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borsellino-salvatore-web16La replica della Procura di Caltanissetta
di Salvatore Borsellino - 26 luglio 2014

Dopo il procuratore aggiunto Nico Gozzo della Procura di Caltanissetta anche il procuratore capo della stessa procura Sergio Lari, in un'intervista a Klaus Davi con domande e risposte su Messina Denaro, Osama Bin Laden e “cene eleganti”, ha manifestato il suo sconcerto nei mie confronti per avere, in via D’Amelio, il 19 luglio, accolto con un abbraccio Massimo Ciancimino che, dopo avermene chiesto il permesso, era venuto in via D’Amelio con il figlio Vito. Devo confessare che molto più sconcerto ha destato in me l’intervista rilasciata dal Procuratore di Caltanissetta. E’ vero, Massimo Ciancimino è stato condannato per riciclaggio dei soldi del padre. Ma io non lo ho certo abbracciato per quello. Nè mi fa velo, nel prendere atto della condanna definitiva riportata da Massimo Ciancimino, il fatto che nelle vicende degli affari di don Vito Ciancimino siano qua e là emerse e poi inspiegabilmente nascoste chissà quali interferenze di intoccabili e intoccati colletti bianchi. Non è questo il punto. Io ho abbracciato in Massimo Ciancimino la persona che per prima con le sue dichiarazioni iniziò a far luce sulla criminale e fino allora innominabile trattativa tra Cosa Nostra e apparati dello Stato: quella trattativa, avviata sul sangue di Capaci, che ha concorso a provocare l’esplosione di via D’Amelio, perché l’unico ostacolo ai giochi sporchi dello Stato, mio fratello Paolo, venisse eliminato una volta per tutte.

Io ho abbracciato in Massimo Ciancimino pure la persona che ha reso alla Procura guidata dal dr. Lari dichiarazioni utili pure per il processo Borsellino quater, attualmente in corso, nel quale mi sono costituito parte civile. E tanto più sono rimasto indignato dalle parole di Sergio Lari perché quando qualche mese fa Massimo Ciancimino fu convocato perché deponesse in quel processo dinanzi alla Corte d’assise, furono proprio i pubblici ministeri guidati da Sergio Lari a chiedere alla Corte di concedere a Massimo Ciancimino la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere. La Corte, al contrario, decise che Massimo Ciancimino dovesse rispondere proprio come richiesto dal mio difensore. In quell’occasione mi sono reso conto che per certi magistrati il Massimo Ciancimino buono è quello che sta zitto davanti ai giudici, obbedendo alle intimidazioni più volte ed attraverso vari canali ricevute anche con minacce nei confronti del figlio. Io la penso diversamente e sono disposto per l’ennesima volta a ringraziare Massimo Ciancimino se e quando, al processo che si svolge a Palermo sulla trattativa Stato-mafia, dirà tutto quello che sa, contrariamente al silenzio serbato a Caltanissetta su alcune domande. Quanto ai processi per calunnia a carico di Massimo Ciancimino in corso a Palermo ed anche a Caltanissetta (la richiesta di rinvio a giudizio è stata fatta dalla Procura guidata da Lari e per il Procuratore di Caltanissetta sarebbe quindi stato opportuno tacere almeno su questo) vale pure per Massimo Ciancimino il principio di non colpevolezza. O forse quel principio secondo qualcuno vale solo quando ad essere imputati sono magistrati od esponenti delle istituzioni?
In merito all’altro argomento usato dal dr. Lari per denunciare “un sovvertimento dei valori”, la protesta silenziosa espressa da numerosi aderenti al Movimento delle Agende Rosse che, all’arrivo della presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi hanno voltato le spalle ed alzato l’agenda rossa, voglio ricordare che tale tipo di protesta silenziosa era già stata messa in atto, negli anni passati, nei confronti di tutti i rappresentanti delle Istituzioni (pochi per la verità) che sono venuti in via D’Amelio ed ha lo scopo di ricordare, in quel giorno e in quel luogo, che dalle Istituzioni noi aspettiamo, anzi pretendiamo, Verità e Giustizia, quella verità e quella giustizia che, a ventidue anni di distanza dalla strage, tardano troppo ad arrivare. D’altra parte, mentre si svolgeva quella protesta silenziosa, io e mia sorella Rita abbiamo accolto la Presidente Rosy Bindi davanti all’ulivo dedicato alle vittime della strage rivolgendole l’invito a volere costituire, all’interno della commissione che presiede, un comitato per indagare sulle stragi del ’92 e del ’93, conseguenze dirette della scellerata trattativa tra mafia e Stato.
Un’ultima cosa, voglio ricordare al dr. Nico Gozzo, il primo che ha scagliato anatemi contro di me e si è dichiarato sdegnato per il mio abbraccio a Massimo Ciancimino che appena due giorni prima del 19, il 17 luglio, alla manifestazione “Legami di Memoria” svoltasi a Monreale e organizzata da mia sorella Rita e a cui era stato invitato, non ho esitato, incontrandolo, ad abbracciarlo nonostante sia stato rinviato a giudizio dal gip di Catania, con l’accusa, non lieve per un magistrato, di rivelazione di segreto d’ufficio. O forse avrei dovuto chiedergli, prima di farlo, se avesse dei carichi pendenti?

Salvatore Borsellino

Tratto da:
19luglio1992.com


La replica della Procura di Caltanissetta a Salvatore Borsellino

di Stefano Luciani* - 28 luglio 2014
Gentilissimo dott. Salvatore Borsellino, perdonerà questa "intrusione". Generalmente non parlo mai e stavo per evitare di farlo anche stavolta, ma credo sia giusto, almeno in questa occasione, fare chiarezza.
Mi chiamo Stefano Luciani e sono uno dei Pubblici Ministeri che era in aula nell'occasione da lei citata e che ha sostenuto che, sulla base di una lettura delle norme che regolano il processo (non starò qui a tediarla e a tediare chi la segue con inutili tecnicismi), al sig. Ciancimino dovesse essere concessa la facoltà di non rispondere, essendo imputato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo che si sta celebrando a Palermo. Si potrà anche indignare per questo, ma era una scelta che, e' paradossale dirlo vista la sua indignazione, era anche (direi soprattutto) a tutela del sig. Ciancimino e della sua posizione nel processo c.d. "Trattativa". Del resto e' stata una posizione condivisa anche dal legale del sig. Ciancimino quel giorno in aula, che, almeno ai suoi occhi (come certamente ai miei) dovrebbe essere esente da qualsivoglia sospetto.
E' vero quello che lei dice e cioè che la Corte ha seguito altra impostazione - che certamente e doverosamente abbiamo rispettato - ed ha ritenuto che il Ciancimino dovesse rispondere, potendosi tuttavia, si badi bene, avvalere della facoltà di non rispondere per quelle domande che potevano refluire sulla sua imputazione nel processo di Palermo.
Tanto premesso, vorrei riuscire a comprendere perché, sostenere che il sig. Ciancimino potesse ANCHE (si badi bene, non che fosse obbligato) non rispondere, equivarrebbe a dire che per "certi magistrati il Massimo Ciancimino buono e' quello che sta zitto davanti ai giudici, obbedendo alle intimidazioni più volte ed attraverso vari canali ricevute anche con minacce nei confronti del figlio".
A meno che lei non ritenga che, avendo solo sostenuto (giusto o sbagliato che possa essere) che all'esame del sig. Ciancimino si dovesse applicare una norma piuttosto che un'altra, il sottoscritto e chi con me era in aula abbia voluto "minacciare" il Ciancimino stesso.
Non solo.
Una volta preso atto delle facoltà concessegli (facoltà non obblighi) il sig. Ciancimino poteva decidere egualmente di rispondere e l'esame avrebbe avuto luogo normalmente; del resto non corrisponde al vero che, pur anche con l'impostazione della Corte, il sig. Ciancimino non ha risposto ad "alcune" domande (come lei dice) che gli sono state rivolte, poiché si è avvalso egualmente della facoltà di non rispondere per la quasi totalità delle domande che gli sono state poste (il verbale di udienza e' pubblico e si può controllare facilmente se sto dicendo cose non vere).
Si badi bene, lungi da me prendere alcuna posizione sul punto: il sig. Ciancimino si è legittimamente avvalso di una facoltà che la legge gli consente, anche se in tal maniera ha sottratto al processo elementi che avremmo certamente voluto fossero introdotti onde far avere alla Corte un quadro probatorio completo e esaustivo.

Detto ciò, pur essendo lei il fratello del dott. Borsellino (e questa sua condizione legittima il rispetto che è dovuto ai familiari di chi è stato brutalmente assassinato per aver fatto fino in fondo il suo lavoro con coraggio e dedizione), non credo che, perciò solo, le possa essere consentito di esprimere certi giudizi senza minimamente conoscere storia e condizione del suo ideale interlocutore.

Inutile, poi, dilungarsi sulla restante parte del suo scritto, fatta di accostamenti ed allusioni che, a ben vedere, si commentano da soli e che riguardano magistrati che, ben prima di lei, hanno speso la loro vita per il contrasto alla criminalità organizzata, anche a costo della loro incolumità personale e di quella dei loro familiari, decidendo, tanto per fare qualche esempio (e non basterebbero queste poche righe per poterli fare tutti), di andare a lavorare in posti dove, al tempo, nessuno voleva andare ed istruendo processi che hanno fatto la storia giudiziaria di questo paese.

* Pubblico ministero della Procura di Caltanissetta

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