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di matteo lodato mattarelladi Saverio Lodato
Lo vogliono isolato. Lo vogliono accerchiato. Lo vogliono a mani nude. Lo vogliono delegittimato. Lo vogliono esposto al tiro dei cecchini. Povero Nino Di Matteo, finito nella fossa dei leoni.   
Povero Nino Di Matteo, che deve restare sereno, per continuare a occuparsi delle indagini sulla trattativa Stato-Mafia, mentre tantissimi suoi colleghi continuano a fare come fa il gatto quando gioca con il topo.
Povero Nino Di Matteo, che deve trovarsi i duecento chili di tritolo perché se no le Mummie Imbalsamate non gli credono e non gli crederanno mai.
Povero Nino Di Matteo, che quotidianamente deve trangugiare il veleno di una stampa avvelenata contro la sua persona perché, con quelle sue indagini maledette, ha rotto quegli equilibri che stanno bene a tutti.          
C’è poco da dire e poco da fare: stanno creando le condizioni migliori per farlo ammazzare.  
Non vogliamo più girarci attorno: stanno predisponendo tutte le carte necessarie, con i timbri a posto, per farlo ammazzare. Continuano infatti a insistere, con ottusa pervicacia burocratica, nella linea della bocciatura a oltranza che non prevede prove d’appello, ripensamenti, vie d’uscita onorevoli per tutti.
Le Mummie Imbalsamate lo fanno apposta?
Deliberatamente?
Davvero credono che Di Matteo, in fatto di indagini di mafia, abbia "zeru tituli"?
O lo fanno perché non capiscono?
Perché non hanno la benché minima idea della delicatezza della materia che stanno trattando?
O perché ritengono che i killer di Cosa Nostra si muovono indipendentemente da ciò che accade nel bel mondo del diritto?
Contano i fatti. E i fatti, purtroppo, sono quelli che sono.    
Cosa è diventato questo Consiglio Superiore della Magistratura? A quali logiche risponde? Come è possibile che non ci siano segni di ravvedimento? Andatevi a leggere la recente dichiarazione del deputato Pd, Michele Anzaldi. Non avremmo nulla da aggiungere alla bontà della sua analisi. Salvo costatare che la sua, purtroppo, è voce isolata nel deserto.
E poi c’è una certa stampa.
"Fa il titolo", come si dice in gergo, se viene arrestato l’avvocato Marcello Marcatajo, con l’accusa d’avere venduto una trentina di box per conto della famiglia mafiosa della borgata dell’ Acquasanta a Palermo. Ma fa finta di non sapere che gli investigatori sono arrivati all’indirizzo di quell’"avvocato" grazie alla collaborazione del pentito Vito Galatolo che dura ormai da mesi. E che lo stesso Galatolo ha spiegato papale papale che quei soldi servivano per acquistare il tritolo necessario a far saltare per aria Di Matteo e la sua scorta.  
Come non bastasse, certi giornalisti dalla mano lesta non perdono l’occasione di lanciare stilettate ripetendo all’infinito che quel processo non sta in piedi. Perché è impensabile, inimmaginabile, inaccettabile, blasfemo, diabolico, ritenere che lo Stato italiano possa avere trattato con la mafia.
Certo, certo, cari colleghi.
E’ così limpida la storia di questi sessant’anni della nostra Repubblica! E’ così chiara e così priva di ombre e leggera come una piuma… Basta leggere le sentenze di centinaia di processi per centinaia di stragi e migliaia di delitti per fugare ogni dubbio sui comportamenti invece adamantini dei servizi segreti che hanno operato in Italia per decenni all’insegna dell’onesta, delle verità e della giustizia.
Giusto?
Avete proprio ragione, cari colleghi.
Come si fa ad affermare che lo Stato ha sempre trattato con la mafia, a cominciare dallo sbarco alleato, a non volere andare indietro persino al ventennio fascista, o ancora più indietro, con il delitto Notarbartolo?
Avete proprio ragione voi: uno storico contemporaneo ha scritto sull’argomento parole chiare, incontrovertibili. Gli americani con la mafia non ebbero niente a che spartire…
Ma non abbiamo più voglia di ironizzare sull’argomento.
Forse è davvero giunto il momento che il nostro Capo dello Stato dica la sua.
E la dica con molta forza.

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