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vitale-salvo-c-paolo-bassani-3Cento passi ancora, l’ultimo libro di Salvo Vitale
di Saverio Lodato - 9 febbraio 2015
Ci sono tanti libri sulla mafia che vengono scritti a caldo, a seguito di stragi e grandi delitti, sull’onda di forti emozioni dell’opinione pubblica che, almeno per un momento, si fa massa, si ritrova unita, assapora la sensazione della sua invincibilità. E quante ne abbiamo viste stagioni del genere, che poi, senza apparenti spiegazioni, scartavano invece nel loro contrario, nel ritorno allo scetticismo, alla sfiducia, nel prevalere di un cupo pessimismo dovuto al fatto che, quasi istintivamente, si è portati a credere che se da oltre un secolo e mezzo mafia è sempre stata, mafia allora sarà, anche in futuro.
Ma dicevamo dei libri. Perché spesso dalle pagine di quei libri scritti a caldo, riletti oggi, a distanza magari di anni e anni dai fatti accaduti, trasuda la retorica e l’eccessiva ambizione politica del suo autore che magari poi venne fatto onorevole e libri sull’ argomento non ne scrisse più.

Ci sono, invece, anche i libri scritti a freddo. Sono ovviamente i più difficili, perché tornano sull’argomento in assenza di nuove verità da rivelare, non godono del "momento magico" di attenzione sull’argomento mafia che viene decretato, a fasi alterne, per decisione insindacabile dei media, giornali, TG, talk show che siano. Scritti a freddo, appunto.
A questa seconda categoria, appartiene "Cento passi ancora", sottotitolo "Peppino Impastato, i compagni, Felicia, l’inchiesta" (Rubettino Editore), appena pubblicato, scritto da Salvo Vitale, già autore della biografia del giovane dirigente di Democrazia Proletaria che, insieme ai suoi amici che non si sono mai arresi, dai microfoni di Radio Aut mise in croce Tano Badalamenti e che da Badalamenti fu fatto assassinare.
cento-passi-ancoraA quel libro, intitolato "Nel cuore dei coralli",  si ispirò la sceneggiatura del film "I cento passi", del regista Marco Tullio Giordana che oggi, non a caso, scrive l’introduzione a questo nuovo libro di Vitale.
Di anni ne sono passati tanti. Parole ne sono state scritte tante. Felicia, la mamma di Peppino, dopo anni di coraggio nel tenere alta la memoria del figlio in quel di Cinisi, il paese dalla "finestre chiuse", è morta sapendo che il sacrificio di Peppino aveva dato ormai, nonostante tutto, ottimi frutti. Giovanni, il fratello di Peppino, continua proprio a Cinisi quella battaglia che sembra non finire mai. Correva il 1977. Sono trascorsi quindi quasi quarant’anni dal ritrovamento del cadavere sfigurato di Peppino, da quella morte che mafiosi, carabinieri e giudici dell’epoca volevano far passare per suicidio o per morte accidentale durante la preparazione di un attentato dinamitardo.
Questo libro, scritto oggi da Vitale, ci fa capire come la verità può venire a galla, anche decenni dopo, ma a condizione che l’opinione pubblica non si pieghi mai supinamente alle versioni ufficiali del Potere, a prezzo, insomma, di una determinazione corale che sfida il tempo, fosse anche nel paese dalle "finestre chiuse".
Perché è proprio vero che per vedere la fine di questa storia nera serviranno cento, mille passi ancora. E si fa bene a scriverne a freddo, perché in questo caso le parole disturbano di più.

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Foto © Paolo Bassani

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