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casaleggio gianrobertodi Saverio Lodato
La maledizione che in Italia colpisce il nuovo, come fu per Berlinguer

Ora dicono, e diranno, che era un visionario. Ora dicono, e diranno, che era un uomo misterioso. Ora dicono, e diranno, che era un alieno. Ora dicono, e diranno, che si era fatto i soldi. Ora dicono che fosse geniale… che sapeva parlare di politica…
E che diceva, invece, lui di se stesso?
Diceva: "sono un comune cittadino che con il suo lavoro e i suoi (pochi) mezzi cerca, senza alcun contributo pubblico o privato, forse illudendosi, talvolta anche sbagliando, di migliorare la società in cui vive". Sono parole che restano. E che, quasi istintivamente, ci piacciono.   
D’altra parte nessuno oggi, tranne la cerchia ristrettissima dei suoi più fidati collaboratori, potrà dire di averlo conosciuto davvero.
In televisione non voleva andarci e non ci andava. Sul palco sarà salito un paio di volte in una decina d’anni, per interventi fulminei e "antiestetici", cioè senza un sorriso, senza un pistolotto retorico, con l’aria pallida, sofferta, triste, solitario, quasi volesse incarnare una concezione della politica che, venendo da lontano, deve - e dovrebbe - essere, innanzitutto, spirito di servizio, dedizione alla causa degli altri, sacrificio. Né voleva, né volle mai, essere simpatico e accattivante.
Neanche Enrico Berlinguer, al quale l’accomunava l’aspetto triste, voleva essere televisivamente simpatico e accattivante. Come se in questo Paese, una maledizione si accanisse a colpire sempre il nuovo.
Un giornale ha scritto: "Riservato fino al mistero, rivendicava però con orgoglio l’approccio populista". Perché l’espressione "approccio populista"?
"In cauda venenum" (è nella coda che sta il veleno), dicevano gli antichi.
Il "populismo", il "qualunquismo", la "demagogia", i marchi a fuoco con i quali la Vecchia Politica, in Italia, ha eternamente stigmatizzato il "nuovo" per ricacciarlo indietro; quel "nuovo", per dirla con Gramsci, che "stenta ancora a nascere" al cospetto del "vecchio", appunto, che "non vuole morire".
Si eserciteranno dunque, letterariamente parlando, tutti quelli che oggi scriveranno sui giornali dell’improvvisa scomparsa di Gianroberto Casaleggio, ad appena 61 anni, in uno dei momenti più difficili e delicati della politica italiana. E diciamo "letterariamente", perché di spunti veri, tratti dal reale, riconoscibili, e ai quali fare riferimento, Casaleggio, in vita sua, ne offrì davvero molto pochi.
Però cerchiamo di ragionare sul poco che abbiamo, ma anche sul molto che ci ha lasciato.
E cominciamo col dire che l’Alieno andava a braccetto con il Comico. Il duo Casaleggio-Grillo è stato quanto di più insolito si sia visto in sessant’anni di Repubblica italiana incartapecorita e mummificata nei suoi rituali stanchi e biecamente conservatori.
Dovremmo essere tutti capaci, e avere la voglia, di rispondere a un interrogativo semplice: come fecero, l’Alieno e il Comico, a tirar su in quattro e quattr’otto questo Movimento 5 Stelle diventato, in pochissimo tempo, il secondo, se non addirittura il primo punto di riferimento elettorale per gli italiani? Da cosa erano partiti? A quali istanze, che invece sfuggivano ormai alla Politica Tradizionale, si preparavano a rispondere?  
Certo. Casaleggio veniva dal mondo della "rete". Da quella grande "pancia" sommersa che, quantomeno in Italia, aveva da tempo sostituito, le "piazze", i "comizi", i "porta a porta", circoli, parrocchie, case del popolo, sezioni di partito, eccetera, eccetera.
Aveva saputo "inventare", trovare una strada nuova. A un certo punto non gli piacquero più le "lumache". Come il Cosimo Piovasco di Rondò - il "Barone Rampante" di Italo Calvino - che disse: 'Ho detto che non voglio e non voglio!' e respinse il piatto di lumache. "'Via da questa tavola!'.
"Di lì a poco, dalle finestre, lo vedemmo che s’arrampicava su di un albero.
"'Ti farò vedere io, appena scendi!' disse nostro padre.
"'E io non scenderò più'. E mantenne la parola".
La Rete, in altre parole, era diventata per Casaleggio l’albero sul quale si era arrampicato e dal quale non era più voluto  scendere. Fosse dipeso però solo da questo, il movimento fondato dall’Alieno e dal Comico non avrebbe avuto dalla sua quell’enorme propellente che è sotto gli occhi di tutti. Propellente che la prematura scomparsa di Casaleggio non archivia.
Casaleggio e Grillo, infatti, da un lato scelsero di perseguire una politica che fosse una poderosa "levatrice" della Rete, dall’altro spararono alzo zero contro la televisione.
Quella televisione dentro la quale, guarda caso, in assenza ormai di piazze, comizi, porta a porta, eccetera eccetera, si era placidamente accucciata la vecchia opposizione convinta di poter vivere di rendita all’infinito. Il tutto con un gigantesco effetto moltiplicativo che con una mano premiava elettoralmente i 5 stelle, e con l’altra tirava verso il basso la vecchia politica che si ostinava a fare le sue comparsate in televisione.
La raffica di scandali, le ruberie, le mafie, la corruzione dei politici, le impunità vergognose, il ruolo opaco di un capo dello Stato come Giorgio Napolitano per due interi mandati, tre presidenti del consiglio imposti dall’alto, non sono stati altro che gli ingredienti successivi di un "lievito" che milioni di italiani avevano ormai percepito come nuovo.
E accanto alla Faccia Ridens di Grillo c’era la Faccia Triste di Casaleggio. Un mix fortemente simbolico, indipendentemente dai contenuti verbalmente espressi dai due leader.
Certo. Quanti errori hanno fatto i 5 stelle in questi anni. Quante dichiarazioni sbagliate. Quante campagne di "repressione interna" che avrebbero potuto evitare. E il cui elenco puntiglioso, in questi giorni, invaderà il mondo dei media. Ma ci piace pensare che uno come Casaleggio, e qui anche noi scadiamo nella bassa "letteratura", doveva conoscere molto bene il pensiero di Mao per il quale "la rivoluzione non è un pranzo di gala, un disegno, un ricamo: non la si può fare con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità…".
Dopo la sua morte, questa "rivoluzione" è più vicina? Lo vedremo. Ma soprattutto ce lo faranno vedere i dirigenti che erediteranno la guida di questo movimento.
Di sicuro c’è che non se n’è andato uno "qualunque".

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La rubrica di Saverio Lodato

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