Riferiscono, in proposito, alcune cronache: "Le chiavi delle porte sono conservate in una bacheca accessibile a diverse persone, visto che servono anche agli addetti delle pulizie". E’ troppo banale dire che cascano le braccia?
E che dire di più? Forse, se analoghe curiosità crucciassero anche il ministro della giustizia Andrea Orlando, ne sapremmo di più. Primarie del Pd permettendo. Si capisce.

Foto © Ansa

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La rubrica di Saverio Lodato