di Saverio Lodato - 19 aprile 2013
Ci voleva una scarica da elettroshock perché il Pd ricordasse all’improvviso, dopo anni di torpore e di afasia, di quali immense riserve di personalità goda quel centro sinistra che resta la parte migliore di questo Paese. Tutte personalità defilate dalle luci della ribalta. Tutte personalità che scontano vecchie storie di “tradimenti” e “fuoco amico”. Personalità dai nomi riveriti all’estero e, assai spesso, inseriti nelle enciclopedie. Personalità dai grandi riconoscimenti professionali e istituzionali, dal curriculum morale e intellettuale adamantino, ma che troppe volte, accostandosi alla “politica” italiana, si erano bruciate le dita. I migliori eternamente in panchina, seconde e terze fila eternamente in partita. Era apparsa così, nell’ultimo ventennio, la “squadra” di centro sinistra. Gran brutto spettacolo.
Sino a quando il Paese non ne aveva potuto più. Sino a quando la nausea per la politica politicante ci aveva consegnato alle ultime elezioni un’Italia spaccata in quattro: centro destra, centro sinistra, cinque stelle e il grande popolo dell’astensione. Oggi Antonio Ingroia si sofferma sulla bontà indiscussa di due nomi: Prodi e Rodotà. Ma quanti altri se ne potrebbero fare…
E dall’altra parte che succede?
Il centro destra si chiama fuori – plasticamente fuori- dall’Aula di Montecitorio. Perché? Perché non hanno nomi. Non hanno personalità nel loro carniere. E gridano così al “tradimento”.
Ma proprio quell’unico nome che avevano “battezzato” come proprio, quello di Franco Marini, aveva avuto l’effetto di quella micidiale scarica di elettroshock di cui dicevamo all’inizio. Ora c’è solo da sperare che la politica, quella vera, si riprenda il suo. E la politica dovrà tornare a farsi strada fra tante macerie.
Tratto da: rivoluzionecivile.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.