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londra panoramica c ansa epadi Giulietto Chiesa
Scriveva Ben Fenton sul Guardian il 27 settembre del 2003 (cioè 15 anni fa, quando Sergej Skripal era sconosciuto a tutti, salvo agli inquirenti russi che lo stavano seguendo da vicino, prima di arrestarlo e condannarlo a 13 anni di carcere come spia britannica) dopo avere letto una serie di documenti che erano appena stati desecretati. Aveva scoperto che, 50 anni prima, la Gran Bretagna e gli USA avevano organizzato un "cambio di regime" in Siria, con l'assassinio di esponenti di primo piano del governo di quel paese. Direte: niente di nuovo sul fronte occidentale, ordinaria amministrazione.
Io dico invece che la storia è attualissima e ci serve per capire cosa sta accadendo in Occidente oggi, con il "caso Skripal". Perché, a occuparsi di quel problema di allora, non furono personaggi di contorno. Furono, niente meno, che i capi del governo britannico, allora Harold MacMillan, e degli Stati Uniti, il presidente Dwight Eisenhower. Furono loro due, in persona, che incaricarono la CIA e l'MI6 (allora si chiamava SIS) di assassinare (proprio così, assassinare) Abd al-Hamid Sarraj, capo dell'intelligence militare siriana, Afif al-Bizri, capo dello stato maggiore dell'esercito siriano, e Khalid Bakdash, capo del Partito Comunista Siriano. Il piano, che Ben Fenton descrive, emerge in modo "spaventosamente franco" dai documenti, cioè dagli appunti privati del segretario alla Difesa britannico, Duncan Sandys, pubblicati da Matthew Jones, lettore di storia internazionale alla Royal Holloway University di Londra.

La riunione cruciale si tenne a Washington nell'autunno del 1957. Venne deciso che "per facilitare l'azione delle forze di liberazione, ridurre le capacità del regime siriano, (.) contenere al minimo le perdite e le distruzioni, giungere ai risultati desiderabili nel più breve tempo possibile, uno speciale impegno sarà necessario per eliminare personaggi decisivi".

I nomi da cancellare sono quelli appena indicati. Ma si capisce benissimo, dai dettagli accuratamente individuati, come era congegnato il piano che doveva concludersi con l'assassinio dei tre "obiettivi". Ed è da questi "dettagli" che si possono ricavare non pochi insegnamenti pratici sul presente. Il piano - "formidabile", lo definisce Duncan Sandys - non fu nemmeno comunicato ai capi di stato maggiore dei due paesi. Dunque segretissimo. Fu ideato da Kermit Roosevelt, nipote dell'ex presidente Theodore Roosevelt, che era a capo dell'Ufficio della CIA per il Medio Oriente.
Prevedeva l'organizzazione di una serie di "disturbi interni", di "incidenti e sabotaggi", attraverso "contatti con singoli individui". Gli incidenti non avrebbero dovuto coinvolgere solo Damasco, ma piuttosto avvenire in diverse parti della Siria. Non si doveva però "esagerare", per evitare che le figure chiave del regime se ne accorgessero in tempo e prendessero "misure di difesa personale più efficaci". Niente più e niente meno che routine, ma è utile (forse i giornalisti dovrebbero fare qualche corso di aggiornamento professionale in materia, così eviterebbero di scrivere e raccontare favole per bambini quando descrivono la guerra in Siria di oggi, o come descrissero quella di Jugoslavia del 1999, o quella di Libia del 2011), davvero utile, dare un'occhiata più ravvicinata, e attualissima, al seguito del rapporto.

Quando il necessario livello di paura sarà stato creato - scriveva Kermit Roosevelt - si dovranno organizzare scontri di frontiera per fornire il pretesto per un intervento militare dell'Iraq e della Giordania. In particolare la Siria "sarebbe dovuta apparire come la sorgente di complotti, dei sabotaggi e della violenza contro i paesi confinanti". A questo scopo la CIA e il SIS "avrebbero dovuto usare tutte le loro competenze sia in campo psicologico, sia nell'azione pratica", per aumentare le tensioni contro Damasco. Il piano prevedeva anche il finanziamento di un "Comitato per la liberazione della Siria", dotato dei mezzi necessari per "armare le fazioni politiche, con le relative capacità paramilitari" (non fa venire in mente il "Free Syrian Army", l'Esercito Siriano Libero?, ndr).

Quel piano non venne realizzato perché gli occidentali non riuscirono a convincere i paesi arabi confinanti a sostenerlo e anche perché il Baas ruppe i rapporti con il Partito Comunista e la Siria si alleò con Nasser, ma il metodo e la brutalità non sono mai stati abbandonati. Anche allora c'era un oleodotto di mezzo, che portava il petrolio iracheno in Turchia, attraverso la Siria e sotto il controllo siriano.

La guerra di Siria è cominciata nel 2011 proprio nello stesso modo, con le stesse caratteristiche e con gli stessi trucchi destinati a far ricadere ogni responsabilità sugli aggrediti. Così come il "caso Skripal" è fino ad ora servito a mettere la Russia, senza nemmeno uno straccio di prova, di fronte alla riprovazione mondiale. Non sono noti gli "obiettivi" da assassinare. Non perché manchino, ma solo perché assassinare Putin è impresa molto più difficile che quella di allora. Tutto il resto è pronto.

In attesa si può assassinare qualche oppositore (non viene in mente Boris Nemtsov, ammazzato davanti alle finestre di Putin?) o, prima ancora, uccidere la giornalista Anna Politkovskaja il giorno del compleanno di Putin, oppure un ex agente britannico a riposo, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali in cui Putin avrebbe stravinto, se tutto questo serve a montare un caso fasullo contro il "nemico". E forse non ha del tutto torto Paul Craig Roberts quando invita i dirigenti russi a valutare con attenzione l'eventualità che qualcuno di loro venga arrestato in qualche aeroporto, in base a un articolo di un qualche codice internazionale, inventato per l'occasione, quando esce dai suoi confini per andare a un qualche incontro internazionale. Allora saremo tutti dentro un vicolo senza uscita.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © Ansa/Epa