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bandiera italia c imagoeconomicadi Giulietto Chiesa
Il Presidente Mattarella ha incaricato Giuseppe Conte di formarlo. Il quale ha accettato con riserva. Decisione inevitabile in base al dettato costituzionale: il governo alla coalizione dei due partiti vincenti. Due giorni, forse più, di tempo per presentare la lista dei ministri. Percorso minato.
Il discorso del neo premier è stato dignitoso: governo di cambiamento (ce n'è bisogno); avvocato difensore del popolo italiano (ne ha bisogno, bisogna solo vedere chi sono i suoi accusatori); fedele alle alleanze (Nato e Europa, rispondendo alla richiesta di Mattarella). Evidente il tentativo di "dare garanzie" internazionali ai proprietari del nostro debito e della nostra sovranità. I motivi sono evidenti.
Ma lo spread è già salito a 200. E probabilmente salirà ancora: la minaccia deve restare incombente affinché i nuovi arrivati la sentano sul proprio collo minuto per minuto. La grande parte dei media italiani (con poche eccezioni) dileggia, ridicolizza sia il premier che la nuova maggioranza, sia il "contratto di governo" davanti al notaio. I motivi ci sono, per altro solo alcuni sinceri, ma resta il fatto, incontrovertibile, confermato dai recenti sondaggi, che la maggioranza degli Italiani vuole questo governo e che Mattarella non aveva scelta diversa da quella di farlo partire. Del resto ci si chiede dove fossero i commentatori, i politici avversari, mentre tutti i precedenti governi italiani producevano oltre 6 milioni di nuovi poveri e 2350 miliardi di debito pubblico.
Hoc Rhodus, hic salta. Il problema è che il "contratto" non risolve le questioni economico-finanziarie che incombono. Quel poco che dice in materia non ha le cosiddette "coperture" (flat tax-reddito di cittadinanza). Non le ha sicuramente all'interno degli attuali vincoli europei. E là dove accenna a una qualche volontà (non ben definita né nelle modalità né nei rapporti di forza, né nelle conseguenze) del nuovo governo di voler rinegoziare i trattati, ecco alzarsi le grida dei laudatores temporis acti e la sequela delle messe in guardia da tutti i giornali tedeschi, francesi, britannici (?). Che non ci provino nemmeno. Per quanto riguarda cambiamenti nei confronti della Nato (e delle mostruose spese relative che comporta), per tutti è addirittura una bestemmia sebbene non ci sia nell'orizzonte del "contratto" il minimo cenno alla crisi internazionale che avanza sotto l'offensiva statunitense, che include tra i suoi bersagli anche l'alleato europeo.
La Commissione Europea, un tantino più educatamente, per bocca di Moscovici, dice "aspettiamo di vedere all'opera il nuovo governo, poi giudicheremo". Insomma, ci vorrà davvero un "avvocato difensore", perché ogni mossa sarà occasione di un processo all'Italia.

Molte cose lasciano intravvedere una situazione che potrebbe assai presto assomigliare a quella greca. Certo l'Italia è un boccone moltp più grosso della Grecia. Anche là il popolo greco (come, in sostanza il popolo italiano il 4 marzo scorso) disse un secco no all'austerità imposta dai vincoli europei, e dalla Germania, ma quando Tsipras andò a Bruxelles per una trattativa finale, trovò la pistola sul tavolo: ti chiudiamo i bancomat e dovrai risponderne al pubblico inferocito. E cedette.

Il debito pubblico italiano è di € 686 miliardi verso i creditori stranieri (il 36% del totale), ai quali si aggiungono i 434 miliardi di debito verso le altre banche centrali. In caso di default, sic stantibus rebus, sarebbe un disastro. Ma trattare una qualche modifica dei trattati europei, nelle attuali condizioni e rapporti di forza, appare una strada sbarrata da schieramenti di cannoni. Basti pensare che la candidatura appena ventilata dalla Lega e anche, ora, dai 5 Stelle, di Paolo Savona come ministro dell'Economia, viene presentata da molti critici come una minaccia alla stessa permanenza dell'Italia nell'area euro, se non addirittura della sopravvivenza della moneta unica. E ciò sebbene Savona sia stato parte di governi precedenti che erano tutti non solo europeisti ma anche protagonisti dei Trattati-capestro in cui la sovranità nazionale venne strozzata.
Basta questo per descrivere il clima in cui avverrà la formazione del governo e, una volta approvata la lista dei ministri, dei primi passi della sua esistenza. D'altro canto non sciogliere questi nodi preliminari significa esporre i due partiti della coalizione a contraccolpi elettorali futuri. Il voto che li ha portati al potere è "fluido", rappresenta anime diverse, tutte molto esigenti. O si avvertiranno risultati rapidi, addirittura immediati, o il vento potrebbe cambiare. Ma in quale direzione è estremamente difficile dire. Il Partito Democratico è in preda alle convulsioni e non rappresenta nessuna capacità di attrazione. Sull'altro fronte la coalizione Lega-Forza Italia-Fratelli d'Italia è ormai in frantumi. Lega al Governo, il resto all'opposizione durissima. Politicamente siamo di fronte a una situazione non meno esplosiva di quella sul piano economico.
In realtà l'Italia giallo-verde potrebbe trovare alleati (o, come minimo, interlocutori interessati) all'interno dell'attuale Europa in crisi. Ce ne sono molti, sia nella "vecchia Europa", sia nell'est, che potrebbero essere associati nella richiesta, ad esempio di una nuova Assemblea Costituente, che superi decisamente il Trattato di Lisbona e offra uno sbocco politico indispensabile all'Unione attuale. Ma una iniziativa europea di questo genere non è stata nemmeno ventilata nel programma del nuovo governo. E richiederebbe, comunque, una maggiore esperienza, oltre che personalità di rilievo europeo che né la Lega, né i 5 Stelle hanno a disposizione. Insomma i giochi saranno difficili, pericolosi, e molteplici.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © Imagoeconomica

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