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bandiera eu filospinato c flickrcom oona raisanendi Giulietto Chiesa
Inutile stupirsi: Donald Trump parla con efficacia all’America profonda che lo ha portato alla vittoria. Il suo rating, proprio per questo motivo, non diminuisce. Il linguaggio del nuovo presidente è quello che la “sua” america desidera.

Si può dire che egli - nonostante la sua figura di miliardario, e forse proprio per questo - rappresenta proprio quell’America.

Il resto del mondo, per quell'America, conta meno, quasi niente. E' l'America del 93% che non ha il passaporto per l'estero, e non ha nessuna idea di cosa sia l'estero, né ha alcuna voglia di andarci, né armata né senz'armi. Questo è il primo punto da tenere presente se si vuol capire cosa farà Donald Trump. Noi tutti, noi europei, pensiamo che la politica estera degli Stati Uniti sia quella che interessa agli americani. Se lo pensiamo, ci sbagliamo.

Altro punto: Donald Trump è "sincero". Quello che fa e dice descrive perfettamente ciò che pensa. Il problema, per lui e per noi, è che egli immagina un mondo che non esiste più. Un mondo dove l'America "sarà di nuovo grande". Ma, chi vuole essere grande, spesso, implicietamente, ha in testa l'idea che gli altri devo essere più piccoli. E, se non lo sono, o pensano di non esserlo, bisogna costringere a diventare più piccoli.

È un'ipotesi praticabile? Non lo è più. Anche Obama (e tutti i predecessori) volevano un'America grande, unica, irripetibile, insostituibile, padrona. Abbiamo vissuto in questa realtà, che adesso non è più tale.

Donald pensa che la crescita sia infinita. È attendibile questa ipotesi? Non lo è. La crisi mondiale, complessa, molteplice si può superare da soli, con la ricetta occidentale? Palesemente no. Trump e i suoi pensano di non aver bisogno di nessuno, e si sbagliano. Ma, al contempo, non sanno dove andare.

Eppure si muove. Tutto si può dire salvo che Trump non stia  sterzando. La questione che dobbiamo tutti affrontare è: dove sta andando Trump?  Sappiamo (dovremmo saperlo), che ha vinto parlando agli emarginati di tutto il mondo occidentale, ai reietti, alla plebe moderna di consumatori compulsivi che sono stati lasciati all'oscuro di ciò che è accaduto e accade. Gli sconfitti, le élites liberals che hanno ingannato i popoli dell'Occidente (con la potenza dei loro media) e che hanno bombardato gli altri popoli, non gli perdonano di averli denudati. E non possono riconoscere chela responsabilità è tutta loro se i reietti di rivoltano. Ma neanche Trump potrà dire tutte le verità che sono state taciute.

Trump ha interpretato perfettamente il significato del Brexit come una rivolta delle plebi. E intuisce che la crisi dell'Europa ha la stessa origine. Ma i reietti sono come quelli descritti da Ettore Scola: sono "brutti, sporchi e cattivi". Ed essendo stati lasciati a cuocere nell'inganno, sono spesso anche stupidi. Dunque non ci si può aspettare da loro che rispettino la political correctedness, che siano raffinati e pronti a farsi nuovamente menare per il naso. Lo si può fare quando si hanno i soldi per consumare. E questi sono sempre meno. E lo saranno anche con Donald Trump. Sarà dunque improbabile che anche Trump possa domare gli spiriti usciti dalla lampada.

Il fatto è che l'America è divisa come non è stata mai in tutta la sua storia, dopo la guerra civile. E l'altro fatto è che l'intero Occidente è in crisi. Agonizza. E gli strattoni che riceve da questa America accrescono il disastro. Il gregge sbanda senza un buon cane pastore. E la casa europea rischia di crollare sulla testa dei suoi leader brussellesi. Tutti i tavoli sono stati rovesciati. Il terremoto è in corso e tutti i birilli stanno cadendo senza che nessuno sia capace di rietterli in piedi.

Agli europei Trump - che palesemente li disprezza - chiede solo di raddoppiare le spese militari. Ma non perché tema la guerra, bensì per vendere loro più armi. Altra proposta non c'è. Ma l'Europa non è capace di formulare un'alternativa credibile. E non ha una sua propria uscita di sicurezza. Ne avrebbe una solo se decidesse  di riascquistare la propria sovranità, abbandonando la Nato. Ma non può farlo perché è prigioniera delle proprie paure e anch'essa priva di un qualsiasi disegno diverso da quello dell'America che non c'è più.

In questa situazione la transizione verso un futuro incertissimo avverrà nel caos della diaspora, dell'ognuno con sé e di tutti contro tutti. Ovvio che questo accrescerà i pericoli di guerra, e in ognuna delle crepe aperte (Ucraina, Siria, Baltico) s'infileranno gli interessi particolari e le ambizioni di stupidi boccheggianti. Piotr Poroshenko in testa a tutti. Ma il disordine regna. Trump non ha chiuso la crisi ucraina e ha riaperto quella iraniana. Le sanzioni alla Russia rimangono. La tensione attorno alla Cina cresce geometricamente.

È sempre più evidente che ci sono due protagonisti, entrambi esterni all'Occidente, che non hanno alcun interesse a una guerra: Cina e Russia. Entrambe non sono interessate al collasso, sia perché sarebbe l'inizio della guerra, sia perché comunque le danneggerebbe. La Cina più addirittura più della Russia.  Purtroppo sembrano per ora prive di una strategia alternativa a quella del restare a guardar passare il cadavere del nemico.

Urge un centro di riferimento, che sia capace di proclamare al mondo un'altra verità: che riprendere d'accapo e crescere come nel secolo XX sarà impossibile. Questo centro di riferimento non potrà essere però l'America di Trump, com'è evidente. Né potrà essere questa Europa. L'Occidente ha creato il disastro e non è il miglior medico per ripararlo. Ma Russia ed Europa, insieme, potrebbero ancora trovare la chiave. Putin è già sintonizzato su questa lunghezza d'onda. L'Europa non ha invece leaders in condizioni nemmeno di capire.  Ce ne vorranno altri, nuovi. Quelli che avranno di fronte il bivio tra il rimanere vassalli e il ridiventare espressioni della sovranità dei loro popoli, e sceglieranno la seconda opzione. Questo non avverrà spontaneamente. Ci vorrà una grande battaglia politica.


Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © flickr.com/ Oona Raisanen

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