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lodato-borsellinodi Saverio Lodato - 18 agosto 2015
Di questi Borsellino non deve rimanere neanche la semenza. E’ un cognome che in Sicilia deve essere cancellato, per sempre. Hanno fatto più danni loro ai mafiosi che lo Stato italiano in un secolo e mezzo di chiacchiere sull’argomento.
Paolo, il capostipite, faceva il magistrato e si mise insieme a quell’altro gentiluomo di Giovanni Falcone per rendere la vita impossibile ai "picciotti" e alle loro famiglie. La lezione gli venne data, eccome se gli venne data, ma è come se non fosse servita a niente.
Suo figlio Manfredi, infatti, fa il poliziotto, cioè "lo sbirro", e pretende pure di lavorare in Sicilia. Lo capite: magistrato il padre, "sbirro" il figlio…
Suo fratello, Salvatore, da anni si è messo in testa di trovare l’"agenda rossa" che abili manine dello Stato-Mafia e della Mafia-Stato ritennero più conveniente far sparire dalla scena del delitto. Non solo. Salvatore si scontrò perfino duramente con Giorgio Napolitano, il capo dello Stato che voleva intralciare a tutti i costi il processo di Palermo sulla trattativa con l’accusa pericolosamente rappresentata (sono punti di vista) da Nino Di Matteo.
Sua sorella Rita da anni, scendendo in politica, ha fatto le umane e divine cose perché il sentire comune della gente sulla metastasi mafiosa cambiasse radicalmente. Niente da fare.  
Sua figlia Lucia, pretendeva addirittura di inceppare il sistema sanitario siciliano ostacolando ambizioni, interessi, affari sporchi, di una casta di medici e funzionari che si richiamavano invece al "Metodo Tutino".
Ecco perché ai "bravi ragazzi" di Sicilia, al solo sentire pronunciare il cognome Borsellino va il sangue agli occhi.
Perché dalla strage di Via D’Amelio sono trascorsi 23 anni anche per loro. E non accettano, non capiscono, non digeriscono che un’intera famiglia abbia ereditato il messaggio del capostipite.

I giornali riportano la notizia che, per decisione del Viminale, Lucia sarà scortata da uomini armati e potrà svolgere il suo "prezioso lavoro" nel pianeta Sanità a patto di lasciare Palermo e trasferirsi a Roma. Molti dicono che "non si conoscono" i motivi di questa scelta romana. La stessa Lucia si è detta sorpresa dalle notizie che la riguardano. Qualche politicante siciliano, esprimendole "solidarietà!  ha perso una buona occasione per tacere. C’è chi si interroga su oscure "segnalazioni" dell’immediato pericolo che corre Lucia, c’’è chi ipotizza l’esistenza di intercettazioni telefoniche coperte da segreto e che avvalorerebbero tali preoccupazioni.
Ed è quasi con tenerezza che siamo costretti a registrare l’imbarazzo di certi opinionisti che nelle ultime settimane si erano gettati a capofitto nel piatto ricco del’"antimafia delle passerelle" e che ora non sanno darsi una "lettura" di questa nuova minaccia contro Lucia salvo dovere ammettere che se la mafia continua a esserci, di una qualche forma di antimafia continuerà a esserci gran bisogno.
Serve a poco chiedersi "cosa c’è dietro". Basta e avanza ciò che è sotto gli occhi di tutti.
Lo dicevamo all’inizio: dei Borsellino non deve restare neanche la semenza.    
La Sicilia continua a produrre vittime designate, bersagli mobili, liste nere di persone a rischio per le cose che dicono, per quello che fanno, per quello che rappresentano nell’immaginario collettivo. Ma sul serio, non a parole.
La Sicilia che si libera, la Sicilia che si emancipa, la Sicilia che volta le spalle al passato resta, nella migliore delle ipotesi, una pia illusione che troppo ancora dovrà attendere per tradursi in realtà, nella peggiore, invece, il cavallo propagandistico di una politica senza scrupoli che con la mafia convive, ci sta in ottimi rapporti, ci fa affari come niente fosse.
Prendete il buon Rosario Crocetta. E’ rimasto "governatore" a dispetto dei santi. Ha evitato – in un  soprassalto di umana lucidità – di suicidarsi quando la valanga delle intercettazioni, proprio sull’argomento Sanità-Tutino-Lucia Borsellino lo aveva investito in pieno. Poi, a rianimarlo del tutto, sono arrivate le bombole d’ossigeno dei capi bastone di Sala D’Ercole per i quali una poltrona da onorevole val bene un Crocetta… Il Pd poi, che come sapete è il partito dei primi della classe, da un lato gli dà l’ossigeno e dall’altro, un giorno sì e un giorno no, minaccia di asfissiarlo. State tranquilli: ci sono scorte di bombole sino alla fine della legislatura.
Non risultano - tranne che non ci siano sfuggite - dichiarazioni del buon Crocetta su Lucia che finisce sotto scorta. E dire che Crocetta - a sentirlo in tv - deve volere un gran bene a Lucia.
Allora che dobbiamo concludere?
Diciamo così: Lucia ha perduto la sua battaglia a palazzo D’Orleans. Si ritrova sotto scorta e deve lasciare la Sicilia.
Il buon Crocetta, che fu lungimirante nell’evitare il suo suicidio, resta dov’era umanamente e politicamente.
Va tutto secondo copione gattopardesco.
Ma che qualcuno non ci venga a dire, Crocetta in primis, che il suo governo è mal visto dalla mafia.
Crocetta – con tutto il rispetto che merita la sua carica - minchiate non ne deve raccontare.
Sono i Borsellino che stanno sui coglioni alla mafia. Non il suo governo. E almeno a questa elementare verità Crocetta abbia il buon senso di rassegnarsi.

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