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lodato saverio big7Non mi avete convinto: voterò “No”!
di Saverio Lodato
Solo Dio può sapere come finirà il referendum. La sondaggistica, da tempo, ha dimostrato non tanto di non essere una scienza esatta, quanto di essere, assai più modestamente, materia per stregoni smidollati che non hanno previsto mai né il prevedibile né l’annunciato: dalle crisi bancarie e finanziarie all’incazzatura inglese per l’Europa alla repulsione americana per il "politicamente corretto" della Clinton. E limitandoci a casa nostra, in tanti scoprirono a cose fatte: "toh c’è il Movimento 5 stelle!".
Consiglio conseguente a questa premessa: rimangano freddi i sostenitori del “No", a quei sondaggi dell’ultimo giorno che li hanno dati in vantaggio di una forbice fra i 7 e i 10 punti rispetto al fronte del “Sì". Dovessero avere qualche cocente delusione.
Altrettanto dicasi per i fautori del “Sì" i quali, avendo dato per scontato le proporzioni del vantaggio del “No", da quel momento in poi hanno iniziato a quantificare, nelle segrete stanze, l’entità della loro “rimonta". Dovessero, anche loro, avere qualche cocente delusione.
E’ infatti tutto possibile, tutto probabile, in questa che è la campagna elettorale più lunga e sfibrante dell’intera storia repubblicana. Due mesi, tecnicamente parlando, e un intero semestre, da quando se n’è cominciato a parlare, non si erano mai visti.
Resta da capire se ce ne fosse davvero il bisogno.
Totalmente da ignorare, poi, ma questo aspetto riguarda direttamente gli elettori, le "tempeste nel deserto" che raramente spostano un voto, e semmai sortiscono un effetto boomerang, sollevate dagli “autorevoli" osservatori di tutto il mondo che vorrebbero spingere l’ago del voto italiano chi di qua chi di là. Neanche i Capi di Stato, gli opinionisti o i giornali o le televisioni o le agenzie di rating, siano essi i più autorevoli, sono mai stati disinteressati, né mai lo saranno. Tutti hanno un proprio mulino al quale tirare l’acqua. A non voler considerare il dato di fatto che, in casi del genere, è praticamente impossibile individuare l’"a chi giova?", il proverbiale "cui prodest?".
Purtroppo quest’aspetto ci induce a una considerazione: l’Italia è sempre stata, è, e lo resterà - e questa è facile previsione -, terra di conquista, cortile di case altrui, agone per scaramucce in trasferta di altre nazioni, a difesa dei loro poderosi e portentosi interessi.
Tutti scoppieremmo fragorosamente a ridere se i direttori dei nostri giornali italiani e le loro testate dessero consigli agli elettorati americani o tedeschi o francesi, solo per dirne una, in occasioni delle campagne elettorali al termine delle quali nominano governanti e presidenti. Infatti, per fortuna, non accade.
Ma il fatto che per l’”estero" la cosa più scontata di questo mondo sia dire all’Italia come dovrebbe comportarsi, ci fa capire in quale considerazione siamo tenuti.
Vale per l’Europa, vale per l’”Oltreoceano".
L’Italia, vista da fuori, è robetta. Ma, in proposito, non vorremmo essere fraintesi: siamo boccone appetibile proprio perché siamo un grande Paese, anche se, purtroppo, donde gli sconfinamenti di campo degli altri, abbiamo il personale politico che abbiamo. E che alla fine ci fa apparire agli occhi degli altri, per l’appunto, robetta. Una robetta facilmente scalabile.
In conclusione.
In queste serate tv, che metterebbero a dura prova persino la resistenza di un cavallo, ci hanno particolarmente colpito due opinionisti d’eccellenza, il riferimento è a Paolo Mieli e Federico Rampini, i quali, in distinte trasmissioni, a domanda su come voteranno, hanno esordito dicendo che “opinionisti" e “analisti" dovrebbero tenere segreto il loro voto. Salvo poi, un attimo dopo, rivelare quale è il loro schieramento di appartenenza. E Mieli e Rampini voteranno per il “Sì".
Noi, invece, che di certo non siamo “analisti", e qualche “opinione" la coltiviamo, anche se solo in campi assai limitati, voteremo “No".
Per Dio, se voteremo “No"!
E troviamo sacrosanto dirlo, senza alcuna incertezza o apparente timidezza.

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La rubrica di Saverio Lodato

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